2016-08-31 12:59:00

Incontro su Madre Teresa di Calcutta nel carcere di Regina Coeli


La figura di Madre Teresa di Calcutta al centro dell’incontro tenutosi ieri a Roma nel carcere di Regina Coeli. Interesse e commozione degli ospiti che, insieme alle autorità dell’Istituto di pena, alle religiose, al Cappellano e ai volontari, hanno assistito alla proiezione di un documentario sugli aspetti salienti della vita della fondatrice delle Missionarie della Carità. Il servizio di Davide Dionisi.

Il linguaggio universale della pace e i valori di solidarietà, partecipazione e condivisione, che Madre Teresa ha promosso nel mondo: sono stati questi i temi affrontati ieri nell’incontro seminariale che si è tenuto all’interno del carcere romano di Regina Coeli. Nell’anno giubilare l’iniziativa ha rappresentato uno dei momenti forti di promozione del valore della misericordia anche a coloro che vivono in regime di restrizione. Le motivazioni dell’incontro, che ha visto la partecipazione di tanti ospiti di etnie e religioni diverse, nella testimonianza di Maria Falcone, docente del penitenziario e organizzatrice dell’evento.

R. – Abbiamo voluto organizzare questo evento per dare forza al valore della pace in un luogo come il carcere, dove la pace ha necessità e bisogno di essere rafforzata, ribadita, riproposta su più livelli e in varie forme. Dall’altra parte, abbiamo voluto fare un omaggio a Madre Teresa di Calcutta …

D. – Quale significato assume un evento, un’iniziativa come questa, all’interno di un Istituto di pena?

R. – Questi incontri hanno essenzialmente una funzione pedagogica, perché mettono le persone nella condizione di apprendere i valori universali di umanità, di solidarietà, partecipazione e condivisione che Madre Teresa di Calcutta ha esteso a tutti. All’incontro erano presenti detenuti di tutte le etnie e di tutti i credo religiosi, tutti pronti ad abbracciare quello che è stato per noi il linguaggio universale della pace. Per loro è stato particolarmente toccante, particolarmente commovente. Quello che più mi ha colpito è stato il fatto che si avvicinassero spontaneamente a salutare le suore di Madre Teresa, in segno di devozione, e questo è stato importante, perché i detenuti partono da un percorso di sofferenza.

D. – Qual è stato, secondo lei, il messaggio che ha colpito maggiormente gli ospiti di Regina Coeli?

R. – Il fatto di sentirsi una comunità; il messaggio della partecipazione, di voler essere presente, di voler dare un contributo nonostante tutto. In un posto come il carcere, ha un’enorme importanza educativa perché i detenuti sono messi a confronto con realtà positive. La persona deve necessariamente essere messa in diretto rapporto con la realtà positiva, perché il confronto dev’essere di crescita finalizzata a costruire messaggi di solidarietà, di bene, di pace; quindi, in un carcere, in un luogo dove per antonomasia ci sono le persone che hanno commesso dei reati, hanno commesso dei crimini nei confronti delle persone, delle cose, delle azioni … Il nostro lavoro non dev’essere di giudizio stereotipato, ma dev’essere di azione costruttiva attraverso iniziative culturali come questa, dove lo spirito religioso della Madre supera qualsiasi barriera e oltrepassa anche i confini dell’umanità.








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