2016-09-24 14:19:00

Siria, raid su Aleppo. Il parroco: colpita comunità cristiana


Sono almeno 25 i civili uccisi negli ultimi bombardamenti aerei su Aleppo, nella parte settentrionale della Siria, dopo che ieri i raid delle forze del regime di Damasco e russe sui quartieri in mano ai ribelli avevano provocato una novantina di vittime. Il servizio di Giada Aquilino:

Aleppo continua a bruciare. L’Osservatorio nazionale per i diritti umani denuncia continui attacchi aerei: tra le vittime, molti bambini, in particolare nel villaggio di Beshqati a ovest della città. Damasco nega di aver centrato obiettivi civili, ma afferma di aver bombardato esclusivamente “posizioni terroriste”. La situazione per gli abitanti peggiora: l’Unicef parla di due milioni di persone nuovamente senza acqua corrente ed elettricità a causa dei combattimenti. A New York, a margine dei lavori dell’Assemblea generale dell’Onu, nessun passo avanti concreto per ristabilire la tregua mediata da Usa e Russia, ma i capi delle diplomazie di Washington e Mosca, John Kerry e Serghei Lavrov, hanno parlato di “piccoli progressi” nelle trattative, puntando a “preservare” il cessate-il-fuoco raggiunto il 9 settembre scorso a Ginevra e di fatto saltato sul terreno. In particolare, il Cremlino invoca una nuova indagine sul raid contro il convoglio Onu di aiuti umanitari colpito nei giorni scorsi nei pressi di Aleppo, esaminando anche “i proiettili” usati.

Per una testimonianza, Giada Aquilino ha intervistato padre Ibrahim Alsabagh, parroco della Chiesa di San Francesco d’Assisi ad Aleppo e responsabile della locale comunità latina:

R. – Sicuramente, viviamo una grande confusione e una grande instabilità. Quando infatti le potenze internazionali non si mettono d’accordo o si mostrano come rivali, tutto ciò si riflette sulla nostra vita quotidiana. Negli ultimi giorni non abbiamo potuto dormire la notte, per quanti bombardamenti che abbiamo sentito. Anche nella nostra zona, a ovest della città, nella nostra comunità cristiana e in modo speciale in quella latina, per le bombe e i missili caduti sulle abitazioni ci sono stati morti e feriti. Un giovane, un padre di famiglia, è rimasto colpito l’altro ieri, quando è caduto un missile sulle abitazioni vicine. E’ stato ricoverato e, ringraziamo il Signore, è rimasto in vita, anche se adesso però porta i segni sul corpo di questa violenza. In più, in questo momento, ci sono l’incertezza, l’amarezza della gente e la paura del futuro.

D. – Quali quartieri in particolare sono stati colpiti? Si è detto i quartieri in mano ai ribelli…

R. – Parlo dei nostri quartieri, come Azizieh, che sono in una zona sotto il controllo dell’esercito regolare e dove, appunto, è caduto un missile l’altro ieri che ha colpito civili.

D. – C’è di nuovo emergenza idrica, ha detto l’Unicef. Cosa serve?

R. – Serve tutto. Ormai se parliamo dell’acqua, non possiamo dimenticare il cibo, con i prezzi degli alimenti alle stelle. Non possiamo dimenticare le medicine. Non possiamo dimenticare tutti gli altri bisogni. Siamo sempre di corsa, per cercare di soccorrere la gente, per quanto riusciamo, con tutti i mezzi che sono in nostro possesso.

D. – In queste ore, la diplomazia ha lavorato e si punta a preservare la tregua del 9 settembre. Ma poi, di fatto, sul terreno è stata rispettata? C’è ancora? O ormai è solo un ricordo?

R. – Il problema è la confusione tra le parti cosiddette moderate e le parti cosiddette fondamentaliste sul terreno. Da una parte, i russi e anche l'esercito regolare avevano detto che la tregua doveva essere rispettata per i gruppi moderati. Invece, contro al-Nusra, contro al-Qaeda e contro il sedicente Stato islamico i bombardamenti sarebbero continuati senza sosta. Qualche volta la non chiarezza e la non collaborazione fra tutte le parti presenti sul terreno – parlo anche delle forze internazionali, di altri Paesi esterni – è quello che crea più confusione.

D. – Vi sentite abbandonati in un certo senso?

R. – Sicuramente no. Da una parte, sentiamo grande dispiacere e insoddisfazione a livello internazionale, quando vediamo che non si arriva a un chiarimento, a un accordo. Dall’altra parte, però, ci sentiamo molto amati, assistiti prima di tutto da parte della Chiesa, con il Papa che sempre richiama e chiama tutte le parti, e anche dai tanti, tantissimi cristiani di tutto il mondo e da persone di buona volontà che si sentono responsabili della sorte delle famiglie che soffrono qua ad Aleppo.

D. – Da parroco, qual è la speranza che ha raccolto tra i suoi fedeli?

R. – Nel cuore, sentiamo che non prevarranno queste ondate di male e questo vento terribile che tira e che preannuncia una tempesta. Quando parlo, non parlo soltanto della comunità cristiana, parlo anche di tutte le persone che vivono qua, che subiscono questa guerra assurda. Quindi, parlo di tutta Aleppo, di tutti i cittadini, di tutte le religioni e di tutte le appartenenze.








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