2016-10-03 11:17:00

Giornata dell'accoglienza a tre anni dalla tragedia di Lampedusa


A Lampedusa, a Roma al Senato, ma in tanti altri posti d’Italia oggi si è celebrata la prima Giornata nazionale delle vittime dell’immigrazione. Proprio il 3 ottobre di tre anni fa avveniva la tragedia del mare al largo di Lampedusa costata la vita a oltre 360 migranti. Sull’isola siciliana, il ministro dell’Interno Angelino Alfano ha detto che “tre anni fa era solo una tragedia  italiana oggi è una giornata europea". Ma come vivono i lampedusani questa Giornata? Marcello Storgato lo ha chiesto a don Mimmo Zambito, da tre anni parroco di Lampedusa:

R. – I lampedusani vivono consapevoli di abitare in un’isola remota al confine fra due mondi e quando vedono arrivare uomini, donne e bambini, sono particolarmente sensibili perché sanno quello che ci vuole per andare e per venire su quest’isola e comprendono che certamente gravissimi motivi stanno spingendo queste persone a scappare e a passare per la nostra isola alla ricerca del loro progetto di vita.

D. – Don Mimmo, come vivono i lampedusani questi giorni della memoria?

R. - Questi sono giorni terribili, nella memoria e nel ricordo, sono anche giorni di gioia - potrà sembrare strano - perché molte famiglie hanno accolto i superstiti nei giorni successivi al tre ottobre del 2013. Sono anche giorni di impegno perché la parrocchia promuove un incontro, non solo di necessaria preghiera, ma anche di impegno perché Dio ispiri la realizzazione dei corridoi umanitari ai governi della nostra Europa.

D. – Corridoio umanitario e il muro di Calais: cosa ne pensi, a cosa può servire questo muro?

R. – Abbiamo avuto proprio qui il vescovo di Calais e con una profondità e semplicità assoluta ha ricordato i valori costitutivi della Repubblica, cioè la fraternità, e ovviamente da vescovo ha ricordato il valore universale che ha la fede nell’unità di tutto il genere umano. Abbiamo avuto questo rapporto così particolare proprio per indicare che la terra appartiene a tutti e che non è soluzione costruire muri, costruire barriere. Ne va della sopravvivenza di questi nostri amici, ma ne va anche della nostra sopravvivenza: cioè, la negazione del diritto dell’altro trascina con sé e abbrutisce coloro che opprimono. In realtà si tratta di uomini, di donne, di bambini che fuggono da situazioni terribili.

D. – Non basta commuoversi, vero don Mimmo?

R. - Papa Francesco ci insegna che non ci possiamo fermare solo all’avvertire la spina nel cuore: bisogna muoversi per entrare in un contatto vivo, reale, prendere  consapevolezza della realtà di questa tragedia ed operare occhi negli occhi, mani nelle mani, operare perché non solo non succedano più tragedie, ma perché queste persone possano raggiungere la meta del loro viaggio.

D. – Come percepisce il ruolo di Lampedusa in questa immane crisi migratoria?

R. - Credo che la funzione fondamentale di Lampedusa sia una sorta di riconciliazione alla vita, di nascita alla vita, alla dignità, alla libertà, da adulti. Il valore di Lampedusa per questi nostri amici è segnato soprattutto da ciò che hanno subito nei luoghi di origine, ciò che hanno visto attraversando il deserto, le persone che hanno perduto, le tragedie, le umiliazioni… Non parliamo di quello che subiscono in Libia: reclusi, oppressi, violentati, derubati e uccisi… Ulteriore tragedia, l’attraversamento del mare in quelle condizioni in cui altri ancora perdono la vita e vengono a subire menomazioni di ogni genere. Quando arrivano a Lampedusa nessuno li percuote, nessuno li umilia, ma con molta semplicità qualcuno sorride e offre un bicchiere di tè, dice un “Welcome in Italy”, “Welcome in Europe”: questo è il valore di Lampedusa. Poi questa filiera di dignità, di libertà, ha bisogno di altri passaggi.

D. – Come dovrebbero muoversi l’Italia e l’Europa per una soluzione più umana?

R. - E’ una filiera di dignità che l’Europa sulla carta e l’Italia, ovviamente, dichiara. L’Italia sta assolvendo a questa funzione di salvataggio della quale va dato merito agli operatori della Guardia Costiera, al nostro governo, perché non grava sugli italiani l’onta di veder morire persone a causa del nostro mancato salvataggio. Questa filiera di cittadinanza europea - che deve andarsi costituendo con la Dichiarazione del diritto dei rifugiati e dei richiedenti asilo - ha bisogno di altri passaggi che non vengono assolti a Lampedusa e dai lampedusani. Noi siamo consapevoli di far parte di una filiera di dignità e anche di carità, di solidarietà, che si dipana per l’Europa e che trova anche opposizioni e negazioni un po’ dappertutto.








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