2016-09-29 12:00:00

Parolin: Francesco in Georgia e Azerbaigian per l'unità e la pace


Una missione per la pace e per l'unità: così il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin descrive il viaggio che Papa Francesco compirà in Georgia e Azerbaigian dal 30 settembre al 2 ottobre. Ascoltiamo il porporato al microfono di Barbara Castelli, del Centro Televisivo Vaticano:

R. - Direi che questo viaggio in Azerbaigian e in Georgia in certo senso completa la visita nel Caucaso meridionale che il Santo Padre ha iniziato nello scorso mese di giugno visitando l’Armenia. Si tratta di tre Paesi di molta storia e di antica cultura, ma anche diversi tra di loro. Era abbastanza naturale che il Santo Padre li visitasse tutti e tre, come di fatto sta facendo, venendo anche incontro agli inviti delle autorità ecclesiastiche della Chiesa cattolica e delle autorità civili. Papa Francesco va sempre, lo abbiamo visto anche in Armenia, come un amico, soprattutto per incontrare: incontrare le persone, incontrare le realtà così differenziate, per incontrare i popoli, per favorire questa cultura dell’incontro che gli sta tanto a cuore. E ovviamente a questa cultura dell’incontro è vincolato tutto il tema della pace. Quindi, il Papa certamente porrà al centro del suo insegnamento e della sua presenza proprio questo favorire in ogni modo la pace, la riconciliazione e l’intesa. Poi, come sempre, l’incontro con la Chiesa cattolica per incoraggiarla per andare avanti nella sua vita e nella sua missione.

D. - Quale è la situazione della Chiesa oggi in Georgia e quali sono le sfide per la società?

R. - Sappiamo che la Georgia è stato uno dei primi Paesi che ha accettato il cristianesimo in forma ufficiale attraverso l’opera evangelizzatrice di una santa, di una donna – sottolineiamo anche questo – santa Nino del IV secolo. Ancora oggi la caratteristica, l’impronta della società georgiana è cristiana. Il Papa va anche per incontrare questa Chiesa, la Chiesa ortodossa georgiana, il suo Catholicos patriarca Ilia II, per cercare di stringere, di favorire, di promuovere reciproci legami di amicizia, vincoli di amicizia. Per quanto riguarda la Chiesa cattolica, è certamente una realtà minoritaria, una realtà piuttosto piccola, limitata, ma che ha una presenza significativa: è presente in tutte le regioni del Paese attraverso i suoi tre riti – latino, armeno e assiro-caldeo – e, diciamo, realizza molte altre opere, oltre che dal punto di vista pastorale, soprattutto nel campo della carità e dell’assistenza e nel campo anche educativo. Vorrei sottolineare anche l’importanza del fatto che la Chiesa cattolica, come tutte le minoranze religiose, gode di uno statuto giuridico ben preciso. E questo evidentemente aiuta il suo inserimento in quella realtà e lo svolgimento della sua attività e della sua missione. Se pensiamo alle sfide, vorrei sottolinearle una: il tema dei rifugiati, sia rifugiati che vengono dai Paesi mediorientali che si trovano nella situazione di conflitto, vista anche la vicinanza geografica di questo Paese, sia anche gli sfollati interni che hanno dovuto abbandonare il loro luogo d’origine a causa dei conflitti che si sono prodotti negli anni recenti. Una delle sfide è proprio come far fronte a questa emergenza e a questa presenza di gente che ha dovuto lasciare la sua casa.

D. - In questo dittico cosa possiamo dire dell’Azerbaigian, quale è la situazione della Chiesa, ma anche quali sono le realtà, le situazioni a cui la Santa Sede rivolge la propria attenzione?

R. - Qualche anno fa c’è stata una mostra qui in Vaticano sull’Azerbaigian: c’è un’attenzione molto spiccata verso questo aspetto culturale. L’Azerbaigian si sforza di essere un Paese che promuove la tolleranza fra le varie religioni e le varie culture presenti, e direi che questo è di fondamentale importanza nel nostro mondo: favorire l’incontro. Anche qui le attività della Chiesa cattolica godono di un riconoscimento giuridico che permette di lavorare, di assistere adeguatamente i cattolici che vivono in questo Paese, e nello stesso tempo si sforza di impegnarsi nel dialogo con l’Islam e con le altre comunità presenti. Anche qui è una presenza piccola ma significative che contribuisce, insieme alle altre realtà, al bene del Paese.

D. - Queste sono terre di confine tra Oriente e Occidente, dove il dialogo è un’urgenza. Dunque, il Pontefice con le sue parole si farà, una volta in più, messaggero di pace?

R. - Certamente. E' una delle finalità del viaggio. Certo questa è terra di confine e le terre di confine sono terre di particolare ricchezza e vivacità, ma allo stesso tempo soffrono di particolari tensioni, di tanti conflitti, di lacerazioni. E allora la parola del Papa potrà essere davvero una parola che invita a fare quello che lui dice spesso: fare delle differenze non motivo di conflitto ma di arricchimento reciproco. E’ la grande sfida dei nostri giorni e certamente sarà una sfida che il Papa rilancerà anche in questa terra. D’altra parte ci sono anche segnali positivi, incoraggianti che si sta tentando di superare queste tensioni, e anche questi il Papa cercherà di appoggiare, di sostenere, di promuovere.








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