2016-09-16 15:17:00

Bratislava: si attende l'agenda di lavoro Ue per prossimi mesi


I leader dei Paesi europei a 27, si ritrovano oggi a Bratislava nel primo vertice senza il Regno Unito, per decidere quale volto e quali direttive concrete assegnare all’Europa riconosciuta, a più voci, in una situazione critica, se non in una crisi esistenziale. I temi più importanti del dibattito, che dovrebbe concludersi con un’agenda di lavoro per i prossimi sei mesi, sono sicurezza e difesa, lavoro e dare speranza a giovani. Il servizio di Gabriella Ceraso:

"Sarà una discussione onesta sullo stato attuale dell’Europa e sul suo avvenire", ha detto aprendo i lavori il padrone di casa il premier slovacco, Paese che detiene la presidenza dell’Ue. Il desiderio condiviso è di concretezza nei progetti per rilanciare una Unione che sia affidabile. "Dobbiamo mostrare di saper fare meglio", ha detto la cancelliera Merkel per la quale la priorità resta la difesa europea, dunque lotta al terrorismo e sicurezza intesa in termini di frontiere esterne: se gli Stati Uniti scelgono di fare un passo indietro dobbiamo su questo fronte esser capaci di difenderci da soli, ha aggiunto il presidente francese Hollande. La paura maggiore, proprio secondo Parigi, è che l’Europa con la Brexit corra il rischio di scioglimento e frammentarietà: serve invece, lo dicono tutti una coesione maggiore basata anche su una politica comune di investimenti, di transizione energetica e su progetti per i giovani.

Ma Bratislava potrà difficilemente far dimenticare le divisioni che ci sono tra molti Stati membri e non solo su tematiche economiche. Gabriella Ceraso ne ha parlato con Nicoletta Pirozzi, responsabile di ricerca dell'area Europa dello Istituto Affari Internazionali:

R. – Mai come in questo momento gli Stati europei sono così disuniti. Questo lo abbiamo visto soprattutto come risultato della crisi economica e finanziaria, delle risposte che ne sono derivate e più di recente con la crisi legata al fenomeno migratorio e quella del terrorismo soprattutto. Per quanto riguarda Bratislava direi che le aspettative sono piuttosto caute: c’è la volontà di fissare un’agenda concreta per i prossimi mesi, ma probabilmente non sarà un vertice dal quale usciranno decisioni forti. Questo è stato dichiarato anche dalla stessa Angela Merkel qualche giorno fa.

D. - Quali sono i punti, secondo lei, su cui difficilmente si potrà trovare un accordo? Su cosa sono radicate soprattutto le divergenze che potrebbero rallentare anche decisioni concrete?

R. - Quello che sicuramente non ci sarà è una decisione più forte riguardo alla suddivisione delle quote dei migranti dal punto di vista obbligatorio a livello Unione Europea. Su questo punto, i Paesi del gruppo di Visegrad in particolare, ma anche altri membri dell’Unione Europea, hanno fatto sapere che in realtà si aspettano una solidarietà flessibile su questo tema e quindi ciascuno Stato membro dovrà essere libero di scegliere volontariamente come contribuire. Questo è sicuramente un primo punto di divisione. Il secondo punto probabilmente sarà sui temi economici: da una parte ci si aspetta un rilancio soprattutto del piano degli investimenti, che ha tra gli obiettivi proprio quello rilanciato da Renzi riguardo l’occupazione e le giovani generazioni. Però su questi temi, come sappiamo, le divisioni sono ancora molto forti tra un approccio più attento alle regole ed uno che invece chiede maggiore flessibilità.

D. - Parliamo di difesa, un tema sicuramente in primo piano per tutti, per la Francia, per la Germania… Ma da quando è diventato così importante e soprattutto l’Europa ha la forza di autogestirsi in tema di difesa?

R. - Il tema della difesa in realtà è sempre stato un po’ al centro dell’Agenda europea. Il dibattito si questo tema è stato rivitalizzato, tanto è vero che nelle ultime settimane abbiamo visto il proliferare di una serie di proposte; ovviamente sono dichiarazioni di intenti, sebbene forti e fatte ad un livello politico molto alto. Per quanto riguarda invece l’agenda di attuazione, bisognerà vedere cosa si riuscirà a fare soprattutto in considerazione del nazionalismo ancora molto forte su questi temi da parte dei governi degli Stati membri e delle posizioni un po’ distanti, come quelle dei Paesi dell’Europa dell’Est, in particolare il "gruppo di Visegrad", che continuano a preferire impegni soprattutto in ambito Nato che dà maggiori garanzie di protezione rispetto al vicino russo.

D. - E comunque e a livello di risorse la richiesta sarebbe alta?

R. - Sì, bisogna fare i conti con le capacità e con le risorse finanziarie. Quindi bene l’obiettivo ideale e anche formale, ma poi bisognerà fare i conti anche con i bilanci degli Stati e gli investimenti in questo settore.

D. - La situazione in Europa è critica. Gli elementi di criticità più importanti e ormai non taciuti da nessuno, quali sono?

R. - Questo è dovuto al fatto che le istituzioni che avevamo pensato in contesti internazionali differenti, anche in riferimento ad un numero più ristretto di Stati membri, di fatto non hanno retto la prova di shock esterni e di fenomeni interni molto rilevanti come quello migratorio, quello terroristico. In generale quello che possiamo registrare è un tentativo degli Stati di rinazionalizzare progressivamente le proprie competenze anche in maniera totalmente anti storica, perché questo in realtà è un periodo in cui l’Europa dovrebbe fare un salto in avanti e dimostrare di essere un attore rilevante dal punto di vista delle relazioni internazionali. Ma questo, fino ad ora, non è avvenuto.








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