2016-10-05 13:13:00

Vania De Luca: Francesco sfida i giornalisti a comunicare speranza


I giornalisti promuovano la cultura dell’incontro e siano animati dal “rispetto per la verità e da un forte senso etico”. Sono i punti chiave del videomessaggio di Papa Francesco, pubblicato ieri per le intenzioni di preghiera del mese di ottobre. Alessandro Gisotti ha chiesto un commento a Vania De Luca, vaticanista di Rai News e presidente nazionale dell’Ucsi, l’Unione Cattolica Stampa Italiana:

R. – È una sfida impegnativa quella che il Papa pone. Intanto pone una domanda: “Mi chiedo come i mezzi di comunicazione possono mettersi al servizio di una cultura dell’incontro?”. E naturalmente non dà risposte! Pone questa domanda ai comunicatori perché siano essi stessi a cercare le risposte attraverso il loro lavoro, attraverso la loro esperienza, perché non sono risposte teoriche quelle che il Papa ci dice di cercare. Il Papa chiede dei giornalisti animati dal rispetto della verità e da un forte senso etico. Questa è una chiave che ci interpella tutti: laici e credenti. Perché, se non si ha rispetto per la verità, se non si ha neanche quella domanda che porta a cercare continuamente la verità, è inutile parlare di codici deontologici, di senso etico, di norme che regolano la professione: è qualcosa che va al di là, perché qui parliamo proprio del Dna, non solo della formazione, ma dell’identità del giornalista stesso!

D. – Il Papa chiede anche un impegno "per il bene dell’umanità e del Pianeta". Anche qualche giorno fa, incontrando i giornalisti italiani, sottolineava che la comunicazione, in particolare il lavoro dei giornalisti, deve essere "strumento di costruzione e non arma di distruzione"…

R. – Purtroppo noi sappiamo che si può uccidere anche con le parole. Sappiamo che le parole, che sono poi lo strumento del nostro lavoro – noi lavoriamo con parole scritte o dette a voce e con immagini: i giornalisti televisivi – con gli strumenti del nostro lavoro possiamo dunque consolare, possiamo portare la verità, e quindi, anche soltanto in questo, essere di aiuto alla costruzione del bene comune dell’umanità, ma anche del pianeta Terra in cui siamo tutti inseriti. Ma sappiamo anche che con questi stessi strumenti, con l’immagine troppo insistita, con la parola più cattiva, con la domanda a volte un po’ fuori luogo: sappiamo che possiamo addirittura ferire, se non uccidere, con questi strumenti! E quindi sicuramente la provocazione è molto forte. Mi viene in mente il messaggio, recentemente annunciato, della Giornata per le Comunicazioni Sociali del prossimo anno: “Comunicare speranza e fiducia nel nostro tempo”. Ecco, questo nostro tempo è un tempo che manca proprio di questo: di speranza e di fiducia. Noi dobbiamo cercare, pure in questo nostro tempo segnato dalle guerre, dal terrorismo, dalla mancanza del lavoro, dalle difficoltà di ogni tipo: dobbiamo sempre cercare la via del bene, della speranza, la via del futuro. Questo anche attraverso il nostro lavoro di comunicatori, di giornalisti. Che non significa avere gli occhi chiusi rispetto a una realtà fatta di tante cose negative, significa però aiutare a trovare la strada del riscatto, della rinascita, del possibile futuro.

D. – Venerdì, ad Assisi, inizia la scuola di alta formazione dell’Ucsi. Quali saranno i punti principali di questa iniziativa?

R. – Noi abbiamo scelto tre parole. È una scuola di formazione con i crediti riconosciuti dall’Ordine per la formazione dei giornalisti, ma è anche un momento associativo per l’Ucsi, che riunisce rappresentanti dell’Unione Cattolica Stampa Italiana di ogni parte d’Italia. Le tre parole sono: “vedere”, “narrare”, “comprendere”. Avremo dei momenti di approfondimento tematico sulla situazione dei minori; poi avremo anche una mostra del fotoreporter Francesco Zizola sulla condizione dell’infanzia nel mondo, e ci aiuterà proprio a capire come - attraverso il vedere, il guardare scatti dalla realtà - si può essere aiutati a narrare e poi anche a comprendere.








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