2016-09-11 12:03:00

Papa Francesco: cessino le violenze in Gabon, si costruisca la pace


Il pensiero del Papa, dopo l’Angelus, è andato al Gabon, Paese africano scosso da violenze avvenute dopo le elezioni presidenziali tenutesi lo scorso 27 agosto. Dopo l’esito delle consultazioni, vinte dal presidente uscente Ali Bongo, il leader dell’opposizione Jean Ping ha denunciato brogli e irregolarità. I giorni successivi alla conferma di Ali Bongo sono stati segnati da manifestazioni di protesta, da gravi scontri con diverse vittime e da centinaia di arresti:

“Vorrei invitare ad una speciale preghiera per il Gabon, che sta attraversando un momento di grave crisi politica. Affido al Signore le vittime degli scontri e i loro familiari. Mi associo ai Vescovi di quel caro Paese africano per invitare le parti a rifiutare ogni violenza e ad avere sempre come obiettivo il bene comune. Incoraggio tutti, in particolare i cattolici, ad essere costruttori di pace nel rispetto della legalità, nel dialogo e nella fraternità”.

Sulla situazione in Gabon, Lucas Duran ha intervistato Raffaello Zordan, redattore di Nigrizia ed esperto di Africa francofona:

R. – Il tentativo dell’opposizione sarà quello di provare a tenere il caso Gabon sul piatto della politica internazionale coinvolgendo maggiormente l’Unione Europea, l’Unione Africana e tirando in ballo la stessa Francia. La parola chiave è “ricontiamo i voti”; il problema principale è  questo: è sempre difficile alternarsi al potere quando c’è una dinastia che comanda da 50 anni. Non dimentichiamo che la Francia è un’ex potenza coloniale, ma “ex” per modo di dire: è stata all’interno delle dinamiche di Parigi, c’è una base militare francese a Libreville, quando c’è stato l’attacco terroristico a Charlie Hebdo, Ali Bongo è andato a Parigi partecipando alla manifestazione con Hollande, ci sono interessi di ogni sorta che saranno anche venuti un po’ meno in quel calo del prezzo del petrolio, però insomma fanno sempre parte di questa questione. Noi, già un anno fa circa, scrivevamo un pezzo in cui dicevamo: “Bongo vacilla”; è vacillava perché c’erano problemi di corruzione riconducibili alla famiglia del presidente. Il sito di investigazione Médiapart di Parigi aveva messo in chiaro che il presidente e sua sorella, attraverso una holding, una finanziaria, gestiscono e gestivano un sacco di affari. Queste cose sono sul piatto. La domanda è: il Gabon, con un milione e più di abitanti, con un ruolo regionale non eccessivo, resterà sotto i riflettori? Per quanto? Mi pare che sia un po’ complicato. Non vedo all’interno dell’Unione Africana la capacità - come è successo in altri Paesi - di intervenire, di spingere perché sia fatta chiarezza.

D. - Esiste il rischio effettivo che la Comunità internazionale, maggiormente impegnata su altri scenari geopolitici, sia tentata di trascurare il caso Gabon?

R. - In questo momento non conviene a nessuno che rimanga accesa una miccia. Il problema è questo: chi ha la capacità di giocare questa pratica con Bongo che non è abituato a dialettica, a trattare o a giocare la partita delle urne come va giocata? Quindi credo che alla fine la cosa tenderà a smorzarsi e a questo punto lo strato civile del Paese e i partiti rimasti devono prepararsi a fare una lunga marcia in vista del prossimo appuntamento elettorale, ma nel frattempo devono provare, insieme a chi vuole aiutarli, a destrutturare questo sistema famigliare che ha collocato il ricco Paese alla 112.ma posizione su 170-180 nella classifica che riguarda l’indice dello sviluppo umano. Questo vuol dire che non c’è redistribuzione della ricchezza.








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