2016-09-01 14:36:00

Fertility day. De Palo: bene, ma denatalità è problema sociale


Il prossimo 22 settembre è il giorno scelto dal Ministero della Salute per il primo Fertility day, giornata dedicata alla sensibilizzazione sulla prevenzione dell’infertilità. L’iniziativa è tesa soprattutto ad arginare il crollo inarrestabile delle nasciate che attanaglia l’Italia. Tuttavia la campagna di lancio che precede il Fertility day ha sollevato accese proteste contro una serie di locandine che recitano slogan come ‘La bellezza non ha età, la fertilità sì’, ‘Datti una mossa! Non aspettare la cicogna’. Ma quali politiche mettere in campo per dare una risposta strutturale alla denatalità? Marco Guerra lo ha chiesto al presidente del Forum delle Associazioni familiari, Gigi De Palo:

R. – Sicuramente c’è una intuizione positiva, quella cioè di andare a dare una risposta ad un inverno demografico che è sempre più imminente: anzi ci stiamo già da troppo tempo! Dall’altra parte, però, c’è anche il dover leggere un dato: oggi come oggi, secondo una interessante ricerca fatta lo scorso anno dall’Istituto Toniolo, in particolar modo dal prof. Rosina, emerge che i giovani italiani vogliono fare famiglia, vogliono fare figli; il 40 per cento degli intervistati vorrebbe addirittura due o più figli. Quindi non è un problema di desiderio di fare figli: il problema è che in Italia non ci sono le condizioni perché ciò avvenga. Ci sono le premesse, in Italia, affinché si possano realizzare i desideri e i sogni dei giovani? Ecco, io credo invece che oggi, in Italia, per mettere al mondo un figlio, al di là di un desiderio che c’è, ci sono tutta una serie di difficoltà legate al tema del lavoro, al tema della casa, al tema della precarietà.

D. – Infatti molte contestazioni fanno notare che questo desiderio delle giovani coppie è ostacolato da lavori sempre più precari e paghe insufficienti…

R. – Se mettere al mondo un figlio è diventata una delle prime cause di povertà, se una mamma deve nascondere il pancione quando va dal datore di lavoro perché altrimenti rischia di essere licenziata o di non vedere prorogato il suo contratto, questo è un problema! Io credo che le famiglie, oggi, in Italia, abbiano bisogno di sentire uno Stato che ha fiducia in loro, uno Stato che non sia un concorrente, non sia un nemico, ma che sia un complice dinanzi a qualcosa di importante, che è – appunto – la costruzione di cittadini del futuro. Senza figli non c’è futuro; senza figli non c’è crescita economica; senza famiglia non c’è tutto questo! Quindi, che finalmente si possano concretizzare delle politiche fiscali ed economiche adeguate, perché - oggi come oggi - non si tiene conto dell’art. 53 che prevede di gestire e di pagare le tasse in base alla capacità contributiva che tenga conto della composizione della famiglia.

D. – Spesso il crollo delle nascite è attribuito alla crisi economica. Si può anche girare il ragionamento: una società che invecchia, non produce ricchezza e lavoro…

R. – Una società che invecchia non produce ricchezza e lavoro, ma soprattutto è una società che dice in maniera chiara: “Ho smesso di pensare al futuro!”. E’ un problema sociale, ma è anche un problema antropologico, un problema culturale, che però l’Italia mi sembra paradossalmente in parte superato: un conto se mancasse il desiderio di mettere al mondo figli e di fare famiglia, un conto se questo desiderio c’è, ma non ci sono le premesse per realizzarlo.

D. – Vediamo, però, che anche nei Paesi con maggiore welfare c’è una sostanziale frenata delle nascite. Su questo fronte si può lavorare, incidendo quindi sul percorso scolastico? Che cosa si può fare anche per aiutare la fertilità, che in fondo era il tema della campagna?

R. – Sicuramente uno dei grandi problemi è che oggi una persona finisce gli studi - se trova lavoro - a 25-26, che è una età comunque elevata; se poi ci si aggiunge il fatto che c’è una precarietà diffusa dai 25 anni in poi, perché non è semplice trovare lavoro stabile, questo aumenta ancora di più e sposta ancora più l’asticella. Il tema della fertilità - per carità! - è una intuizione interessante, ma rischia di sanitarizzare un tema che dovrebbe invece essere visto tenendo conto di un aspetto antropologico, ma anche sociale. Faccio un esempio: in Francia, in Inghilterra, si sono fatte tante volte delle campagne sul tema della fertilità, ma a noi non interessa fare figli tout court, a noi interessa che i figli siano messi all’interno di una composizione familiare, che possa produrre dei frutti, che possa essere un investimento per il futuro: investiamo sulla famiglia e automaticamente avremo ancora più figli e automaticamente avremo ancora più futuro.

D. – Comunque, c’è la necessità che, a livello sanitario, si possa parlare serenamente di queste tematiche?

R. – Io credo che interessante sia il fatto che, per la prima volta, si è fatto qualcosa per andare a dare un segnale relativamente all’inverno demografico. Io credo che l’errore sia il fatto di non aver fatto una campagna capace di unire e di aggregare su un tema che dovrebbero accomunarci tutti, perché passa il tempo, ma la demografia è inesorabile e se noi non giochiamo e non vinciamo questa partita poi saranno affari non solo nostri, ma anche dei nostri figli!

D. – Voi siete molto impegnati su questo fronte e il 22 settembre si celebra il primo “Fertility Day”…

R.– Molte associazioni del Forum, quelle legate soprattutto ai centri della regolazione naturale della fertilità, parteciperanno. L’idea è, appunto, di portare un valore aggiunto e cioè che il tema della fertilità è qualcosa di importante, anche perché è legato alla differenza tra uomo e donna, è legata al fatto che c’è un modo anche di vivere l’affettività e la sessualità molto propositivo e molto bello. Quindi abbiamo voluto esprimere queste chiavi di lettura, perché ci sembra importante che il governo, al di là di questa iniziativa, cerchi anche di togliere le cause che limitano la fertilità. Lavoriamo sul lavoro, lavoriamo sulla prima casa dei giovani, lavoriamo su un fisco più equo sulle famiglie, lavoriamo sull’armonizzazione tra lavoro e famiglie per quanto riguarda le donne, allora automaticamente - come per incanto – sono certo che avremo anche più figli…








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