2016-09-29 12:44:00

Lazzarotto: da Peres esempio di impegno comune per la pace


Scortato da un drappello militare e coperto con la bandiera israeliana, il feretro dell'ex Presidente Shimon Peres, morto ieri all’età di 93 anni, ha raggiunto la Knesset, sede del Parlamento israeliano a Gerusalemme: lì è stata allestita la camera ardente che proseguirà fino a sera. Domani i funerali, alla presenza delle più alte cariche istituzionali di tutto il mondo. Alla cerimonia sarà presente anche una delegazione della Santa Sede, a cui prendono parte l’arcivescovo Antonio Franco, già nunzio apostolico a Gerusalemme, e l’arcivescovo Giuseppe Lazzarotto, attuale nunzio apostolico in Israele.

In quasi 70 anni di attività pubblica, Peres fu a lungo esponente di primo piano del Partito Laburista israeliano. Prima di divenire capo dello Stato, rivestì alti incarichi di governo, compresi quelli di premier e ministro degli Esteri. Nel 1994 gli era stato assegnato il Premio Nobel per la Pace insieme a Yitzhak Rabin e Yasser Arafat per gli sforzi nel processo di pace in Medio Oriente, culminati con gli Accordi di Oslo. Aveva conosciuto tre Pontefici: Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco. Proprio dall’incontro con Papa Bergoglio muove il ricordo dell’arcivescovo Giuseppe Lazzarotto, intervistato da Giada Aquilino:

R. – Io ho incontrato personalmente il Presidente in varie occasioni - sempre occasioni ufficiali - e soprattutto per la visita di Papa Francesco in Terra Santa, nel 2014. Ci fu un lungo colloquio del Santo Padre con il Presidente e poi un incontro, meno formale, nei giardini della residenza del Presidente, alla presenza di tanti invitati. E ricordo con piacere soprattutto la partecipazione di un gruppo di bambini e bambine, che cantarono e danzarono. Ebbi veramente l’impressione di essere in famiglia, con due ‘nonni’ che guardavano compiaciuti i loro nipotini, e pensai che quella rimane la strada che dovremmo seguire per trovare tutti insieme la soluzione al problema che affligge tante persone, qui in Terra Santa e in Medio Oriente in maniera più ampia, cioè la mancanza di una pace vera, che aiuti a vivere insieme come fratelli, rispettandoci gli uni con gli altri nelle nostre differenze, ma tutti uniti per una causa che, se non viene vissuta e combattuta insieme, è persa in partenza. Mi pare che, come ha detto il Santo Padre nel suo messaggio di cordoglio, questa sia l’eredità importante che il Presidente Peres lascia: dobbiamo tenere vivo lo sforzo da parte di tutti di impegnarci per la pace e per la riconciliazione. Come sottolinea il Papa, dobbiamo riflettere in questa occasione, che è un’occasione triste, ma anche un’occasione importante per Israele, per tutti quanti noi - soprattutto per noi che viviamo qui - e scoprire in che modo possiamo continuare ad andare avanti su questa strada, che è essenziale.

D. – Proprio il Pontefice ha auspicato che la memoria di Shimon Peres ispiri tutti a lavorare con sempre maggiore urgenza per la pace e la riconciliazione tra i popoli. Che periodo è per il processo di pace?

R. – Per il momento i colloqui sono stati interrotti - già da molto tempo - e tutti auspicano che possano presto riprendere. Però non c’è alcuna indicazione concreta. Naturalmente noi auspichiamo che questo avvenga e facciamo tutto il possibile. Dico noi, intendendo le comunità cristiane, ma non solo: anche tanti uomini di buona volontà, da una parte e dall’altra, che vogliono che i responsabili trovino questa strada comune. Come dice sempre il Santo Padre, c’è bisogno di gesti coraggiosi da parte dei politici, quelli che hanno in mano le sorti dei popoli.

D. – Come raccogliere l’eredità di Peres in Israele?

R. – Io spero, mi auguro e sono sicuro che ci siano tante persone di buona volontà in Israele che sanno come raccogliere questa eredità, tenerla viva e metterla a buon frutto per il futuro.

D. – In questo momento, in cui viviamo il dramma della crisi siriana e irachena, si sente un certo vuoto a livello anche internazionale sulle sorti del processo di pace israelo-palestinese?

R. – Mi pare che manchi una visione comune, concordata, per quanto è possibile. Ci si muove un po’ così, ogni Paese rispondendo a situazioni immediate o ad altri eventi. Mi pare, però, che sarebbe importante se si riuscisse ad avere un progetto comune su cui lavorare. Per fare questo, però, ci vuole appunto coraggio.








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