2016-08-26 14:53:00

Sisma. Ingenti danni al patrimonio artistico, Mibact si attiva


Il sisma ha provocato gravi danni anche al patrimonio artistico di Lazio, Marche e Umbria. I Carabinieri specializzati in tutela del patrimonio che presidiano i siti, per evitare furti, hanno stilato una prima lista dei danni: 293 edifici lesionati, di cui almeno 50 in modo gravissimo. Secondo il Ministero dei Beni e delle attività culturali e del turismo (Mibact), solo ad Amatrice, dove sono crollate 8 chiese, sarebbero presenti 3.000 opere di valore culturale e artistico. Eugenio Murrali ha intervistato il segretario generale del Mibact, Antonia Pasqua Recchia, coordinatrice dell’unità di crisi che si è riunita ieri:

R. – I danni molto gravi sono quelli prodotti dai crolli – integrali o parziali – che hanno scoperchiato le chiese, i palazzi, fatto crollare i musei – il Museo civico di Amatrice – e quindi messo a rischio anche tutto l’apparato decorativo che era contenuto dentro: gli affreschi si sono sicuramente sbriciolati, le opere d’arte sono danneggiate. Man mano che passa il tempo emergono una serie di danni non evidenti a una primissima ricognizione, che richiedono però interventi importanti. Una prima mappatura fa emergere questi danni enormi nel centro di Amatrice, ad Accumoli, ad Arquata del Tronto, qualcosa anche a Norcia. Però, man mano che passano i giorni si capisce che quest’area è molto più larga. Certamente i danni più rilevanti sono quelli delle centinaia di borghi intorno ad Amatrice, oltre che nella città stessa naturalmente. Abbiamo emergenze molto diffuse e molto numerose. I nostri tecnici sono già all’opera con le squadre di rilevamento in tutte le regioni, però noi ci muoviamo solo quando ci dà il via libera la Protezione Civile nelle aree più a rischio. Nelle altre stiamo già effettuando i controlli. In particolare, tutti i Comuni della Regione Abruzzo, che hanno risentito del terremoto, sono già oggetto di verifiche puntuali e anche, soprattutto nelle Marche, i Comuni più lontani dalla zona di Arquata del Tronto. Ad Arquata non possiamo andare.

D. – Come state preparandovi per il momento in cui invece potrete accedere a queste aree?

R. – Da un lato, con l’organizzazione, quindi la predisposizione delle squadre. Oggi e domani le squadre saranno composte dal personale tecnico delle strutture territoriali, quindi segretariati e sovraintendenze territoriali. Da lunedì cominceremo a fare l’elenco del personale tecnico di tutte le strutture italiane che, sicuramente, si candideranno, e quindi si costituiranno queste squadre miste, integrate ciascuna con almeno un vigile del fuoco, perché senza la presenza del vigile del fuoco noi non accediamo ai luoghi più a rischio, naturalmente. Le attrezzature in parte già le abbiamo e in parte le stiamo acquisendo: dispositivi individuali dei tecnici, attrezzature informatiche, attrezzature di rilevamento, macchine fotografiche digitali, computer e così via. E stiamo avviando proprio l’acquisizione dei teli di copertura che dobbiamo utilizzare da subito per i beni che hanno perso la copertura o comunque sono anche crollati. Le macerie delle chiese, infatti, dei portali, delle pareti affrescate sono tutti pezzi che vanno salvaguardati e trasportati. Quelle macerie, però, non possono essere spostate come se fossero appunto semplici macerie, devono invece essere identificate anche come appartenenza, quindi correlate all’area edilizia di pertinenza, in modo che poi si possa provvedere a quella ricostituzione dei borghi che tutti vogliono, in particolare le popolazioni colpite.

D. – Come procederete alla schedatura?

R. – L’anno scorso, ad aprile 2015, il ministro ha diramato una direttiva proprio per le operazioni di emergenza, a seguito di catastrofi naturali. Quindi, abbiamo degli apparati schedografici ben precisi, costituiti da una scheda speditiva, che si riempie proprio sul posto, corredata naturalmente da foto prese anche con strumenti non professionali, e che viene poi inviata all’unità centrale dove viene inserita nel sistema informativo. Si provvede successivamente a una ricognizione più puntuale, con delle schede di dettaglio, dalle quali poi, anche con un processo di parametrizzazione, si arriva a una quantificazione dei costi.

D. – Il restauro delle opere di Assisi resta un modello a cui ispirarsi?

R. – Certamente. Assisi resta un modello per come si è recuperato il patrimonio. Dobbiamo evitare, però, il gravissimo errore fatto quando – ricordiamolo tutti – a seguito proprio di un sopralluogo nella fase ancora di sciame sismico, si arrivò alla morte di persone dentro la Basilica di Assisi.

D. – C’è stata qualche negligenza nel passato?

R. – Noi, nell’attuazione dei programmi di intervento sui beni culturali mettiamo come linea guida, nella selezione degli interventi, la messa in sicurezza e l’intervento sui beni particolarmente degradati. E’ chiaro che il patrimonio italiano è vastissimo. Credo che gli interventi  fatti finora, e fatti bene, hanno dato prova di mettere in salvo il patrimonio. Il patrimonio culturale dell’Umbria ha resistito molto bene. Questo risulta anche dagli altri interventi che si sono fatti dopo i sismi vari. Penso che dovremmo rafforzare ancora di più le priorità, questo sì. Quindi non solo dobbiamo individuare le grandi strutture monumentali, come oggetto di verifiche sismiche – cosa che abbiamo fatto e stiamo facendo – ma ampliare di più il tema delle verifiche sismiche. Anche questo terremoto, come quello dell’Emilia, ha messo in evidenza come la tipologia più fragile sia quella degli edifici ecclesiastici.








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