2016-09-13 08:37:00

Tregua fragile in Siria: prima violazione da parte del regime


In Siria è scattato ieri al tramonto lo stop alle armi che dovrebbe durare almeno fino al 18 settembre. Una tregua accolta con favore da tutti i principali attori coinvolti, ma fragile. Già in serata la prima violazione da parte del regime di Assad, mentre si profila una inedita collaborazione tra Usa, Russia e le forze governative contro l’Is. Adriana Masotti:

Un raid aereo del regime siriano sul sobborgo occidentale di Aleppo, nel nord del Paese: secondo l'emittente al-Jazeera, sarebbe stata questa, la prima violazione della tanto attesa tregua concordata da Stati Uniti e Russia ed entrata in vigore in Siria alle 19 ora locale di ieri. Nonostante la tregua, sia Mosca che Washington proseguiranno i raid aerei contro le forze legate ad al Qaeda e quelle jihadiste dell’Is. Anzi, per la prima volta il segretario di Stato Usa Kerry  ipotizzata una forma di collaborazione di Usa e Russia con il regime mediante l’approvazione di raid aerei di Assad contro questi gruppi. Da parte sua il presidente siriano, apparso di nuovo in pubblico ieri, mentre celebrava l'inizio della festa del Sacrificio nella moschea di Daraya, ha riaffermato che il suo esercito "riconquisterà ogni territorio".

Lo stop alle armi dovrebbe durare una settimana e la sospensione delle attività militari è stato accettato dalle Forze armate siriane, dalle forze curde che si oppongono all'intervento militare turco nel nord del Paese, dall'Iran e dalla Turchia. Diverse sigle dell’opposizione siriana hanno aderito all'accordo, pur definendosi scettiche, mentre altri gruppi vicini alle frange più estreme l’hanno respinto. Intanto il portavoce del Pentagono, Peter Cook ha confermato ufficialmente la notizia della morte di Al-Adnani, considerato il numero due del sedicente Stato Islamico: sarebbe stato ucciso il mese scorso durante un raid aereo statunitense nel nord della Siria.  

 

E sulla tregua appena cominciata in Siria, Marco Guerra ha sentito il vescovo caldeo di Aleppo e presidente di Caritas Siria mons. Antoine Audo:

R. – Tutta la gente, soprattutto ad Aleppo, aspetta questa decisione, questo cambiamento. Speriamo, ma sono sei anni che soffriamo tanto; speriamo che ci siano segni di pace e di riconciliazione. Speriamo.

D. - Ad Aleppo, com’è la situazione umanitaria? Dicono che questa tregua serve anche a far arrivare gli aiuti alle popolazioni assediate dalle violenze, dai combattimenti. Quindi lei si sta organizzando per portare degli aiuti anche con la Caritas?

R. - Insieme alla Caritas il nostro lavoro continua. Nel centro della città le macchine possono di nuovo arrivare; c’è cibo, non come un mese fa, quando ci sono stati dieci giorni continui di combattimento. Ma sembra, ho sentito dire, che i gruppi armati continuano a far cadere bombe al centro della città; penso si tratti forse dei combattenti dell’Is o di al Nursa che non sono contenti di questa decisione. Vedremo come le cose andranno questa sera.

D. - Quindi lei avverte un miglioramento della situazione, ma le riferiscono che ci sono ancora violenze  e combattimenti?

R. - Si continua. Fino a ieri e l’altro ieri cadevano bombe in questa regione. Ho avuto notizie di questo dal mio vicario.

D. - I cristiani, la comunità cristiana come ha accolto invece questa tregua?

R. - Con gioia, ma nello stesso tempo non ci crediamo più. Dopo sei anni di violenze, speriamo; tutti dicono speriamo che non ci siano più violenze e che la gente possa tornare ad Aleppo. Per noi la cosa più importante è assicurare la pace e soprattutto la continuità della presenza cristiana, ad Aleppo in maniera particolare,  ma in tutta la Siria. Questo è quello che vogliamo.

D. - Cosa chiedete adesso alle autorità, al governo di Damasco? Auspicate che si arrivi anche ad un accordo politico?

R. - Si, speriamo; lo abbiamo ripetuto parecchie volte dall’inizio della guerra. Non c’è una soluzione militare; quelli che cercano una soluzione militare vogliono distruggere la Siria. C’è bisogno di una soluzione politica perché la Siria possa continuare a vivere come Stato indipendente in pace, con lavoro e con la possibilità  per tutti di poter vivere insieme.








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