2016-10-09 09:00:00

Brexit: crollo della sterlina, stretta su lavoratori stranieri


Sarà esaminato dalla Banca d’Inghilterra il preoccupante “flash crash” della sterlina che venerdì, alla borsa di Hong Kong, è discesa repentinamente fino a toccare quota 1,18 dollari – il minimo storico degli ultimi 30 anni – per poi risalire fino a 1,24. Il cancelliere del governo Philip Hammond rassicura: “L’economia britannica è forte”. Proseguono però i tagli delle consulenze dei lavoratori stranieri nel Paese dopo la Brexit. Secondo una mail pubblicata dal Guardian, l’esecutivo avrebbe chiesto di privilegiare esperti britannici. Dal canto suo, il presidente della Commissione europea Juncker ribadisce: “Se la Gran Bretagna vuole restare nel mercato unico deve accettare la libera circolazione dei lavoratori”. Per un’analisi sulle fluttuazioni della sterlina e sul tema dei lavoratori stranieri, Marco Guerra ha intervistato Pietro Reichlin, ordinario di Economia all'Università Luiss di Roma:

R. – Che ci fosse una riduzione del valore della sterlina era messo in conto dal fatto che ci sono preoccupazioni su come proseguirà il negoziato con l’Unione Europea. Se la Gran Bretagna dovesse essere tagliata fuori dal mercato europeo naturalmente questo avrà conseguenze negative sull’economia, anche se nel breve periodo una riduzione del valore della sterlina potrebbe aiutare le importazioni. Ma quello che è successo venerdì è una riduzione molto drastica e improvvisa che segnala una forte preoccupazione sui mercati finanziari per come sta andando il negoziato; cioè, appare evidente che il governo inglese non ha ancora chiaro il modo in cui avverrà questo negoziato, se produrrà accordi o una tensione politica con le autorità europee.

D. – Per i lavoratori stranieri in Gran Bretagna si apre una fase di incognite. Cosa dobbiamo aspettarci, quali sono i rischi di esclusione per i lavoratori europei in Gran Bretagna?

R.  – I rischi sono da tutte e due le parti. Sembrerebbe, da come si è mosso il partito conservatore, che sia stato dato ascolto alla pancia del Paese, cioè a coloro che sono più preoccupati per gli effetti della globalizzazione e che non si rendono conto del fatto che soprattutto Londra - che è la piazza finanziaria della Gran Bretagna che dà tanto all’economia del Paese - dipende moltissimo dai lavoratori stranieri ma non solo, anche per quanto riguarda la ricerca, l’università e quindi l’apporto dei lavoratori stranieri all’economia della Gran Bretagna è molto importante. Una deviazione da un comportamento che è stato sempre di accoglienza e di apertura potrebbe danneggiare l’economia della Gran Bretagna così come danneggia tutti coloro che non sono cittadini britannici e che lavorano in quel Paese.

D.  – La Gran Bretagna a questo punto rischia l’isolamento?

R. – Certamente rischia l’isolamento se il negoziato verrà condotto in una maniera dura, cioè la “hard exit”, l’uscita senza cercare di trovare compromessi. Se invece questi compromessi verranno cercati probabilmente si troverà una soluzione che è un po’ simile a quella che è stata trovata per i Paesi scandinavi che non fanno parte dell’Unione Europea ma che sono molto integrati nell’Unione europea. Bisognerà vedere cosa succede. Certo, gli ultimi segnali non sono segnali positivi e questo spiega il fatto che la sterlina sia precipitata in questo modo così improvviso.

D. – Bruxelles e Berlino al momento sembrano tenere una linea dura, dicono che se la Gran Bretagna vuole restare nel mercato unico deve accettare anche la libertà di circolazione dei lavoratori. Quindi anche l’Europa non vuole dare campo libero a questa scelta…

R.  – Certamente l’Europa non può cedere su tutti i fronti perché questo significherebbe che allora avremmo una Unione Europea in cui ognuno fa ciò che gli pare, sarebbe un segnale negativo anche nei confronti di alcuni Paesi dell’est europeo che ultimamente si sono mossi indipendentemente, minacciando di fare politiche in contraddizione con gli accordi europei. Però naturalmente la questione è complessa… Non è nell’interesse di nessuno avere una Gran Bretagna totalmente tagliata fuori dall’Unione Europea.

D. – Il governo britannico dice: l’economia è forte, ce la faremo. La Gran Bretagna ha tutti i mezzi quindi per farcela fuori dall’Unione europe?

R.  – La Gran Bretagna è un Paese che certamente ha un’economia forte, soprattutto molto avanzata, però una grande fetta del Pil della Gran Bretagna è dovuto al fatto che molte imprese straniere si sono insediate nel mercato britannico, approfittando proprio del fatto che la Gran Bretagna fa parte dell’Unione europea e questo le procura il vantaggio di poter avere accesso al mercato europeo. Se questo accesso fosse negato queste imprese uscirebbero e per un Paese come la Gran Bretagna, che si avvantaggia degli investimenti esteri, questo certamente non sarebbe positivo.

D. – Piccoli imprenditori, anche nel settore del commercio, di nazionalità europea almeno per ora non devono temere nulla?

R. – Per ora io credo di no perché è un negoziato che andrà avanti per le lunghe e per ora non gli è successo nulla. Che ci sia una restrizione sui movimenti delle persone e anche dei servizi in generale tra l’Europa e la Gran Bretagna, questo è inevitabile, quanto sarà forte bisognerà vederlo.








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