2016-10-02 08:21:00

Tauran: Papa in Azerbaigian, il dialogo è la via per la pace


La dimensione interreligiosa caratterizza fortemente la breve visita del Papa in Azerbaigian dove la quasi totalità della popolazione è musulmana con piccole minoranze cristiano-ortodosse e ebraiche. "La fraternità invocata nel motto del viaggio di Francesco è già vissuta per molti aspetti dai leader religiosi del Paese e servirà a rilanciare al mondo di oggi un importante messaggio". Così il cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso. Gabriella Ceraso lo ha intervistato:

R. – Ogni incontro è un dono di Dio, Creatore, Padre provvido, Dio di pace. E questo viaggio ha la particolarità di essere, in qualche modo, la continuazione del recente viaggio in Armenia: sappiamo delle forti tensioni che esistono tra i due Paesi… Le religioni e i loro leader, così come pure i loro seguaci, hanno una responsabilità e una missione speciale verso il dialogo, la riconciliazione e la pace.

D. – Qual è, ad oggi, lo stato effettivo in Azerbaigian del dialogo che c’è tra ebrei, cristiani e musulmani?

R. – Le informazioni che abbiamo sono positive. I capi religiosi sono apparsi più di una volta insieme, viaggiano assieme; sono venuti a Roma assieme… D’altra parte lo stesso governo si attiva per promuovere il dialogo interculturale e interreligioso. Dunque, direi che è un ambiente piuttosto favorevole.

D. – Sta avendo una certa incidenza quindi…

R. – Sì, si! E’ un Paese che è relativamente aperto all’esterno.

D. – Eminenza, sarà la terza volta che vediamo il Papa entrare in una Moschea, al fianco di un importante leader musulmano. Può dirci se c’è qualche passo, se c’è qualche cambiamento in corso proprio nei rapporti con il mondo islamico?

R. – No, cose nuove non so… Però è importante perché lo sceicco musulmano di confessione sciita ha anche una responsabilità a livello regionale e gode di grande rispetto e simpatia. I rifugiati e gli immigrati, senza alcuna distinzione per motivi di etnia o di religione, sono accolti. Penso che sia importante incoraggiare questo orientamento.

D. – Al mondo di oggi con i suoi problemi, con i suoi interrogativi, soprattutto riguardo al terrorismo, alla diffidenza verso l’altro, lo scetticismo e la guerra condotta in nome della religione, questo incontro a Baku cosa potrà dire?

R. – Prima di tutto penso che diffonderà un messaggio di pace e di fraternità, in particolare per il Caucaso, dove non mancano tensioni a sfondo etnico e religioso. E poi un altro messaggio per quella regione e per il mondo: il dialogo - e non la guerra - è la via maestra, l’unica degna di essere percorsa verso la giustizia e la pace. Il dialogo è conoscersi, apprezzarsi, saper ascoltare. Queste attenzioni alle persone nell’ordinario della vita sono molto importanti, perché è lì che si crea una cultura della pace e che nasce la speranza.








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