2016-10-02 11:54:00

Azerbaigian. Majewski: la gioia della piccola comunità cattolica


Il Papa in Azerbaigian ha ricevuto un'accoglienza calorosa. In particolare la piccola comunità cattolica, composta da alcune centinaia di fedeli, ha mostrato tutta la sua gioia per questa visita. Ascoltiamo il commento del nostro direttore dei Programmi, padre Andrea Majewski, al microfono di Sergio Centofanti:

R. – Sono stati momenti molto belli, perché il Papa è stato molto atteso qui, dalla piccola comunità dei cattolici che si trova nella capitale azera. La Messa ha avuto un carattere molto familiare, possiamo dire: come se fosse la Messa in una parrocchia, dove arriva il vescovo. Il Papa ha pronunciato l’omelia, ma le parole più di cuore sono uscite alla fine della Messa. Paragonando un po’ questo suo incontro a ciò che è avvenuto duemila anni fa nel Cenacolo, dove anche in modo inaspettato lo Spirito Santo è sceso sui primi apostoli, il Papa ha spiegato perché vada tanto lontano da Roma per incontrare una comunità così piccola: perché proprio così è iniziata la Chiesa.

D. – Come la comunità cattolica ha accolto Papa Francesco?

R. – La comunità cattolica è molto differenziata. Pluriforme, possiamo dire; multilingue, multiculturale. Ci sono pochi cattolici azeri. Nella chiesa – mi hanno detto gli organizzatori – c’erano una ventina di persone che parlavano veramente azero. Gli altri sono cattolici che provengono da molti Paesi. Io personalmente ho visto persone che vengono dal Pakistan, molti dall’India, da diverse parti dell’Europa: per loro, naturalmente, è stata una grande emozione accogliere il Papa, vedere il Papa qui, in Azerbaigian, in modo così inaspettato.

D. – La visita in Azerbaigian: quale messaggio porterà?

R. – Questa visita ha molte dimensioni. Prima di tutto, il Papa viene per rafforzare la Chiesa, per parlare alla Chiesa cattolica, a questo piccolo gregge come lui stesso l’ha definito; ma il Papa viene anche per incontrare un Paese dove si incrociano diverse culture e religioni che devono coesistere. Lo stesso fatto che il Papa è accolto dal Grande Sceicco del Caucaso e da esponenti di diverse religioni e altre confessioni, è molto significativo. L’Azerbaigian vuole essere, vuole presentarsi come un Paese tollerante, un Paese aperto al dialogo e certamente la visita del Papa in un certo senso conferma questo: che questo Paese è luogo di incontro di genti di diverse culture e religioni che sanno parlare tra di loro, che sanno dialogare e sanno vivere insieme.

D. – Quale immagine colpisce di questo viaggio in Azerbaigian?

R. – Soprattutto, l’immagine di un Paese accogliente che aspettava il Papa, che lo ha ricevuto con tutti gli onori. Questo evento, della venuta del Papa, ha veramente una dimensione storica. Tutti ricordano ancora molto bene la visita di Giovanni Paolo II; anche Papa Francesco, nel suo intervento alla fine della Messa, ha rievocato questa visita. Da questa visita di Giovanni Paolo II, praticamente, la comunità cattolica in Azerbaigian è rinata. Adesso ha dei suoi problemi, ma ha anche piccole gioie: sono piccoli segni di gioia, di speranza che il Papa, con la sua visita, certamente rafforza.








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