2016-09-19 19:54:00

Bombe Usa: arrestato giovane afghano parte di cellula attiva


Esplosioni a New York e in New Jersey. Il presidente Obama si rivolge alla nazione e rassicura: “Non ci sconfiggeranno mai, come americani, non ci arrenderemo alla paura", poi la conferma che non ci sono legami tra l’attacco rivendicato dall’Is in Minnesota sabato scorso e quelli di ieri. Intanto le indagini proseguono con l’arresto di un giovane afghano sospettato di essere parte di una cellula terroristica attiva. Il servizio di Gabriella Ceraso:

Obama non fornisce dettagli del sospettato arrestato subito prima del suo messaggio alla nazione, dal palazzo di vetro di New York, ma elogia le forze dell'ordine e i servizi di emergenza e soprattutto ringrazia i cittadini per aver rifiutato di cedere alla paura. "Nella lotta al terrorismo", ribadisce, "non ci arrenderemo", e “continueremo a guidare la coalizione contro l'Isis”. La nostra attenzione, ha assicurato il presidente, si concentra anche sul Minnesota - dove lo ricordiamo sabato, un uomo che l’Is ha riconosciuto come suo soldato, ha ferito 8 persone in un centro commerciale –ma non c’è legame con le esplosioni di ieri nel New Jersey e a Manhattan. Tra questi episodi invece una relazione c'è, e la si riscontra dall’esame degli esplosivi. Secondo la polizia in azione sarebbe una cellula con appoggi internazionali e uno dei componenti è stato arrestato nel giro di poche ore dopo la diffusione di una identikit e grazie ad una segnalazione. C’è stato un conflitto a fuoco e due agenti feriti, ma alla fine è finito in manette il 28enne Ahmad Khan Rahami, afghano naturalizzato americano, di Elizabeth in New Jersey, proprio dove la polizia ha trovato cinque ordigni simili a quelli newyorchesi. L’arresto dell'uomo è avvenuto poco distante, a Linden ora luogo blindato. Il giovane probabilmente ha legami con le 5 persone già fermate in giornata mentre in un’auto piena di armi cercavano di raggiungere l’aeroporto JFK. Il tema intanto entra nel dibattito dei candidati alla Casa Bianca, con un giro di accuse.Trump le rivolge a Obama perchè, sostiene, ha sbagliato strategia antiterroristica; la Clinton invece parla della retorica pericolosa dell’avversario e dell’assenza di un suo piano di sicurezza. Per la candidata democratica ora, davanti ad una minaccia reale, serve più prevenzione anche nel sistema dei visti oltre che sul reclutamento jihadista on line.

Francesca Sabatinelli ha intervistato il generale Leonardo Tricarico, ex capo di Stato maggiore dell’aeronautica, presidente della Fondazione Icsa, Intelligence Culture and Strategic Analysis:

R. – C’è da dire che nel 2005, un certo Abu Musab al-Suri dettò una nuova dottrina di comportamento e di interpretazione del terrorismo, che è passata un po’ inosservata. Però adesso ne stiamo vedendo le conseguenze. Al-Suri disse che non doveva esserci un’ organizzazione del terrorismo e che ognuno doveva agire per proprio conto,  che ognuno avrebbe dovuto avere un’idea da mettere poi in pratica. E questo ha causato – come vede adesso siamo a più di 10 anni – una polverizzazione delle attività degli interpreti di questo terrorismo nelle forme più disparate, perché poi naturalmente è stato aggiunto “Fate tutto quello che potete! Investite, usate qualsiasi tipo di armamento…”. Quindi questa è la conseguenza. Non dobbiamo ragionare più in termini di al-Qaeda, di una organizzazione con un capo: adesso, purtroppo, dobbiamo misurarci con dei soggetti singoli, ognuno dei quali interpreta a modo suo il dovere di compiere un attentato. Credo che ci troviamo in questa fattispecie, che non ci deve più stupire, ma che deve – in qualche modo – farci abituare a convivere con queste possibilità, che da un momento all’altro, in qualsiasi angolo del mondo, si possano compiere attentati di qualunque tipo.

D. – Quindi diciamo che – mi passi il termine – dal modello “attacco 11 settembre 2001” siamo passati al modello “lupi solitari”, come quelli che abbiamo visto colpire in Europa…

R. – Eh sì! E’ proprio così! E’ una verità parziale, questa, ma lo è comunque. Ogni contesto naturalmente trova delle espressioni diverse. Per cui in Francia e in Belgio abbiamo assistito a delle organizzazioni militari e quindi alla perpetrazione di attentati che avevano una loro strutturazione, con più persone, con una preparazione, con una organizzazione, e questo perché? Perché le periferie erano più infestate e più strutturate e lo sono tutt’ora. La periferia sociale americana, evidentemente, può non comportare una organizzazione e un attentato di tipo militare, ma una espressione singola come quella di questi giorni e come quella di qualche anno fa e la Maratona di Boston – per esempio - è un caso molto simile.

D. – Questa strategia, questo attacco alla ‘lupo solitario’ rende estremamente più difficile una sorta di autodifesa…

R. – E’ molto più difficile, certamente. Noi (in Italia ndr) siamo fortunati – fra virgolette, fra molte virgolette – sia perché la nostra organizzazione è molto efficiente, sia per le dimensioni del fenomeno che sono molto più contenute. Diverso è negli Stati Uniti, diverso è in Francia, diverso è in altri Paesi che, purtroppo, non hanno – virgolette ancora – la fortuna che abbiamo noi. Perché noi ne abbiamo cento e loro ne hanno mille da seguire! E non si possono seguire tutti e mille… Le dimensioni delle periferie infestate in Francia sicuramente non consentono alle forze investigative di tenere tutto sotto controllo, perché è chiaro che è un controllo che va fatto sulla persona e non sull’area o sull’organizzazione. Parlavamo di lupi solitari, che – appunto – uno per uno vanno tutti presi in cura e seguiti singolarmente. Naturalmente le dimensioni del fenomeno potrebbero non consentire l’utilizzo di queste metodologie in altri Paesi. Qui ancora lo consentono.

D. – Tutto questo riporta al fatto che queste persone, questi individui così difficili da controllare, ma con un bagaglio evidentemente di frustrazione e di repressione sociale, fanno poi riferimento a quella che è la parola di al-Baghdadi o del cosiddetto Stato Islamico. Alla fine a quello torniamo…

R. – Sempre lì torniamo! Torniamo soprattutto ai metodi di divulgazione dell’odio, degli ordini, delle direttive e delle strategie, che purtroppo oggi sono molto semplici, molto efficaci, sono tutti connessi e tutto viaggia via Internet. Noi ci ostiniamo a garantire a tutti un accesso e una libertà di movimento senza limiti e queste sono purtroppo le conseguenze. Bisognerà cominciare a fare dei pensieri un po’ più seri sulla sicurezza collettiva, per la quale bisognerà sacrificare qualche libertà. Comunque bisognerà aprire un dossier su questo, possibilmente non a ridosso dello scoppio delle bombe, salvo poi dopo 2-3 giorni dimenticarsene. 

 

 








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