2016-09-26 17:03:00

Svizzera. Sebastiani: la questione frontalieri va affrontata


Molte le dichiarazioni critiche dal mondo politico italiano dopo l'approvazione, ieri, del referendum in Ticino sui limiti ai lavoratori frontalieri. L’iniziativa "Prima i nostri", promossa dalla destra nazionalista locale, ha conseguito il 58% dei voti favorevoli.  Il referendum anti-frontalieri non ha per ora effetti pratici, ha scritto in un tweet il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, ma senza la libera circolazione delle persone i rapporti Svizzera-Ue sono a rischio. Adriana Masotti ha chiesto al presidente dell’Associazione Frontalieri Ticino, Eros Sebastiani, se si aspettava questo tipo di risultato:

R. – Sì, assolutamente sì. Ci aspettavamo questo risultato, anche perché dopo il risultato del referendum federale, nel 2014, dove c’era addirittura oltre il 64% di adesione favorevole alla non libera circolazione, ci aspettavamo dei risultati ancora peggiori.

D. – Adesso cambierà qualcosa?

R. – Guardi, questo referendum non è un problema, c’è una prassi molto lunga. Il problema oggi è il referendum avvenuto nel 2014, perché entro tre anni Berna dovrà pronunciarsi sulla libera circolazione delle persone e altre cose. Quindi entro febbraio ci aspettiamo delle problematiche. Inoltre, dal 1 novembre le piccole imprese italiane avranno difficoltà a venire a lavorare in Ticino, non in Svizzera, perché dovranno dimostrare di avere capacità, di avere comunque un’attività ben particolare, altrimenti non potranno.

D. – Ma questo riconoscimento è facile da ottenere?

R. – E’ una Commissione svizzera che decide, ma non si sa ancora bene come verrà gestita la cosa.

D. – Lei diceva che il problema maggiore non è tanto questo referendum, ma quello del 2014. La differenza tra questi due referendum?

R. – Questa qui è una proposta di legge fatta da un partito politico ticinese, che ha avuto la maggioranza. Quindi adesso un’idea su questo problema arriverà a Bellinzona. Bellinzona deve valutare, deve fare un tavolo di lavoro – come viene chiamato – e può portare le problematiche a Berna. Il referendum del 2014 è stato un referendum popolare in tutti i Cantoni, che hanno detto: “Sì, noi vogliamo bloccare questo movimento di immigrazione”.

D. – Quindi questa consultazione, quella di domenica, cos’era…

R. – Un campanello di allarme per dire: “Guardate che abbiamo ancora lo stesso malessere di due anni fa”? E’ probabile. “Guardate che è un problema che nel Ticino ci siano gli stipendi più bassi del resto della Svizzera? Assolutamente sì, ma non è sicuramente del frontaliero il problema dello stipendio basso. Non funziona così. E’ il datore di lavoro che fa la legge di mercato, la domanda e l’offerta. “Io ti offro il posto di lavoro a 3000 farnchi, lo accetti?” Sì o no. “A 2000, lo accetti?” Sì o no. In Svizzera veramente pochissime attività hanno i contratti collettivi, tutto si basa sul libero mercato. Quindi, io, datore di lavoro, decido quanto pagarti. C’è un minimo, capiamoci, ma poi è veramente…

D. – Ci vorrebbero più controlli…

R. – Più controlli, ma poi dovrebbero cambiare anche le legislazioni, tante cose. Ci sono, però, pochi ispettori. Insomma, i problemi ci sono, non è che non ci siano in Svizzera, perché chiaramente questo vuol dire spaccare completamente il mercato.

D. – E come si lavora in questo clima?

R. – I nostri frontalieri hanno sempre lavorato in modo serio… Professionalità sicuramente ne abbiamo da vendere.

D. – E lo stato d’animo?

R. – Diciamo che noi cerchiamo, come Associazione, di fare dei ponti, per cercare di abbassare e stemperare i toni. Sicuramente non è bello, tutti i giorni o ogni tanto, sentirsi dire: “ Italiano qui, italiano là”, usando dispregiativi che non voglio ripetere.  

D. – Ma la Svizzera ha bisogno degli italiani? C’è chi dice che le aziende hanno bisogno di manodopera e senza, appunto, gli italiani tante attività si fermerebbero…

R. – Allora, se ci sono 62 mila frontalieri e ci sono 12 mila persone, ticinesi, indigeni,  che sono a casa tra disoccupati e gente in assistenza, è ovvio che se anche tutto il Canton Ticino andasse a lavorare subito, domani mattina, comunque avrebbe bisogno di 50 mila frontalieri, altrimenti si chiuderebbero le fabbriche, si chiuderebbero i lavori terziari. Ma non più solo le fabbriche: ci sono banche, fiduciarie, supermercati, chi fa il pane nei centri commerciali, i pasticcieri, i bar, i ristoranti… Un lavoratore su tre è frontaliero. E’ chiaro, però, che su questi numeri può esserci un ‘problema di stomaco’. Lei calcoli che noi siamo 60 milioni di italiani e che se dovessimo fare entrare 20 milioni di persone tutti i giorni in Italia e poi farli uscire la sera - entrare ed uscire – è chiaro che questo comporterebbe delle problematiche, ma le problematiche vanno prese e vanno risolte dove ci sono. Invece sembra che il problema sia il frontaliero: aumentano gli affitti, il problema è del frontaliero; aumenta la cassa malati, il problema è del frontaliero; aumenta qualunque cosa, il problema è del frontaliero. A forza di dire questo, la gente chiaramente finisce per crederci. Se racconto una bugia e continuo a dirla, alla fine diventa verità.  








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