2016-10-04 13:04:00

Chiesa Colombia: il voto non è un no alla pace ma agli accordi


In Colombia il referendum di domenica scorsa sull’accordo di pace con le Farc è stato bocciato. Il “no” all’intesa firmata fra il governo e il gruppo guerrigliero per la pacificazione del Paese, è prevalso sul “sì” con il 51,3% delle preferenze e uno scarto di appena 65 mila voti. “Il cessate-il-fuoco è bilaterale e definitivo, non mi arrenderò: cercherò la pace fino all’ultimo giorno del mio mandato” ha dichiarato il Presidente Santos. Alvaro Vargas Martino ha intervistato il presidente della Conferenza episcopale colombiana, mons. Luis Augusto Castro Quiroga:

R. – Prima di tutto occorre dire che i sì e i no non fanno riferimento alla pace. Non è che alcuni dicano sì alla pace e altri dicano no; fanno riferimento soltanto all’accordo per arrivare alla pace. Quelli che dicono no considerano che l’accordo vada corretto in alcuni punti e per quello hanno detto no, però anche loro vogliono la pace. Per cui questo non è un caso di guerra e pace ma semplicemente di continuare a lavorare intorno a questo processo di pace per includervi quei cambiamenti, se è possibile, che loro chiedono. Non è una situazione così disperata, nessuno dice: “Adesso torniamo alla guerra”, nessuno vuole la guerra, mai più, però vogliono una pace migliore che non si sa se si possa raggiungere. Un punto difficile, infatti, è quello della giustizia transizionale. La giustizia transizionale facilita - per questo si chiama “transizionale” - il passaggio dalla sponda della guerra alla sponda della pace. Adesso quelli che hanno votato no dicono che è una giustizia troppo debole, ci vuole il carcere per i dirigenti guerriglieri… Però l’esperienza degli ultimi 80 conflitti che ci sono stati nel mondo è che si sono risolti tutti con la giustizia transizionale e che se si applica l’altra giustizia, la giustizia penale normale, nessun guerrigliero andrebbe a chiedere di entrare in un processo di pace. Per cui bisogna studiare molto bene questo punto. L’invito della Chiesa a tutta la Colombia è stato: continuiamo a lavorare per la pace. Adesso questi numeri che sono stati dati con il no al processo implicano che si cominci un dialogo nuovo; un dialogo non tanto con la guerriglia, anche con loro, però prima di tutto con le forze politiche del Paese. Fino ad adesso, infatti sappiamo che l’ex Presidente Uribe e il Presidente Santos non si parlano, Uribe non vuol sapere dell’altro… Anche questo ha reso difficile fare l’accordo di pace.

D. - In questo contesto quali sono gli scenari che si aprono in questo momento nel cammino verso la pace in Colombia?

R. – Il primo scenario sarà quello di un dialogo tra i delegati del governo che hanno dialogato a L’Avana con la guerriglia e la guerriglia stessa per studiare la problematica. Il secondo scenario è questo che ho detto: l’incontro fra il Presidente della repubblica e le forze politiche del Paese per studiare la maniera di andare avanti nel dialogo. Poi ci sono altri aspetti importanti. Per esempio, la guerra si è fermata, nessuno vuole né la guerriglia, né l’esercito, perché la decisione già è chiara: non più guerra. Quindi sono aspetti  molto importanti e molto positivi che continuano mentre si risolve questo altro problema delle votazioni. Inoltre, mi pare che occorra dire che è molto importante, anche per noi come Chiesa, lavorare per la riconciliazione dei colombiani e anche questi risultati sono espressione di una mancanza di riconciliazione. Molta gente ancora non riesce a perdonare, per diversi motivi. Ci sono conflitti interiori tra gli uni e gli altri, per cui dobbiamo continuare a lavorare per la riconciliazione di tutti i colombiani. Questo facilita anche accordi che avvengano più pacificamente, che siano più effettivi. Infine io direi che adesso, dopo questo risultato, occorre pensare a una pedagogia della pace perché molti hanno votato no semplicemente perché non capivano di che si trattava. Molti hanno votato no perché non hanno visto il valore di quello che si stava facendo, perché non hanno ricevuto una spiegazione semplice, chiara, facile per loro. Quindi, questa è la situazione e come Chiesa dobbiamo chiedere a tutti i cattolici della Colombia di continuare a pregare per la pace, perché la pace è un compito nostro ma è anche un dono di Dio e dobbiamo chiederla al Signore che sa trasformare i cuori.








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