2016-08-25 12:00:00

Colombia: accordo governo-Farc pone fine a 52 anni di guerra civile


Il governo colombiano e i guerriglieri filo-marxisti delle Farc, le Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia, hanno raggiunto uno storico accordo di pace dopo 4 anni di negoziati all'Avana, ponendo fine ad un conflitto durato 52 anni che ha causato migliaia di morti. Il servizio di Sergio Centofanti:

E’ la guerra civile più vecchia del mondo. Iniziata nel 1964 ora potrebbe definitivamente chiudersi con la firma ufficiale a settembre e la ratifica popolare nel referendum del 2 ottobre. Il 23 giugno scorso era stato siglato il cessate il fuoco.  

I numeri del conflitto sono agghiaccianti: oltre 220mila morti, 45mila persone scomparse nel nulla, 7 milioni di sfollati, migliaia di bambini soldato. I guerriglieri, in tutto 7mila, s’impegnano a consegnare le armi e a trasformarsi in un movimento politico legale. Per il presidente Santos è l’ora di reintegrarli nella vita civile. Non sarà facile: le Farc controllano intere regioni autofinanziandosi con il narcotraffico e i sequestri di persona: oltre 25mila in mezzo secolo.

Le ferite sono profonde: c’è tutto il capitolo dei risarcimenti e della punizione dei responsabili di crimini efferati. Ci sarà bisogno di un intervento economico mondiale per sostenere la riconciliazione. Se a livello internazionale si esulta, molti colombiani guardano ancora con scetticismo agli accordi che comunque vedono fuori un’altra organizzazione armata, quella della dell’Esercito di liberazione nazionale, sempre di sinistra ma non legata al modello sovietico.

Papa Francesco ha incoraggiato il processo di pace avvenuto con la mediazione cubana: un altro fallimento – aveva detto in uno dei suoi appelli per il Paese sudamericano – non è possibile. E ha espresso l’auspicio di potersi recare in Colombia nel 2017. Ha svolto un importante ruolo in questo cammino verso la riconciliazione la Chiesa cattolica colombiana che vuole sempre più trasformarsi in un “ospedale da campo, ovvero un luogo in cui, dopo la guerra, ci si dedica con amore a curare le ferite di tante vittime e a guardare con fiducia al futuro”.

Sull'accordo di pace in Colombia, Salvatore Tropea ha intervistato il prof. Gianni La Bella, docente di Storia Contemporanea all’Università di Modena e Reggio Emilia, membro della Comunità di Sant’Egidio:

R. – Questo accordo segna un momento storico. Si apre una stagione nuova: le Farc si trasformeranno in partito politico e si inseriranno nella normale dialettica democratica del Paese. Questo conflitto mette fine ad un periodo di violenza, insicurezza e scontro sociale, che ha fatto della Colombia per tanti anni un Paese simbolo della violenza latinoamericana. È una svolta storica, che deve anche fare da detonatore ad una pace più grande, perché l’accordo con le Farc è un accordo con una delle due grandi guerriglie che erano ancora operative in Colombia. E quindi è molto importante che anche l’Esercito di Liberazione – l’Eln – si avvii presto alla firma di un accordo di pace. È un cammino molto complesso, perché bisogna tenere conto che le Farc raccolgono uomini e donne che hanno fatto per tutta la loro vita – potremmo dire – i guerriglieri. Passare quindi da una condizione di vita nel bosco ad una di vita normale non è un’operazione facile. Esistono anche resistenze all’interno delle Farc: c’è infatti qualche fronte che non vede l’accordo con grande simpatia. In questo senso, credo che un ruolo importante lo avranno tutte le forze sociali del Paese e in particolare la Chiesa cattolica, che potrà essere veramente uno strumento di grande pacificazione nazionale. Risolvere il conflitto con le Farc significa anche affrontare i grandi temi dell’ingiustizia sociale e della distribuzione della ricchezza; e questo rappresenta l’applicazione dell’accordo di pace, che deve avvenire in fretta ed immediatamente, soprattutto dopo che il 2 ottobre il popolo colombiano darà il suo assenso definitivo, cosa che tutti speriamo.

D. – Ci sarà bisogno di un intervento a livello internazionale per aiutare questa pacificazione nei prossimi mesi?

R. – Sì, assolutamente. È molto importante che la comunità internazionale si mobiliti, – l’Unione Europea, i Paesi direttamente coinvolti, e speriamo anche il nostro Paese, l’Italia – e molto di più di quanto non sia stato fatto finora. Perché c’è ovviamente bisogno di una consistente spesa economica che aiuti il reinserimento e la sostituzione di un’economia – chiamiamola così – di guerra e di guerriglia, in una economia di pace. Perché la Colombia, da sola, non ha le forze economiche per dare un’implementazione veloce, consistente e robusta a questo processo di pace.

D. – La Chiesa cattolica ha svolto un importante ruolo ...

R. – La voce della Chiesa è una voce ascoltata. E quindi la Chiesa può operare su tre livelli: il primo è quello di diffondere una cultura della pace, perché in Colombia – purtroppo – il conflitto dura da 50 anni; il senso di vendetta è profondo all’interno del Paese, e questo deve essere invece cambiato, eradicato. La seconda dimensione è quella della diffusione di una cultura della pace in tutti gli angoli del Paese: le parrocchie, le istituzioni e le organizzazioni cattoliche possono aiutare i colombiani a credere nella pace e a pensare che questo è un momento unico nella storia colombiana: non si può tornare indietro. E soprattutto, la terza dimensione è quella di aiutare tutti coloro che sono stati toccati dalla terribile guerra durata 50 anni a capire il senso del perdono e della riconciliazione.








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