2016-08-31 13:44:00

Egitto: approvata la legge sulla costruzione delle nuove chiese


E’ stata approvata ieri dal parlamento egiziano la nuova legge che regola  la costruzione di nuove chiese, rendendola più semplice. Secondo fonti ufficiali nazionali, il presidente del parlamento,  Ali Abdel-Al, ha riferito che hanno dato il proprio consenso più dei due terzi dei 596 parlamentari, appartenenti per lo più alla maggioranza che sostiene il Presidente al Sisi. Tra i punti fondamentali della legge quello dove è previsto che i governatori delle province  debbano rispondere entro quattro mesi a ogni richiesta di costruzione di nuovi luoghi di culto cristiani e che, in caso di rifiuto, debbano motivarlo. La costruzione di nuove chiese era finora osteggiata dalle autorità locali, che spesso ignoravano la richiesta  di permesso, mentre altre volte la respingevano per il timore di  reazioni violente da parte della comunità musulmana. Ma ancora tante le perplessità delle comunità cristiane su questa normativa. Ascoltiamo il commento di mons. Antonios Aziz Mina, vescovo copto cattolico di Guizeh raccolto da Marina Tomarro:

D. – Proporre un disegno di legge relativo alla costruzione delle chiese è una buona cosa, già menzionata nella Costituzione, dopo anni di difficoltà per costruire e riconoscere le chiese che erano già state costruite. Abbiamo lottato tantissimo per arrivare fino a questo punto; e ieri erano molte le persone contente del fatto che questo disegno di legge fosse stato proposto. Questo è già un passo in avanti. Ma devo in realtà dire che, come ogni legge umana, c’è sempre qualcosa da dire in proposito: la legge deve essere chiara, precisa, con termini che non ammettano due o tre diversi significati. Questa legge invece è piena di tali termini. E quindi adesso bisognerà vedere come sarà applicata, e allo stesso tempo se la sua applicazione farà emergere i problemi previsti oppure no.

D. – Eccellenza, quali sono le sue perplessità al riguardo?

R. – Per esempio, c’è un articolo relativo alla dimensione della chiesa, che deve essere proporzionata alla popolazione. Ma questo chi può dirlo? Chi può precisare questo dato, se non l’autorità ecclesiastica stessa o il richiedente della chiesa, ossia colui che vuole costruire la chiesa? E invece in questo disegno di legge ciò non è chiaro. Ci sono poi tanti altri punti. Si richiede l’applicazione di una legge specifica sulle costruzioni: una legge che è tuttavia applicata solo nelle città, dove le strade sono ampie, ma non nei villaggi, dove non si può adottare. Per il riconoscimento delle chiese che già esistono ci sono altri punti di vista che pongono delle difficoltà. Inoltre il permesso è lasciato al volere del governatore, senza dire quali siano i criteri in base ai quali lui debba decidere sì o no. Perché questo deve avvenire solo per la costruzione delle chiese e non degli altri stabili?

D. – Intanto, sono state archiviate le dieci regole della vecchia legislazione ottomana, dove veniva vietata la costruzione di chiese vicino le scuole e gli ospedali…

R. – Intanto dobbiamo aspettare che la legge sia promulgata: solo allora potremo dire che queste regole sono state realmente archiviate. Ma ci sono delle cose all’interno della nuova legge che un po’ assomigliano alle dieci regole. Prima di tutto, il fatto che la legge si applichi soltanto nelle città; o la documentazione che chiede un titolo di proprietà senza precisare quale. Nei villaggi è infatti difficile trovare un terreno registrato al Catasto civile; e questa sarà una difficoltà per costruire le chiese. Ma vorrei essere comunque ottimista e dire che è già un buon passo il fatto che ci sia una legge. Questa poi può sempre essere modificata: il Parlamento può farlo qualora emergano le condizioni per farlo.

D. – Eccellenza, invece qual è la situazione attuale dei cristiani in Egitto?

R. – Sicuramente migliore rispetto al passato. Penso che i cristiani abbiano pagato senza parlare: quando i Fratelli Musulmani si sono sentiti sconfitti, questi ultimi hanno riversato la loro rabbia sulle chiese, bruciando e distruggendo molti stabili – tra i 50 e i 60 almeno – tra chiese e opere che appartengono alle chiese. In quel caso la Chiesa non ha aperto bocca, perché sapeva che questo era il prezzo da pagare per trovare la sua identità nel Paese. E finalmente ora l’abbiamo acquistata, anche se a un gran prezzo. La Chiesa e i cristiani hanno dimostrato la loro appartenenza a questa patria; quindi nessuno può dire che sono degli intrusi, anzi: i cristiani sono gli abitanti originari dell’Egitto. Sono loro che tengono duro. Qualche volta vengono accusati di chiedere aiuto all’estero, ma noi non abbiamo mai pensato che i Paesi esteri potessero appoggiare la nostra causa: questa, al contrario, deve essere supportata all’interno del Paese. Noi chiediamo invece un aiuto tecnico, materiale; e ciò non solo per noi, ma anche per l’Egitto, affinché percorra la strada giusta, questo sì. Dobbiamo arrivare ad ottenere la piena cittadinanza – tutti – senza guardare alla religione. Dobbiamo superare quest’ostacolo. Finora l’appartenenza religiosa si trova nella carta d’identità, anche se – è vero – non nel passaporto. La Costituzione chiede di istituire un Consiglio contro tale distinzione. E ciò aiuterà tantissimo a cambiare un po’ le cose, al fine di abolire la discriminazione attuale, e di dare uguali opportunità a tutti gli egiziani, senza distinzioni di razza, colore della pelle, credenza: qualsiasi cosa che possa distinguere un essere umano dall’altro. 








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