2016-10-03 16:42:00

Mons. Pasotto: il Papa ha portato nel Caucaso la gioia dell'incontro


Il nuovo viaggio del Papa in Georgia e Azerbaigian ha lasciato tanta gioia nella piccola comunità cattolica dell’area, ma ha anche suscitato un generale sentimento di rispetto e stima, un’opportunità per rilanciare il dialogo in una terra spesso ferita da conflitti. Gabriella Ceraso ne ha parlato con mons. Giuseppe Pasotto, amministratore apostolico del Caucaso:

R. – È stata una visita intensa. In tanti ci siamo detti: “Ma che bello che è stato!”. Sono stati belli gli input che ci ha dato il Papa. Il mio compito sarà riprendere un po’ tutto per non lasciarli perdere, ma anzi per andarci un po’ più dentro.

D. – Il Papa ha lasciato una parola sulla famiglia e il matrimonio, una parola per i religiosi e una parola per i giovani e il futuro: che cosa ha ritrovato anche della realtà georgiana nelle parole del Papa?

R. - È stata una grande catechesi, molto semplice, con al centro i temi della donna, della famiglia, degli anziani, dei nonni, del trasmettere la fede. A un certo momento ha detto anche: “La Chiesa è donna”. A me è piaciuto, perché la donna georgiana è molto forte: è proprio quella che mantiene la società; e mi piace che abbia valorizzato questa figura, nella società ma anche nella Chiesa. Questo ci farà un po’ lavorare sul tema della donna. E poi ha parlato anche sulla famiglia: è stato molto chiaro sulle divisioni in famiglia, sul divorzio, su chi ne fa le spese, sul gender, cioè tutti temi che per noi sono importanti, perché anche in vista del Sinodo abbiamo lavorato molto – siamo una piccola Chiesa – ma abbiamo lavorato molto bene.

D. – Il Papa ha aiutato molto nel cammino ecumenico, non solo i cattolici …

R. – Beh, lui ha dato i fondamenti del cammino ecumenico che, credo, sono novità, più che per noi che ci siamo dentro da tanto tempo, per la Chiesa ortodossa. Quindi è stato un discorso forte, anche teologicamente forte, quello che ci ha dato. Mi sono trovato con alcuni vescovi ortodossi al termine della giornata e loro erano molto contenti. Mi dicevano: “Dobbiamo in qualche modo fare qualche passo in più”. Questo ha fatto bene anche se ci sono state delle dimostrazioni contro il Papa; però anche quelle il Papa le ha vissute molto serenamente. A un certo momento ero in macchina con lui quando abbiamo incontrato questa gente e lui diceva: “Beh, hanno bisogno proprio di una benedizione”, ha tirato giù il finestrino e ha detto: “Li saluto perché sono nostri fratelli”. E ha cominciato a benedire. Con molta serenità diceva: “Fate piccoli passi, non preoccupatevi: piccoli passi, piccoli passi”. E credo che sarà questo il compito che abbiamo noi.

D. – Belli anche i momenti di vicinanza al Patriarca Elia…

R. – Sicuramente. Quando il Papa è partito sono andato a salutare il Patriarca e poi gli ho detto: “Santità, è stato contento della visita del Papa?”. Lui mi ha detto: “Non contento, contentissimo! E’ un uomo di Dio”. Quindi, certamente è nato un feeling e il Papa mi ha detto del Patriarca: “Ma sa quanto è buono questo Patriarca!”. Quindi il feeling c’è. E credo che l’impegno che si sono presi di pregare l’uno per l’altro darà qualche frutto.

D. – Cosa dirà ai suoi fedeli per raccogliere tutto ciò che avete ricevuto?

R. – Una cosa che penso dirò è che quando ci ha parlato della consolazione ha dato un’immagine di Chiesa come la casa della consolazione e della carità, che non si chiude nel pessimismo, che guarda al di là delle difficoltà, che non si abitua alle cose che vanno così come devono andare, che si spende per fare un passo verso la fratellanza, l’amore disinteressato. Ecco: questo è bello perché nasce dalla consolazione. Ci diceva il Papa: “La consolazione non toglie i problemi, ma ci dà la forza di vivere i problemi”. Quando parlava di “piccolo gregge”, ci ha quasi messi sulle sue spalle, ci ha detto praticamente che bisogna, anche se siamo piccoli, guardando a Santa Teresa di Lisieux, che ci facciamo piccoli per far spazio a Dio e per far spazio all’altro. E forse la nostra Chiesa, proprio perché è piccola, può camminare su questa via.  

D. – Per l’area del Caucaso, secondo lei, questa visita che cosa veramente può significare e lasciare?

R. – Il seme che lui lascerà con il tempo – e speriamo che cresca – intanto è un’immagine: un Papa sereno, che “perde tempo” con i bambini, con la gente... E poi il discorso del non difendere niente. A me lo diceva personalmente: “Non abbiamo niente da difendere, noi siamo al servizio di Dio e degli altri”. Quindi, un uomo libero: ecco, libero. Questa è l’immagine che rimarrà – sono sicuro – anche nella Chiesa ortodossa.

 








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