Uscita con scarso successo negli Stati Uniti, arriva oggi nelle sale italiane una nuova versione delle famose vicende di "Ben-Hur", la cui vita si intreccia in Palestina con quella di Cristo. Un film che mantiene gli aspetti spettacolari originali, ma si concentra molto più sul messaggio di riconciliazione e di perdono di Gesù. Il servizio di Luca Pellegrini:
Nel 1959 era stato Charlton Heston a interpretare il principe ebreo Giuda Ben-Hur in un film che divenne subito storia, con 11 premi Oscar: il regista William Wyler in trionfo, sceneggiatori licenziati uno dopo l'altro, un anno solo per le ricerche e la preparazione dei diversi set. E una certezza: che dopo le versioni mute del 1907 e del 1925 - quest'ultima un vero capolavoro, girata da Fred Niblo con un grande Ramon Novarro - nessuno avrebbe mai tentato, o rischiato, di prendere nuovamente tra le mani il romanzo storico che Ben Wallace aveva scritto nel 1880, lui generale americano durante la Guerra civile, spirito avventuroso, fervente cristiano. Il suo Ben-Hur: un racconto di Cristo, tradotto in Italia nel 1900, che è rimasto uno dei più venduti best seller di tutti i tempi, non poteva mettere nuovamente in pericolo produttori e artisti.
Meno vendetta, più perdono
Ma, inaspettatamente, Timur Bekmambetov, regista kazako di stanza a Los Angeles, dopo
aver esitato per lunghissimo tempo, ha accettato l'offerta della Paramount che gli
ha proposto di girare una nuova versione di "Ben-Hur". "Il potere, l'avidità e il
successo - ha confessato il regista - come ai tempi dell'Impero romano governano il
mondo, le persone cercano di ottenere tutto in una gara sempre più dura e solo pochi
si rendono conto che i veri valori, quelli senza tempo, sono la collaborazione e il
perdono". Girato a Matera per gli esterni e a Cinecittà per gli interni, interpretato
da Jack Huston, il nuovo "Ben-Hur" è meno eroico e più tormentato dalle vicende che
investono la sua terra. Soprattutto, acquistano spessore e presenza la figura di Gesù
e il suo messaggio, che tocca anche il tribuno romano Messala. Tutti i personaggi,
in fondo, hanno un percorso interiore che si abbevera della presenza del Messia: il
film è molto più concentrato sul perdono e la conversione, che non sulla vendetta.
Fino a quando Bekmambetov, colpito dall'eco delle tragedie di oggi, decide di girare
un finale carico di significati, attardandosi sulla cavalcata che riunisce il giudeo
e il romano, prima nemici, ora tornati fratelli, che insieme vanno verso il futuro
del loro mondo.
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