2016-09-27 16:51:00

Crisi in Siria e Iraq: Papa riceverà giovedì organismi di carità


Sarà personalmente Papa Francesco ad aprire i lavori, giovedì in Vaticano, della nuova riunione sulla crisi umanitaria siriana e irachena, promossa dal Pontificio Consiglio “Cor Unum”. Riceverà infatti i partecipanti all’incontro, che rappresentano 40 organismi di carità cattolici, riuniti per fare il punto su una delle “più gravi” crisi degli ultimi decenni. In Siria intanto si aggrava ulteriormente la situazione ad Aleppo, dopo i bombardamenti del regime di Damasco e russi. Ce ne parla Giada Aquilino:

Oltre 100.000 bambini costretti a bere acqua contaminata. Lo denuncia l’Unicef, rivelando che gli ultimi attacchi – che hanno causato altre 11 vittime - hanno danneggiato le stazioni di pompaggio che fornivano acqua pulita a 250.000 persone nella parte orientale di Aleppo. Ora si beve da “fonti non sicure”, da “fori superficiali nelle tubature” o da “pozze d'acqua” provenienti da tubi rotti. Cresce dunque il rischio epidemie in una città già stremata. Secondo fonti governative, l’esercito starebbe avanzando nel centro storico e nel quartiere di Farafra, controllato dai ribelli. Tensioni anche al confine con la Turchia: le guardie di frontiera di Ankara hanno ucciso 12 civili nelle ultime 24 ore. Intanto giovedì in Vaticano si vedranno 40 organismi di carità cattolici per una nuova riunione sulla crisi umanitaria siriana e irachena, definita una delle “più gravi” degli ultimi decenni: l’incontro è promosso dal Pontificio Consiglio “Cor Unum”. Ad inizio lavori, i partecipanti saranno ricevuti da Papa Francesco.

È stallo intanto nei negoziati per la pace in Siria. A chiare lettere, ieri, l’inviato speciale dell’Onu in Siria Staffan De Mistura ha detto: “senza un accordo tra russi e americani non si può risolvere la crisi siriana”. Ma le posizioni di Washington e Mosca sembrano allontanarsi. E’ dunque saltata l’ipotesi di un Summit sulla crisi siriana sotto l’egida della Nazioni Unite. Roberta Gisotti ha intervistato Andrea Ungari, docente di Storia e teoria dei Movimenti e dei Partiti politici all’Università Luiss di Roma, tra i curatori dell’Atlante geopolitico del Mediterraneo.

D. Prof. Ungari, Stati Unit e Siria appaiono sempre più i veri protagonisti della scena bellica?

R. – Sì, senz’altro. La contesa è tutta fra queste due superpotenze, che si stanno giocando un ruolo egemonico nell’area. C’è una convinzione abbastanza evidente sia da parte della Russia che gli Stati Uniti – e in parte hanno ragione, perché le prove poi sono emerse - hanno finanziato sin dall’inizio movimenti terroristici, compresi i movimenti affiliati ad al-Qaeda, in funzione anti-Assad. Quindi, in qualche maniera, per destabilizzare l’area e per sottrare una pedina, che era sempre stata legata a Mosca, che è appunto quella del regime del presidente Assad.

D. – Ma al momento su cosa Usa e Russia non trovano un accordo per la pace, invocata a parole da tutti?

R. – Io credo che la contesa tra Stati Uniti e Russia in Siria è, né più né meno, la contesa che si era creata lo scorso anno per quanto riguarda la zona del Centro Europa, l’Ucraina. Forse c’è probabilmente una nuova stagione di ‘guerra fredda’ fra le due superpotenze, che si sta sviluppando ad ampio raggio e che non riguarda solamente la Siria. Dal punto di vista americano il problema è che ci sono molte divisioni all’interno del governo, con un Presidente che sta uscendo di scena e che sta lasciando la guida del potere ai due contendenti che si stanno battendo per la competizione elettorale; ma anche all’interno del Dipartimento di Stato ci sono posizioni divergenti rispetto alla volontà di arrivare ad un accordo con la Russia. Per esempio: sia il Segretario alla Difesa, Ash Carter, sia il direttore della National Intelligence, James Clap, hanno sempre messo in evidenza la volontà di non collaborare con la Russia per il necessario scambio di informazioni per combattere il movimento terroristico al-Nusra, l’Isil.

D. – Che dire delle accuse che sono piovute su Mosca di barbarie e crimini di guerra sul territorio siriano? Accuse fatte dagli Stati Uniti, appoggiate anche da Gran Bretagna, Francia e Germania… Comunque un elemento, anche per contrastare i negoziati?

R.  – Non è solamente un aspetto pretestuoso, perché i bombardamenti, che si sono stati da parte del regime di Assad, con l’apporto russo, nei confronti delle formazioni moderate supportate dagli Stati Uniti, sono state accuse oggettive; come oggettivo è stato l’abbattimento del convoglio umanitario dell’Onu: motivo per cui sono stati sospesi i rifornimenti umanitari in quella zona. Dall’altra parte, però, va pure detto che c’è stato un intervento degli Stati Uniti che ha distrutto una base governativa del regime di Assad e che ha portato alla morte i 62 militari. Quindi, in una situazione del genere, è sempre molto difficile stabilire di chi siano le responsabilità.

D. – In questo momento, dunque, bisogna fare delle valutazioni pessimiste su una possibilità di far cessare le armi in Siria?

R. – Assolutamente, questo per una serie di motivi. Il primo, appunto, per le incertezze e le divisioni all’interno del Dipartimento di Stato dovute al cambio di guida ai vertici della Casa Bianca, che impedirà di prendere posizioni ferme fino a che non verrà eletto il nuovo Presidente statunitense. In secondo luogo c’è tutto un problema di alleanze e di scontri geopolitici, che si stanno combattendo nell’area: la Russia sta cercando di lanciare una propria posizione egemonica nel quadrante del Medio Oriente attraverso l’alleanza con l’Iran e la Cina; dall’altra parte gli Stati Uniti sono alleati con tutta una serie di regimi, comprese le monarchie del Golfo, in particolar modo l’Arabia Saudita, che vogliono l’abbattimento del regime di Assad. L’Arabia Saudita che è, tra l’altro, indicata come uno dei principali finanziatori di Daesh (Is). Quindi una situazione veramente molto complessa, che richiederà da parte di tutti e due i contendenti una presa di posizione abbastanza netta, soprattutto nei confronti di regimi e monarchie/governi che alimentano il terrorismo a livello internazionale. 








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