2016-10-04 12:35:00

Cina: lo Yuan entra nel paniere speciale delle valute internazionali


Dal 1° Ottobre lo Yuan, la moneta della Cina, è entrato nel paniere speciale delle valute internazionali, cioè quelle valute utilizzate dal Fondo Monetario Internazionale come riserva per sostenere la liquidità globale. Nel paniere erano già presenti euro, dollaro, yen e sterlina. La decisione potrebbe essere un premio per il governo di Pechino per continuare sulla strada delle riforme. Andrea Walton ha analizzato quanto accaduto con Francesco Sisci, sinologo, editorialista per Asia Times e già corrispondente dalla Cina per La Stampa, Il Corriere della Sera e il Sole24ore:

R. – E’ innanzitutto un’affermazione della volontà della Cina di internazionalizzare la sua moneta. Cioè, negli ultimi mesi specialmente c’erano state molte esitazioni sul fatto che la Cina intendesse effettivamente rendere lo yuan internazionale, e il fatto che oggi entri tra le monete del paniere del Fondo Monetario Internazionale dimostra che la Cina è determinata a essere sempre più internazionale. Naturalmente, questo significa anche un riequilibrio oggettivo del paniere internazionale, dove non conteranno più le monete tradizionali – il dollaro, l’euro, lo yen – così tanto e i cinesi avranno una qualche voce in capitolo che prima non avevano. Terzo elemento, direi, è il fatto che finora la Cina, nel Fondo Monetario Internazionale e anche in tutti gli altri organismi internazionali, si è preoccupata principalmente dei suoi interessi, della sua politica e, in misura molto minore, secondaria, dei bisogni e degli interessi del mondo. Ecco, questa forse dovrebbe – o potrebbe – essere l’occasione anche per la Cina per incominciare a pensare sempre di più al mondo, in linea anche con gli interessi cinesi, ma certamente al mondo in primo luogo e non mettendo prima le esigenze di Pechino.

D. – Quali potrebbero essere le ripercussioni sull’economia cinese e sul prestigio internazionale del Paese?

R. – L’economia cinese, in questo modo, ha una pressione oggettiva ad aprirsi sempre di più. Finora, l’economia cinese non è del tutto libera, non ha una moneta liberamente convertibile e quindi questa è una pressione oggettiva ad aprirsi sempre più al mercato. Se la Cina non agisce in maniera specchiata, naturalmente questo suo ingresso, lungi dall’essere un vantaggio, diventa uno svantaggio.

D. – Quali sono le prospettive di crescita economica della Cina nel prossimo futuro?

R. – La crescita della Cina è ancora molto alta: si parla del 6-7% e anche i pessimisti parlano del 5%; tassi molto alti, specialmente se si pensa al fatto che è un’economia molto grande – tre volte quella della Germania. Oggi la Cina affronta sfide enormi, cioè deve ristrutturare il suo apparato produttivo e deve in qualche modo avviare un processo di privatizzazione delle imprese di Stato. Se ci riesce – ed è uno sforzo titanico, perché ci sono interessi molto antichi e molto consolidati intorno alle imprese di Stato – l’economia cinese potrebbe riprendere a crescere in maniera molto veloce e assorbire invece i debiti delle banche e dei governi centrali che sono diventati molto molto pesanti. Se, viceversa, questa sfida fallisse, naturalmente il sistema finanziario cinese – prima ancora che economico – potrebbe rischiare uno stallo. Un appuntamento cruciale è il prossimo Congresso del partito nel 2017 e prima ancora il plenum del Partito, alla fine di ottobre di quest’anno: lì si vedrà se Xi Jinping, il Presidente, riuscirà a spingere avanti la sua agenda riformatrice.








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