2016-08-31 13:46:00

Jihadisti dell'Is perdono terreno in Siria, Libia e Iraq


Il sedicente Stato Islamico perde terreno. Il suo portavoce al-Adnani è stato ucciso in Siria. In Libia le forze di Misurata portano avanti la battaglia per liberare definitivamente Sirte dai miliziani dell’Is, mentre il capo del comando centrale Usa annuncia che entro l’anno sarà liberata anche Mosul, in Iraq. I terroristi stanno davvero capitolando? Eugenio Murrali lo ha chiesto a Paolo Maggiolini, esperto di Medioriente dell’Istituto di Studi Politici Internazionali:

R. – L’uccisione di al-Adnani rappresenta l’ennesima perdita di una figura carismatica e importante, che ha segnato anche la comunicazione e la rappresentazione del gruppo, dei suoi ideali, dei suoi obiettivi sin dall’inizio e quindi questa perdita segna un momento di discontinuità. E’ anche interessante come in questo caso la conferma dell’uccisione arrivi direttamente da una fonte che viene ritenuta l’organo di comunicazione del gruppo stesso.

D. – Tra l’altro, al-Adnani era una sorta di teorizzatore dei “lupi solitari”: aveva lanciato un manifesto … Che reazione può esserci?

R. – Il tipo di reazioni e i nessi di causa ed effetto immediato, secondo me, sono sempre difficili da definire. Questo anche perché poi riguardo, appunto, la questione dei "lupi solitari", di quanto siano, in alcune delle operazioni che abbiamo visto, diretti o indiretti, ispirazionali i collegamenti tra i singoli individui e il gruppo, fuori dai contesti di diretto controllo dell’organizzazione, non è cosa semplice. Sicuramente, la figura di al-Adnani è stata più volte centrale e citata, anche quella che ha mantenuto una presenza costante e continua. E’ verosimile, appunto, pensare a delle reazioni anche simboliche. Però d’altra parte, bisogna pensare che il sedicente Stato islamico è occupato dalla pressione militare sia sul fronte siriano sia sul fronte iracheno. E credo che ciò sia, in questo momento, prioritario.

D. – In Libia si prepara la battaglia finale a Sirte. Ecco: stanno perdendo realmente terreno?

R. – Stanno perdendo realmente terreno, però, sia nel contesto libico che nel contesto siriano-iracheno, le ragioni dell’affermazione dell'Is non sono da ricercare solo nella forza o nell’efficacia dell’organizzazione stessa, ma in tutta una serie di problemi che aveva da tempo avvolto i Paesi: problemi politici e di tenuta che anche in questo momento, in cui c’è un nemico comune contro il quale si combatte, rimangono aperti. In Libia è tutto da verificare quello che può essere il dopo-Sirte: la possibilità che una parte dei miliziani sia ormai uscita dal contesto urbano di Sirte e si stia riposizionando nella parte sud, altri – soprattutto quelli di estrazione tunisina – potrebbero cercare di rientrare nel Paese e infatti ci sono già stati alcuni arresti …

D. – In Iraq c’è stata la vittoria a Qayyara e il capo del comando centrale Usa ha detto che entro la fine dell’anno riusciranno a prendere anche Mosul: è verosimile questo programma che si dà la coalizione?

R. – La vittoria ottenuta sul fronte Sud, quindi con Qayyara, che dovrebbe diventare un punto nevralgico per le operazioni future, a Mosul, è una vittoria importante. La storia dell’offensiva su questa città è abbastanza lunga, nel senso che si era annunciata già una possibilità nel 2015, poi è stata posticipata. Dopo la vittoria di Falluja, invece, ha ripreso corpo. Anche nella dimensione irachena, però, un po' come in Libia, sappiamo che le forze in campo, oltre al supporto aereo degli Stati Uniti, vedono sia i curdi che una parte nelle milizie sciite. Definire esattamente, poi, quali saranno le forze che combatteranno su Mosul sarà importante, anche per capire l’efficacia in quella che, sicuramente, sarà una battaglia molto dura: è la capitale ideale dell’organizzazione in Iraq, è la città che in qualche modo ha lanciato l’organizzazione anche all’attenzione dell’opinione pubblica internazionale. E la questione centrale è capire effettivamente come le operazioni poi verranno affrontate nel rapporto con gli abitanti della città e di quest’area, ancora sotto il controllo dell’organizzazione, cercando di evitare che si inneschino poi ancora nuove conflittualità. Ho la sensazione che più di un’operazione di liberazione sia in qualche modo “di punizione” …

D. – Il rapporto Onu ha registrato in Siria l’uso di armi chimiche anche da parte del sedicente Stato islamico, in particolare del cosiddetto “gas mostarda”. Quanto sono pericolosi? Quanto potrebbero riorganizzarsi dopo questi ultimi colpi che abbiamo visto su più fronti?

R. – Chi è attento in ambito militare ha sottolineato come effettivamente un impegno militare congiunto e deciso in sé avrebbe potuto aver ragione anche all’inizio della potenza dello Stato islamico. E’ chiaro che, in questa fase di ripiegamento, la violenza può aumentare e soprattutto la decisione di ricorrere a qualsiasi tipo di tattica o di strumento è quasi pressoché naturale, o comunque non si può escludere.








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