2016-09-18 20:08:00

Assisi. Al via alla presenza di Mattarella il meeting interreligioso


Possiamo preservare la pace e salvaguardare il nostro pianeta soltanto la cultura del dialogo. Così poco fa al Assisi, Sua Santità Bartolomeo I Patriarca ecumenico di Costantinopoli all’Assemblea che ha dato avvio all’incontro internazionale: “Sete di Pace: religioni e culture in dialogo”. Ha assistito all’apertura dei lavori anche il presidente della Repubblica Italiana, Sergio Mattarella che a margine ha ribadito il dialogo “può molto, più di quanto sembri". Il servizio del nostro inviato Massimiliano Menichetti:

Sul palco del Teatro Lyrick un ulivo guarda il mosaico di colori e popoli dei rappresentanti delle religioni del mondo, venuti ad Assisi con un’autentica “Sete di Pace” e di dialogo. Tra gli applausi Hilde Kieeboom, Vicepresidente della Comunità di Sant’Egidio, ha ripercorso la storia dell’incontro convocato trent’anni fa da San Giovanni Paolo II, ha scandito la forza della preghiera, la caduta del muro di Berlino, la fine della guerra fredda. Poi ha guardato alle nuove sfide legate alla globalizzazione, alle nuove guerre, alla violenza diffusa, piaghe che chiamano a un costante impegno.

Costruire con la preghiera
Una costruzione che per il Vescovo della città mons. Domenico Sorrentino passa nella certezza della preghiera che muove i cuori. Tanti gli interventi in questa prima giornata, molti, tra cui la Presidente della Regione Umbria, hanno espresso vicinanza alle vittime del recente terremoto che ha colpito il Centro Italia. E un’istantanea delle macerie, ma anche della “vita che si fa strada” tra i detriti, l’ha portata il vescovo di Rieti, mons. Domenico Pompili.

La forza della speranza
Netto lo sguardo sul mondo che vede conflitti come la guerra in Siria, la tragedia di migliaia di migranti morire in mare del Ggranduca di Lussemburgo Henri Henri Albert Gabriel Félix Marie Guillaume il quale ha però rimarcato il “messaggio di speranza portato a Lesbo dal Patriarca ecumenico Bartolomeo, insieme a Papa Francesco”. “Un messaggio di umanità e concretezza - ha affermato -  di cui abbiamo tanto bisogno”.

Economia ed Ecologia
E il patriarca ecumenico di Costantinopoli, Sua Santità Bartolomeo I, ha salutato con calore la Comunità di Sant’Egidio che insieme alla Diocesi di Assisi e alle Famiglie Francescane ha raccolto e sviluppato la sfida delle “giornate di preghiera per la pace”. Bartolomeo I ha parlato di “economia” in termini di “gestione della casa” e di “ecologia” come cura della dimora, ribadendo che ogni “azione umana lascia una traccia permanente sui poveri della terra”. Ha ribadito che per la costruzione della pace centrale è il dialogo e che questo richiede un “cambiamento” interiore che “si irradia” sino a diventare “globale”. Questo ha sottolineato è l’unica via per spezzare “violenza e ingiustizia”. “Possiamo preservare la pace e salvaguardare il nostro pianeta - ha incalzato - soltanto con la cultura del dialogo”.  Per Bartolomeo I “La pace è un evento comune un’impresa collettiva” e per questo deve essere “risposta ecumenica alla responsabilità ecumenica”.

La civiltà del vivere insieme
“Il dialogo è l’intelligenza della coabitazione -  ha affermato nel suo intervento Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio, un arte necessaria in un universo fatto di religioni, culture, civiltà differenti. Non un’unica civiltà, ma la più grande civiltà: la civiltà del vivere insieme”.

L’Africa della riconciliazione
Il presidente della Repubblica Centrafricana Faustin-Archange Touadèra ha ricordato la recente visita di Papa Francesco nel suo Paese: “Non siamo stati lasciti soli” ha sottolineato guardando alle violenze e la difficile situazione interna al suo Paese. Sulla stessa linea Baleka Mbete, presidente dell’Assemblea nazionale della Repubblica del Sudafrica, la quale ha parlato di una nazione ormai senza Apartaid, oggi assetata di “Pace e umanità”.

Il dono del perdono
Tanti gli interrogativi sollevati da dall’arcivescovo francese di Rouen, Dominique Lebrun. Il prelato ha ricordato l’assassinio di padre Jacques Hamel, al termine della Messa, per mano di due che “si professavano di fede islamica”. Citando più volte il Vangelo ha declinato l’amore di Dio che sempre è pronto a perdonare. E contro ogni barriera ha evocato lo scorso 31 luglio, quando, come una “grande famiglia umana”, numerosi musulmani sono andati in visita “alle nostre assemblee domenicali”.

Pluralismo, diversità e rispetto
“I rapporti tra religioni diverse non possono basarsi sull’eliminazione, come fa oggi l’Isis” - ha ribadito Mohammad Sammak, Consigliere politico del Gran Mufti del Libano – e nemmeno sulla tolleranza”, ma “sulla fede nel pluralismo e nella diversità e sul rispetto per le fondamenta intellettuali e ideologiche che sono alla base del pluralismo e della diversità”.

Pace nome regale di Dio
Il Rabbino d’Israele Avraham Steimberg, respingendo categoricamente il fondamentalismo, ha condotto l’assemblea nella tradizione ebraica dove “tra i nomi regali del Signore” c’è la parola pace. Ha spiegato dunque che il suo perseguimento è “un dovere” e al contempo la più grande “benedizione” del Creatore.

Te punti di riflessione
Tre i punti di riflessione lanciati, sulle orme di Papa Francesco, dal filosofo Zygmunt Bauman per tutta l’umanità: la “promozione della  cultura del dialogo per ricostruire il tessuto della società”; l’equa “distribuzione dei frutti della terra”; ed insegnare la cultura del dialogo ai giovani, così da “fornire strumenti per risolvere i conflitti in modo diverso da come siamo abitati”.

 

Assisi ha iniziato dunque a vivere una tre giorni d’incontri all’insegna della pace e del dialogo. Trent’anni fa qui San Giovanni Paolo II volle radunare esponenti di tutte le religioni del mondo, la Comunità di Sant’Egidio, la diocesi della città di Assisi e le Famiglie francescane, che hanno raccolto e proiettato nel tempo quella sfida. Al microfono del nostro inviato Massimiliano Menichetti il sindaco di Assisi, Stefania Proietti:

 

R. – Per Assisi questa tre giorni è una grande opportunità, qualcosa che ha un valore spirituale incredibile, perché Assisi e i suoi abitanti - me compresa - ricordano 30 anni fa il momento di tregua e di preghiera per la pace, una unità che va al di là del credo, delle religioni, degli steccati. Ricordo che da bambina partecipai con la scuola, ma tutti rammentano quel momento come uno dei momenti storici vissuti dalla città ed è importante riviverlo oggi con un Papa di nome Francesco e in un momento diversissimo. Oggi, da sindaco, guardo l’organizzazione della sicurezza. E chi era qui 30 anni fa dice: “A livello di sicurezza tutto è cambiato, 30 anni fa era tutto molto più libero”. Oggi abbiamo dei protocolli di sicurezza rigidissimi. Il mondo fuori è cambiato, l’esigenza e la sete di pace, come hanno ben titolato gli organizzatori, sono enormi, ancora di più che in passato e forse anche per la grande eco che la guerra porta nei mass media.

D. - Lei e tutti qui ad Assisi ribadite che non è la religione a portare la guerra…

R. - Ha detto bene Papa Francesco andando a Cracovia: le guerre non sono di religione, smettiamola di dire queste fandonie. Le guerre sono fatte per le risorse della natura, per il dominio dei popoli. Le guerre vengono dalla grande iniquità globale di cui parla la “Laudato si’”. Le guerre, anche se guardiamo dove sono poste, vediamo che sono collegate ai grandi centri dove c’è l’energia, spesso fossile, il petrolio, collocate dove c’è una grande iniquità globale che, come su due piatti della bilancia, si sta rovesciando. Questo genera un dominio sui popoli ed una manipolazione, una tratta umana, le nuove schiavitù. Dire che sono guerre di religione è veramente una pellicola che dobbiamo toglierci dagli occhi a tutti i livelli, da quello delle istituzioni a quello quotidiano, perché non è così: è un voler annacquare quella che è la realtà. Le guerre derivano dalla grande iniquità globale che vige nel mondo e che tutti dobbiamo combattere. Questo chiaramente ha implicazioni immediate sulla crisi ambientale. Crisi ambientale e crisi sociale sono un’unica grande crisi.

D. - In questo senso le religioni possono contribuire a fornire una coscienza diversa?

R. - Assolutamente sì. E anche questo è stato percepito benissimo da Papa Francesco che riesce a dirlo con efficacia e semplicità, perché tutte le religioni perseguono la pace, la custodia del Creato, dei più fragili e dei poveri. Questi tre aspetti pace, custodia del Creato e opzione preferenziale per i poveri sono tre elementi di un unico insieme, di un unico problema complesso al quale va data un’unica soluzione. Le religioni, insieme, possono trovare questa unica soluzione. Qui non parliamo di sincretismo, parliamo di tavoli intorno ai quali le religioni si siedono insieme per seguire il bene comune, perché dietro alle guerre che vogliono farci passare per guerre di religioni ci sono solo interessi economici. Dobbiamo avere il coraggio che ha il Papa di dire questo su tutti i piani: quello dei cittadini, quello delle istituzioni ad ogni livello, quello della comunità internazionale.

D. - Assisi in questo evento è faro per il mondo. Qual è il suo augurio?

R. - Il mio augurio è che questo evento desti un moto veramente virale nelle coscienze mondali. Noi non possiamo aspettarci la pace solo dal trattato tra due grandi potenze. Come si dice alle Nazioni Unite, la pace la fanno gli uomini. Con un’azione non salveremo il mondo, ma sette miliardi di azioni possono fare la differenza. Quindi la pace può essere costruita con gesti concreti ogni giorno, con nuovi stili di vita più sobri che vadano a sanare quella grande iniquità globale, quello sbilanciamento che ci sta portando a tante ignominie che non possiamo far finta di non vedere. Credo che oggi il nemico maggiore della pace sia l’indifferenza.

D. - Nella lettera che le ha inviato nel mese di agosto, il Papa le ha lasciato una sfida e una consegna grandi, la comunanza di lavoro tra Comune e diocesi: le due piazze quindi non sono separate…

R. - Assolutamente no. Una sfida di questo programma politico, amministrativo per la città è stata proprio questa: la sinergia. In una città come Assisi, l’istituzione laica deve avere il suo peso - naturalmente, giustamente - e non può derogare dal suo ruolo, deve esserci. Deve esserci in sinergia con la realtà così particolare della Chiesa locale. E questo valore deve essere visto in un’ottica che ha un solo scopo: il servizio. Questa è stata un’altra mia sfida: dire che il politico non è un politico e basta, è un politico "al servizio". Io spesso mi definisco non il primo cittadino, ma il primo servitore. Mi piace molto questa definizione, perché il sindaco è la persona che deve essere più di tutti a servizio, visto che rappresenta una città, nel mio caso Assisi.








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