Migliaia di volontari della fondazione Abio domani, sabato 24, saranno in 150 piazze d'Italia per far conoscere la loro attività quotidiana: stare accanto ai bambini in ospedale. E' questa la dodicesima Giornata Nazionale Abio, con l'obiettivo anche di invitare i cittadini a impegnarsi come volontari o a sostenere l’Associazione con una donazione. A chi farà una donazione sarà regalato un cestino di pere. Alessandro Guarasci ha intervistato il vice presidente dell'associazione, Eugenio Bernardi:
R. – I nostri volontari, per l’appunto, fanno la differenza, nel senso che sono i primi testimoni dell’associazione e sono quelli che possono raccontare meglio che cosa facciamo negli ospedali, cosa facciamo con i bambini, come aiutiamo loro e le loro famiglie. Quindi direi che è una giornata che è nata per sensibilizzare sul nostro volontariato e sulla nostra associazione; e i numeri crescenti di anno in anno ci stanno dando ragione, perché effettivamente la gente partecipa e si interessa.
D. – Bernardi, come sta cambiando e come è cambiata in questi anni la percezione dei medici e degli infermieri nei vostri confronti?
R. – La percezione è cambiata, nel senso che quando l’associazione è nata, una quarantina di anni fa, per i medici non eravamo nulla di più di qualcuno che intratteneva i bambini in ospedale. Oggi come oggi è proprio la figura del volontario che si è molto evoluta; e quindi, di conseguenza, anche la nostra: i nostri volontari sono volontari e rimangono tali, però, prima di arrivare in ospedale accanto a dei bambini e delle famiglie, fanno un corso di formazione che li prepara al volontariato. Un corso di formazione del genere una volta sarebbe stato difficile anche solo da proporre, ma questo è perché noi vogliamo che il volontario sia un volontario “professionista”; e questo corso di formazione lo aiuta in qualche modo a prepararsi a all’impatto sia con la struttura ospedaliera che con il bambino e con tutti i problemi che l’ospedalizzazione di un bambino comporta anche alla famiglia.
D. – Secondo voi, che cosa deve cambiare oggi negli ospedali italiani nell’approccio nei confronti dei bambini?
R. – Quello che dovrebbe cambiare – ma purtroppo questo è un problema di sanità, non di volontariato e di attenzione tra medici e volontari – spesso è la struttura: alcuni ospedali sono vecchi, per cui magari alle volte per i bambini e le loro famiglie è un problema anche l’ospedalizzazione. Abio da qualche anno si batte anche da questo punto di vista, perché da anni promuove la Carta dei diritti dei bambini e degli adolescenti in ospedale: una carta che riporta i punti essenziali, i diritti fondamentali die bambini in ospedale. E a giorni presenteremo al ministero della Salute un manuale per certificare l’accoglienza in ospedale, e quindi per indicare come, secondo le normative, andrebbe strutturato anche il reparto di pediatria. Detto questo, per fortuna il rapporto tra medici, infermieri e volontari in questi anni è migliorato tantissimo. L’importante per i nostri volontari è sempre ricordarsi che non siamo in casa nostra; quindi loro devono fare il loro servizio, ma con discrezione e tutte le attenzioni del caso.
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