La pioggia non ferma i devoti della Madonna di Pompei, che questa mattina, nella prima domenica di ottobre, mese del Santo Rosario, hanno affollato ogni spazio di una Basilica gremita per recitare, insieme, la Supplica alla Beata Vergine. La devozione ha portato i tanti, che non sono riusciti ad entrare in chiesa, a rimanere fuori sotto il temporale. Un atto d’amore che racconta la profonda devozione dei fedeli a Maria. Ma ogni popolo, ogni nazione era a Pompei, almeno nello spirito. Mezzogiorno è l’ora che il Fondatore del Santuario, il Beato Bartolo Longo, definiva “del mondo”. E proprio tutto il mondo si è unito alla città mariana allo scoccare di quell’ora: migliaia le chiese, i conventi, le piazze, dove si è recitata la preghiera d’invocazione a Maria, che lo stesso Longo compose nel 1883.
Com’è difficile vivere in un mondo sconvolto come il nostro
La Supplica e la celebrazione della Santa Messa che ha preceduto la preghiera sono
state presiedute dal vescovo di Nola, l’arcivescovo Beniamino Depalma. Nell’omelia,
tenuta nel corso della funzione religiosa, concelebrata dall’arcivescovo di Pompei,
mons. Tommaso Caputo, e dall’arcivescovo emerito di Aversa, mons. Mario Milano, il
presule è partito da un’analisi amara della comunità umana, nel tempo attuale: «Com’è
difficile vivere – ha detto – in un mondo sconvolto come il nostro, com’è difficile
vivere in un’Europa disperata, com’è difficile vivere in una regione, la nostra, nella
quale si continua a spargere sangue e si ripetono attentati alla vita, attentati alla
salute, attentati alla bellezza del territorio. Com’è difficile vivere e credere».
La risposta ai nostri dubbi è nella speranza, che accompagna la fede
In un contesto dalle tinte fosche, mons. Depalma si è posto una domanda inevitabile
per la coscienza di ogni credente: «Signore, fino a quando tacerai? Fino a quando
ci nasconderai il tuo volto? Fino a quando darai l’impressione di essere assente dalla
nostra storia? Fino a quando sembrerai indifferente alle tragedie umane? Fino a quando
il malvagio avrà l’impressione di vincere sempre? Fino a quando il giusto, il povero,
avrà l’impressione di essere sempre calpestato». La risposta è nella speranza, che
accompagna la fede.
O la speranza o il rifiuto della vita. O la speranza o il nulla. Tocca
a noi scegliere
«In questi tempi difficili – ha continuato l’arcivescovo – com’è facile cadere nella
trappola della paura, della rassegnazione, della mafia, della violenza. Com’è facile
rifuggire dalla realtà per rifugiarsi in un mondo virtuale. Com’è difficile sperare
in questo nostro tempo, in questo nostro territorio. Eppure è la speranza la virtù
che ci sostiene in questi tempi difficili. Noi credenti abbiamo bisogno di speranza
per annunciare il Vangelo con audacia e con coraggio. Hanno bisogno di speranza anche
gli uomini laici se vogliono non rassegnarsi. O la speranza o la rassegnazione. O
la speranza o il rifiuto della vita. O la speranza o il nulla. Tocca a noi scegliere».
La speranza accompagna la fede, quasi per mano. Credere però non è una scelta d’opportunità.
Fede significa sentirsi amati e, se ci si sente amati, non si è mai soli
«Dio – ha spiegato ancora il presule - non ci promette una vita facile. Dio non ci
promette garanzie. Dio ci promette la sua parola: ci sono io, non abbiate paura. Fede
significa aggrapparsi alla promessa di Dio che non viene mai meno. Siamo saldi nella
sua parola. Chi costruisce su di me, dice Gesù, costruisce sulla roccia. Anche se
vengono le tempeste, la costruzione resta in piedi. Chi non costruisce su di me, costruisce
sulla sabbia. Essere uomini attaccati alla fede significa lasciarsi prendere in braccio
da Dio, sentirsi al sicuro nel cuore di Dio, fare l’esperienza che siamo importanti
per Dio, sapere che i nostri nomi sono scritti nel palmo della sua mano. Fede significa
sentirsi amati e, se ci si sente amati, non si è mai soli». La speranza e la fede
portano all’azione concreta: «Siamo chiamati a fare storia», ha esortato mons. Depalma,
che ha anche invitato a «risvegliare la coscienza sociale».
La compassione salverà il mondo e creerà un mondo più fraterno
L’impegno concreto nella società si vive nel servizio per gli altri: «La compassione
– ha concluso il celebrante – salverà il mondo, risolverà tutti i problemi. La compassione
creerà un mondo più fraterno, un mondo più vivibile, un mondo nel quale tutti stanno
bene. Nessuno viva la vita per se stesso, la vita si vive per gli altri, ci è stata
data per gli altri. Un servizio senza interessi, gratificazioni, consensi, vissuto
nella gratuità e nella concretezza. Servizio concreto significa che siamo chiamati
a rimettere in piedi tutti gli uomini, nessuno escluso. Il mondo è fatto per tutti.
Dio non ha creato gli emarginati e gli esclusi. Dio ha creato l’uomo a sua immagine
e somiglianza».
Pompei binomio tra spiritualità e amore concreto verso gli ultimi e gli
emarginati
E proprio a Pompei si vive l’impegno quotidiano nell’azione di contrasto ad ogni forma
di disagio. Nel saluto a mons. Depalma, l’arcivescovo Tommaso Caputo ha ricordato
che il Santuario mariano è «una casa costruita da Bartolo Longo con i mattoni della
fede e con quelli della carità, in un binomio inscindibile tra spiritualità e amore
concreto verso gli ultimi e gli emarginati che lo ha portato a dare vita a numerose
opere sociali attive ancora oggi per l’accoglienza di bambini, anziani, madri ed adolescenti
in difficoltà, diversamente abili, ex tossicodipendenti, poveri, migranti». (T.C.)
All the contents on this site are copyrighted ©. |