2016-09-06 14:37:00

Hong Kong: nuovi deputati per l'indipendenza in parlamento


Una nuova generazione di attivisti democratici è entrata a far parte del parlamento di Hong Kong con un numero di seggi tale da esercitare il diritto di veto. Si tratta di almeno quattro giovani esponenti dell'organizzazione separatista locale protagonisti della “rivoluzione degli ombrelli" che nel 2014 cercò di ottenere la rottura con la Cina. Grande è stato il sostegno popolare e la svolta è da ritenersi rilevante come spiega al microfono di Gabriella CerasoRoberto Peruzzi, docente al corso di laurea in Relazioni internazionali comparate alla Ca’ Foscari di Venezia:

R. – Perché sui 70 seggi di questo mini-parlamento legislativo, 30 sono comunque nominati d’ufficio. Quindi su 40 eletti, i dati che abbiamo per ora dicono che forse arriveranno fino a 30 gli eletti di questa “fazione” che si chiama localisti più che indipendentisti…

D. – Qual è la novità che li caratterizza?

R. – Il fatto nuovo è che sono giovani. Non hanno più un’agenda politica anche di contestazione alle autorità di Pechino su elementi formali. Hanno invece esteso la loro messa in discussione del potere di Pechino e dell’autorità di Pechino a molti altri aspetti, innanzitutto all’autoritarismo in sé. Ma in più, hanno iniziato a mettere in discussione anche sul piano sociale ed economico le politiche di Pechino e le politiche degli interessi e delle lobby di Hong Kong. E questo è sicuramente un fatto nuovo.

D. – Nel concreto, la loro capacità di porre veto quanto peserà effettivamente?

R. – Il potere di veto conta formalmente. Fino ad oggi, si è sempre cercato comunque di agire in maniera moderata. Questi nuovi eletti invece dicono espressamente che loro utilizzeranno il potere di veto contro Pechino e quindi c’è una dichiarazione di battaglia, non di un’azione moderata. Bisognerà vedere fino a che punto questa cosa si estenderà, fino a che punto questa cosa verrà tollerata.

D. – Perché Pechino, in realtà, ha già intimato loro di non usare questa posizione per portare avanti il discorso indipendentista…

R. – Infatti, loro mettono l’accento sull’elemento localista più che indipendentista, probabilmente per non creare nemmeno un alibi a Pechino. Aggirando questo termine, si mantiene la discussione, la contestazione su un piano strettamente politico ed economico e sociale.

D. – Il Consiglio legislativo, comunque, non elegge il leader che amministra Hong Kong, che rimane scelto dalla Cina…

R. – Sì. Però, naturalmente, avere un primo ministro in conflitto con un Consiglio legislativo o comunque avere i membri del Consiglio legislativo che sistematicamente contestano, anche se questo non va poi ad avere un effetto diretto sulle scelte legislative o sulle scelte politiche da parte dell’amministrazione di Hong,  però si tratta di avere un confronto diretto costante con qualcuno che mette in discussione quelle politiche e che stigmatizza i favori, le nomine incongrue e tutto ciò che può essere contestato nell’amministrazione politica ed economica di Hong Kong. E in un contesto cinese già questa cosa è di per sé rivoluzionaria.

D. – E questo vuol dire anche che c’è un voce di Hong Kong che chiede un cambiamento?

R. –  Certo e che non può essere tacitata: questi giovani potranno parlare nel Consiglio legislativo e quindi potranno fare da megafono delle contestazioni, delle proteste… Naturalmente, bisogna vedere le autorità di Hong Kong, le autorità di Pechino, fino a che punto siao disponibili ad accettare questa cosa.

D. – Lei vede possibile un lavoro comune per la società o vede uno scontro profilarsi all’orizzonte?

R. – Allo stato attuale, sembra più uno scontro. Molto dipenderà da come a questo scontro risponderà Pechino. Potrebbe essere un banco di prova di una volontà, come dire, di ammorbidire il proprio controllo politico e di accettare, in qualche modo, un’evoluzion,e almeno alla lontana, più democratica da parte di Pechino. Oppure, in alternativa, una chiusura totale.








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