2016-09-02 13:46:00

Roma, sit-in per chiedere stop immediato alle bombe in Siria


Situazione ancora drammatica in Siria Infatti in queste ore, l’esercito turco prosegue la sua offensiva contro obiettivi jihadisti nel Paese, dichiarando di avere già distrutto 262 siti del sedocente Stato islamico. Intanto, l'inviato speciale Onu per la Siria, Staffan de Mistura, detto di essere impegnato in una nuova "iniziativa politica" e il 21 settembre si terrà un Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite per fare il punto sul conflitto. E proprio a sostegno del martoriato Paese, questa mattina a Roma si è riunito un sit-in, promosso dalle associazioni e dalle organizzazioni non governative e dalla Federazione nazionale della stampa italiana con l’Ordine nazionale dei giornalisti, per chiedere lo stop immediato ai bombardamenti in Siria. Il servizio di Marina Tomarro:

Stop immediato alle bombe in Siria, e rispetto dei corridoi umanitari per la fornitura senza ostacoli alle popolazioni assediate. E’ questa la richiesta che è partita dal sit in promosso dal mondo delle associazioni e delle organizzazioni non governative ma anche dalla Federazione Nazionale della Stampa italiana. Ascoltiamo il commento di Giuseppe Giulietti presidente della Federazione:

R. – Stop ai bombardamenti subito. Corridoi umanitari come ha chiesto l’Unicef internazionale e italiana. Porsi la drammatica urgenza di andare da coloro che stanno morendo ogni giorno. Accogliere quelli che scappano. Far sentire che partecipiamo al loro dolore. Compartecipare del loro dolore vuol dire creare un ponte ed opporsi ai costruttori di odio. Fingere di non vedere significa alimentare l’odio e l’insicurezza di tutti.

D. – Quanto è importante l’informazione per sensibilizzare sul tema della Siria, invece?

R. – Moltissimo. Ci sono ancora gli ultimi blogger e giornalisti siriani che dalla Rete, come possono, ci mandano a dire: “Amplificate la nostra voce. Fateci sentire. Non isolateci”. E credo che anche noi abbiamo un dovere: ossia raccogliere le voci dei siriani. Il nostro compito è far parlare loro della Siria, non siamo solo noi che dobbiamo parlare di loro.

E questa iniziativa si svolge ad un anno dalla morte del piccolo Aylan, annegato con il fratellino e la mamma  a causa del rovesciamento di un gommone che da Bodrum li avrebbe portati all'isola greca di Kos. E proprio i bambini sono le prime vittime innocenti di questa guerra, che nonostante i numerosi incontri internazionali non sembra trovare una soluzione di pace. Andrea Iacomini, portavoce di Unicef Italia:

 R. – C’è un equilibrio del terrore che dura ormai da cinque anni e sembra non finire, colpisce praticamente le grandi nazioni e blocca tutto. Purtroppo questa guerra, non essendosi fermata prima, è ormai inevitabilmente una polveriera dove ci sono dentro tutti ed è difficilissimo venirne a capo. Oggi basterebbe una tregua duratura, almeno per portare gli aiuti a quei 100 mila bambini di Aleppo che vivono in condizioni drammatiche. Bisogna assolutamente aprire corridoi umanitari all’interno delle 20 città sotto assedio per evitare la mattanza che continua. Bisogna fermare i bombardamenti. Noi siamo qui oggi per dire: “Basta bombe in Siria”. Chiediamo pace per questo, perché ci sono ancora sei milioni di bambini intrappolati in Siria e 100 mila nella sola Aleppo. E perché tutto questo è intollerabile dopo cinque anni”.

E al sit-in era presente anche lo scrittore siriano, Shadi Hamadi. Ascoltiamo la sua testimonianza:

R. – Quella della Siria è una delle più gravi tragedie moderne alle quali stiamo assistendo. In Siria vanno a cristallizzarsi diverse questioni: dall’immigrazione al dialogo islamo-cristiano. E noi dobbiamo esserci, perché dobbiamo rispondere ai siriani che hanno pagato e pagano tuttora un prezzo altissimo. Questo è un appello che si rivolge a tutta l’opinione pubblica e a diverse associazioni.

D. – Da siriano, cosa vuol dire per lei vivere questa situazione?

R. – Io la vivo nella condizione di una persona in esilio. Sono quindi uno spettatore, anche se forse più attento a ciò che avviene all’interno del Paese. Certamente vivo sulla mia pelle diverse questioni, come quella dell’indifferenza. Questo dramma in Siria ha mietuto 400 mila vittime. Eppure, ci accorgiamo che non c’è un’attenzione pubblica a quello che sta avvenendo ora nel Paese. Parliamo infatti di cinque milioni di sfollati nel Paese, sei milioni di rifugiati all’estero, 70 mila scomparsi, 200 mila persone in carcere. Sono queste le cifre che ci danno l’idea del grande disastro che si sta materializzando. Il mio appello è che dobbiamo agire ora – non domani – perché la memoria dopo non significa nulla.








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