2016-09-05 13:56:00

G20 in Cina: no al protezionismo, sì alla crescita inclusiva


Moderata soddisfazione a conclusione del vertice G20, che ieri ha chiuso i battenti ad Hangzhou, in Cina. Al centro del summit i temi economici, con l’impegno comune per una crescita globale bilanciata e sostenibile. Il servizio di Giancarlo La Vella:

Mettere in campo tutti gli strumenti a disposizione - fiscali, monetari, riforme strutturali - per rimettere in moto la macchina economica, con risultati costanti e uniformi. Il G20, il primo svoltosi in terra cinese, rivede il modello di sviluppo, con un secco no alla produzione smodata, al protezionismo, allo sviluppo a macchia di leopardo, a favore di una bilanciata e sostenibile crescita globale. Il comunicato finale ha comunque chiarito che la ripresa prosegue, ma a passo lento e con rischi al ribasso. Per evitare tali eventualità le venti economie più sviluppate stringono un patto per uniformare politiche monetarie, fiscali e strutturali mirata ad una crescita costante e inclusiva. Giada Aquilino ne ha parlato con l’economista, Riccardo Moro:

R. – Il tema della crescita è stato inseguito un po’ come un mito in questo anni, dal 2008 in avanti, per poter rilanciare l’economia, ricuperare i fatturati delle imprese e conseguentemente anche l’occupazione. A me sembra però che questo mito della crescita sia stato un po’ declinato senza qualificarlo, cioè senza preoccuparci realmente di quali settori avrebbero potuto consentire da un lato un recupero dell’occupazione, là dove si era ridotta, e dall’altro quali interventi avrebbero potuto orientare l’economia in una direzione più verde, economicamente sostenibile. Mi sembra che ci sia un punto nel documento finale che è di notevole interesse: è quello dell’attenzione alla sovrapproduzione industriale.

D. – Su questo punto, come valutare l’intesa su un forum globale per combattere la sovrapproduzione industriale? Durante i lavori c’è stata una discussione con la Cina, a proposito della sovrapproduzione dell’acciaio: Pechino ha accettato un taglio dell'export...

R. – Gli attuali “modelli” di sviluppo non sono sostenibili perché non è possibile che i sette miliardi che siamo, domani probabilmente nove, consumino allo stesso ritmo in cui la parte ricca del pianeta sta consumando oggi. E non possiamo continuare a immaginare di inseguire il “mito” della crescita continuando a produrre, senza chiederci per chi produciamo e in che modo e quanto costi in termini ambientali questa produzione. Il problema però non è solo porre dei freni: il problema è capire anche quali sono le esigenze reali della parte meno favorita del pianeta e capire dove c’è una colossale inutilità nella produzione della parte ricca o destinata alla parte ricca del pianeta. Occorrono dunque riforme graduali e - qui sì, assolutamente - occorre un’intesa internazionale, occorre un esercizio di “governance”. Ben venga quindi un forum in tale direzione, perché questa è una delle sfide del futuro.

D. – Il peso finanziario dell’emergenza migranti dev’essere “diviso” tra tutti i membri dell’organizzazione, è stato detto. Di fatto, che aiuto può venire per esempio all’Europa?

R. – Di fatto, ogni volta che abbiamo costruito una formula tra Paesi che si parlano per coordinare le loro politiche economiche, poi abbiamo sempre dato un colore politico: questo è ciò che è successo al G7 e al G8. Il G8 ha sviluppato intorno a sé un processo politico estremamente elevato, con un’agenda sullo sviluppo, un’agenda sull’ambiente, un’agenda sull’agricoltura e su moltissimi altri temi. Il G20 finora non l’aveva ancora fatto. E’ ovvio che, di fronte alle dimensioni dell’economia mondiale, il G20 assuma un ruolo più rilevante di quello del G8. Sembrava quasi dimenticato, il G8, con la crisi finanziaria. Poi, con la crisi ucraina e il deterioramento delle relazioni con la Russia, il G7 è tornato ad avere un ruolo e l’anno prossimo avremo il G7 in Italia. Io credo che in questo momento non siano ancora maturi i tempi perché accordi intorno al G20 possano avere reale rilevanza politica, per cui francamente temo che questa discussione sulla migrazione, sui costi dell’accoglienza ai migranti rimanga una discussione ancora teorica.








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