2016-09-29 12:31:00

11 settembre: Congresso respinge veto di Obama su risarcimenti


Il Congresso americano annulla il veto di Obama sulla legge che permette ai sopravvissuti e ai familiari delle vittime degli attentati dell'11 settembre di chiedere risarcimenti al governo dell'Arabia Saudita. E' la prima volta che il presidente vede rifiutare un suo veto, il dodicesimo. Obama definisce la presa di posizione un grave errore, che può creare problemi nelle relazioni internazionali. Eugenio Murrali ha chiesto il senso di questa scelta del Congresso all'americanista, Mattia Diletti:

  

R. – La cosa più facile da dire è che è il tipico caso in cui il presidente è un’”anatra zoppa” è a fine mandato ed è facile anche cercare di mettergli i bastoni tra le ruote, perché è più debole. La cosa importante, però, da sottolineare è che anche i Democratici hanno sostenuto la legge e anche Democratici molto importanti. Obama è abituato a litigare con il Congresso. In questo momento, quello che si vede è che il Partito democratico sta andando oltre Obama: evidentemente qualcuno pensa che questo possa provocare un vantaggio elettorale nei propri collegi. Di solito, in queste occasioni, sono i deputati democratici che sono a rischio in collegi dove sono forti i Conservatori a cercare di andare contro il presidente del proprio partito: è una dinamica anche questa abbastanza consueta. Non è chiaro come possa funzionare dal punto di vista legale, perché non è dimostrabile – non lo hanno fatto nemmeno le Commissioni preposte – una relazione diretta tra gli attentatori e il governo saudita. Il punto però è di natura tutta politica. Noi dobbiamo vedere questa legge su due fronti: sul fronte interno, si tratta di una legge che dà una certa risposta all’opinione pubblica: troviamo un capro espiatorio e sarà possibile finalmente per le famiglie perseguire i colpevoli. Una risposta populistica e molto semplice. Sul piano geopolitico, è chiaro che aumenta il conflitto tra Stati Uniti e Arabia Saudita. È vero che a provocarlo all’inizio è stato lo stesso Obama, riuscendo a costruire l’accordo con l’Iran – questo avendo i sauditi contro – ma in questo momento lui ha cercato di frenare perché non vuole esacerbare il conflitto. È evidente che in questo momento c’è la volontà da parte dell’establishment, sia democratico che repubblicano, di mettere pressione sull’Arabia Saudita, anche perché su molti dossier divergono i punti di vista: sulla Siria e anche sullo Yemen dove – ricordiamoci – i sauditi sostanzialmente stanno intervenendo militarmente.

D. – Quindi, quali possono essere le conseguenze sul piano internazionale?

R. – L’unica conseguenza reale è vedere se i sauditi reagiranno o meno a questa che sicuramente sentono come una provocazione. E il modo di reagire può essere esacerbare le linee di conflitto in Medio Oriente sui dossier sui quali Stati Uniti e Arabia Saudita divergono. E l’altro elemento è quello di colpire l’America economicamente, nel senso che i sauditi hanno molti asset e proprietà negli Usa – hanno i loro Buoni del tesoro – e bisognerà capire quanto sono  intenzionati a reagire. Considerando che in questo momento l’Arabia Saudita è sotto pressione, perché è una società, un sistema politico-istituzionale che traballa, e ci sono spinte forti al cambiamento che, come spesso accade in Medio Oriente, quando cominciano non si sa bene dove vanno a finire.

D. – C’è la paura però, da parte degli americani, che questo precedente possa creare delle rogatorie internazionali anche contro di loro?

R. – Questo per gli Stati Uniti è un vecchio tema e sicuramente questo apre la strada anche in quella direzione. Io penso che però in questo momento sia più importante proprio l’aspetto geopolitico di questa vicenda: il tema è quello delle relazioni tra Stati Uniti e Arabia Saudita che sono in rapida trasformazione. Certamente quello, però, sarà un problema e ha ragione Obama a pensare che bisognerà “pagare caro” tanti avvocati per lavorare su eventuali richieste da parte di altri Paesi.

D. – Questa situazione può incidere anche sulla campagna elettorale?

R. – Non particolarmente, perché la campagna elettorale in questo momento è incentrata su altro. L’unico che potrebbe tirare fuori la questione è Donald Trump, ma non credo che sia nella sua agenda. Se avete visto il dibattito, il grande nemico nella retorica di Trump è il Messico, non l’Arabia Saudita.








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