2016-08-26 19:30:00

Card. Parolin: Papa Luciani ha mostrato la tenerezza di Dio


Il centro del cristianesimo è l'amore di Dio per le sue creature. Papa Luciani era consapevole che se non si comprende questa verità si rischia di ridurre il cristianesimo a pura dottrina. Così il card. Pietro Parolin nella Santa Messa, nella piazza davanti alla chiesa di San Giovanni Battista, a Canale d’Agordo in provincia di Belluno, nel trentottesimo anniversario della elezione al Soglio Pontificio del Servo di Dio, Giovanni Paolo I. Nel paese natale di “don Albino” è stato inaugurato anche il Nuovo Museo interamente dedicato a Papa Luciani. Nel suo indirizzo di saluto, il vescovo di Belluno Renato Marangoni ha pregato per le vittime del terremoto nel centro Italia. Il nostro inviato Massimiliano Menichetti:

In una piazza adornata dal giallo e bianco delle bandiere vaticane e gremita di fedeli, “don Pietro”, come qui chiamano affettuosamente il cardinale Parolin, ha portato a tutti il saluto fraterno di Papa Francesco e quella prossimità indicata da Albino Luciani. Guardando la chiesa di San Giovanni Battista ha ripercorso i tanti momenti vissuti qui dal Papa dell’umiltà sin dal suo Battesimo:

“Senza dubbio, era molto legato alla sua chiesa e alla sua comunità. Non c'era momento importante della sua vita in cui non tornasse nel paese natale per fare festa insieme ai suoi”.

Riferendosi al Vangelo delle beatitudini ha parlato della misericordia richiamando l’importanza dell’Anno Santo straordinario indetto da Papa Francesco, “un tempo da vivere” ha sottolineato, quindi ha tracciato un ponte con il Papa dell’umiltà:

“Giovanni Paolo I ha mostrato al mondo la tenerezza di Dio, la sua misericordia, la sua compassione. E’ stato una manifestazione particolarmente luminosa e trasparente della misericordia divina tra gli uomini, un segno tangibile dell'amore del Padre nei confronti dell'umanità. Offrendo la sua vita a Cristo è diventato strumento dell'infinità bontà di Dio in mezzo a noi”.

“La piccolezza, l'umiltà e la semplicità - ha proseguito il segretario di Stato - sono state le caratteristiche principali di Albino Luciani”. “Lo stesso motto scelto per lo stemma episcopale, 'Humilitas',  esprime al meglio questa sua attitudine abituale”. “Ogni  progresso spirituale - ha spiegato - ogni opera di bene compiuta, ogni gesto realizzato a favore del prossimo vengono da lui ricondotti alla bontà di Dio”.

“E' stato l'uomo della fiducia completa nel Signore, dal quale si sentiva amato e cercato. Ha sempre considerato ogni sua esperienza spirituale come un dono della misericordia divina. Grazie a questa certezza, aveva imparato a riconoscere la mano di Dio anche negli eventi più imprevisti e pieni di difficoltà”.

“Nella consapevolezza di aver ricevuto un dono dall'alto - ha proseguito - Luciani crebbe sempre più nella virtù dell'umiltà, considerandosi solo un servo inutile nelle mani del Signore”:

“Questa umiltà nascondeva la sua grande cultura, che aveva messo al servizio del Regno di Dio. Da uomo colto qual era riusciva a farsi comprendere da gente di ogni estrazione sociale. Aveva il dono della comunicazione”.

Sottolineando che in Albino Luciani “non vi era alcuna contrapposizione tra quello che predicava e quello che viveva”, il porporato ha spiegato che “era il primo a dare l'esempio di quanto i valori del Vangelo fossero autentici e fonte di vita per gli uomini”. Poi ha parlato di don Albino “catechista” nel “vero senso etimologico del termine", "istruire a voce”. “Insegnare cioè a piccoli e adulti il Vangelo e il Magistero della Chiesa. Con uno stile paterno, affabile, limpido e al tempo stesso, avvincente”:

“Aveva la capacità di far arrivare la sua parola a tutti e di sintetizzare i dogmi della fede e i precetti rendendoli familiari. Evitava lunghi ed elaborati discorsi e interpretazioni difficili. Il suo obiettivo era di formare i battezzati e farli maturare nella fede. Egli era un catechista nell'anima e anche da Vescovo non perse mai occasione di raccomandare ai suoi sacerdoti di occuparsi del catechismo”.

Albino Luciani - ha evidenziato il cardinale Parolin - “aveva un'empatia innata, il dono di immedesimarsi negli altri”, “una sintonia che si nutriva dall'amore di Dio che divenne fonte di amore verso il prossimo”. “Sentiva fortemente la responsabilità di essere stato chiamato da Dio a pascere il gregge a lui affidato e umilmente non si sentiva all'altezza”. L’essere sacerdote, vescovo di Vittorio Veneto, Patriarca di Venezia e Papa per Albino Luciani fu sempre “un atto di amore di servizio nei confronti dei fratelli a lui affidati”:

“Sentiva questa paternità come una missione a cui il Signore lo chiamava. Non poteva sottrarsi alla richiesta di Dio, perché era convinto che se era stato scelto, la grazia divina non gli sarebbe mai mancata per portare a compimento il suo dovere. Il ministero sacerdotale era, quindi, per lui, la massima espressione dell'amore verso i fratelli. Era la risposta libera e responsabile di un uomo che aveva accolto il dono del sacerdozio come un continuo atto di fiducia e di amore in Cristo".

Ciò che alimentava Papa Luciani era “la convinzione che il centro del cristianesimo è l'amore di Dio per le sue creature”:

“Papa Luciani era consapevole che se non si comprende questa verità si rischia di ridurre il cristianesimo a pura dottrina. E' con questa certezza che Giovanni Paolo I continua ancora oggi a invitare tutti noi a sentire vivamente presente l'amore di Dio”.

Poi l’auspicio per il Museo dedicato a Papa Luciani, affinché “sia un faro per illuminare il mondo con la scintilla della carità e con il messaggio” che il Pontefice “ci ha lasciato”.

In centinaia sono giunti a Canale D'Agordo, nel cuore delle Dolomiti, per manifestare il proprio affetto a Giovanni Paolo I. Ascoltiamo alcune testimonianze:

R. – Era uno di noi, uno di casa … Era cordiale, aveva quel sorriso affettuoso … sembrava uno dei nostri nonni …

R. – Era un Papa buono …

R. – Gli voglio bene: io gli sono molto affezionata. Sia per la sua umiltà, sia per il suo sorriso … Avrebbero dovuto farlo santo già prima …

R. – Papa Luciani è stato ricoverato all’ospedale di Treviso quando era malato … il viso era sempre pieno di luce, due occhi meravigliosi …

R. – Io lo conosco bene, Papa Luciani: quando ero ragazzo facevo il chierichetto e lui quando era vescovo a Vittorio Veneto, dove il Papa veniva in vacanza, già alle 4 e mezzo del mattino andava in chiesa a leggere il breviario.

D. – Che cosa la colpiva?

R. – La sincerità. Papa Francesco è molto simile al “nostro” Papa …

D. – Che cosa la colpiva di più del Papa?

R. – Il suo viso, la bontà, la genuinità delle nostre montagne …

R. – La bontà.

R. – Sono della Diocesi di Vittorio Veneto, della quale lui è stato vescovo quando io ero bambina. Mi ha subito colpito il suo modo di fare catechismo: alla portata di tutti, spiegato con molta semplicità. Poi per me in particolare è “il mio Papa” perché in un momento di grande sconforto l’ho invocato e grazie alla sua intercessione ho avuto una grazia grande.

R. – Io sono di Venezia e quindi Papa Luciani è stato il mio Patriarca. Ha avuto un amore grandissimo per tutte le esperienze post-conciliari, soprattutto nei confronti dei movimenti sorti dopo il Concilio. E ha portato molta, molta, molta umiltà, semplicità e molto discernimento.

R. – Ho sempre avuto tanta devozione per Papa Luciani. Era sempre sorridente. E’ forte, è forte: è stato un grande!








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