2016-10-09 09:00:00

Haiti: allarme colera dopo uragano Matthew


Dopo il passaggio dell'uragano Matthew che ha provocato la morte di almeno 900 persone ad Haiti ed ha causato anche sei vittime negli Stati Uniti, nel Paese caraibico già messo in ginocchio dal terribile terremoto del 2010, è lotta contro il tempo per raggiungere le aree più isolate. Secondo le stime di alcune Ong, la furia della tempesta ha causato almeno 21 mila sfollati, mentre 350 mila sarebbero le persone bisognose di assistenza, tra loro molti i bambini. E in una situazione già tanto grave, con una mortalità infantile altissima, solo una persona su quattro ha accesso ai servizi igienici e una su due all'acqua, si affaccia lo spettro del colera. Tra i tanti appelli alla comunità internazionale per un intervento in sostegno di una immediata risposta umanitaria, c’è quello di Oxfam, le cui squadre sono al lavoro nelle zone più colpite dall’uragano. Francesca Sabatinelli ha intervistato Gabriele Regio, responsabile degli interventi di Oxfam Italia tra Haiti e Repubblica Dominicana, dove si trova in questo momento.

R. – Ci siamo attivati immediatamente per dare una prima risposta all’emergenza e quindi per poter comunque fornire kit igienico-sanitari, che sono composti da pasticche per la potabilizzazione dell’acqua, ma anche alimenti e in alcuni casi tende; abbiamo mobilitato la nostra logistica da Port-au-Prince per poter fornire mezzi, o comunque materiali, per l’installazione di cisterne per potere avere, appunto, acqua potabile – nel migliore dei casi – la maggior parte delle volte è acqua almeno adatta a essere potabilizzata.

D. – Si sa che ci sono tantissime zone ancora del tutto irraggiungibili: a voi cosa risulta?

R. – Sì: di fatto ancora ci sono zone come la stessa Jérémie, che praticamente è costruita sulla foce di un fiume, ed è difficilmente raggiungibile. Per questo anche bisogna essere molto attenti a parlare di cifre, per vari motivi: uno, perché ancora molte zone non sono state raggiunte per cui non sappiamo quale sarà il numero dei morti; due, Haiti è un Paese nel quale il catasto e l’anagrafe sono praticamente inesistenti: il palazzo del catasto è crollato nel 2010 con il terremoto … quindi, è proprio difficile avere dati certi.

D. – Haiti era già stata devastata nel 2010 da quel terribile terremoto. In questi cinque anni, non è riuscita a rimettersi in piedi …

R. – Il terremoto del 2010 aveva colpito fondamentalmente la capitale, cioè Port-au-Prince, con oltre 300 mila morti, quasi un milione e mezzo di persone sfollate … Dopo cinque anni, c’erano ancora 60 mila persone che vivevano nelle tendopoli e ovviamente, nel momento in cui la città si è allagata, sono state le persone più vulnerabili, perché già vivevano in condizioni disagiate e ora sono state nuovamente colpite da questa seconda catastrofe. In altre zone, soprattutto quelle del Sud, a Le Caye, il terremoto non aveva prodotto grandi danni perché comunque è abbastanza lontana.

D. – L’allarme era stato dato con un discreto numero di giorni di anticipo; ma erano state prese misure d’emergenza?

R. – Sinceramente, l’allarme è stato dato con discreto anticipo; il problema fondamentale è che molte delle persone che hanno comunque ricevuto il segnale d’allarme, in molti casi non hanno accettato di lasciare le loro case che comunque sono costruire in zone non edificabili – molte sono costruite proprio nei letti dei fiumi … Però, nonostante questo rischio, non hanno comunque accettato di lasciare le case per paura dello sciacallaggio o furti che vengono compiuti nelle case. Questo è un problema che purtroppo anche nella Repubblica Dominicana causa morti, nonostante l’allarme venga dato, ed è proprio questo: che le persone non abbandonano le loro case e rimangono quindi in una zona della quale si sa in anticipo che verrà inondata!

D. – Il passaggio dell’uragano Matthew sulla Repubblica Dominicana, che segni ha lasciato?

R. – Questo è un paragone abbastanza interessante, perché nonostante nella Repubblica Dominicana l’impatto sia stato inferiore, nel senso che è arrivata la parte esterna dell’uragano e quindi fondamentalmente molta acqua e un po’ di vento, però, ecco, in 48 ore in alcune zone è piovuto quasi 500 mm di acqua, che di solito è la quantità che piove in un anno, perché sono, queste, zone semidesertiche. Nonostante ciò, la risposta dell’organizzazione delle comunità ha permesso di ridurre al minimo il numero delle vittime mentre c’è un grandissimo numero di sfollati: si parla di quasi 30 mila persone sfollate, che stanno o in case di parenti o in alberghi che sono comunque predisposti dalla Commissione nazionale d’emergenza. Però si dimostra che con una buona organizzazione e una buona prevenzione è possibile ridurre il numero delle vittime.








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