2016-10-11 13:34:00

La misericordia per Giovanni XXIII era l'architrave della fede


Oggi ricorre la memoria di San Giovanni XXIII, il Pontefice del Concilio Vaticano II, canonizzato da Papa Francesco il 27 aprile di due anni fa insieme a Giovanni Paolo II. Sulla sua figura, Marina Tomarro ha intervistato il giornalista e scrittore Marco Roncalli, pronipote del “Papa buono”:

R. – I ricordi sono tanti: certamente sono ricordi mediati, per motivi semplicemente anagrafici, però è chiaro che è una figura di riferimento certamente per tutta la famiglia. Tenendo presente però una cosa: Papa Giovanni, nel momento in cui è stato eletto, il 28 ottobre 1958, ha subito fatto capire anche agli stessi congiunti che da quel momento in poi la sua famiglia era quella del genere umano: era la famiglia di tutto il mondo. Senza mai scordare le sue radici, anche perché, per certi versi, si era sempre sentito anche debitore, per tutta la sua vita, a quell’educazione che lo aveva formato, riconoscendo soprattutto ai suoi genitori di aver imparato molte cose: più da loro che dai libri, i viaggi e gli incontri di tutta la vita.

D. – Cosa l’ha colpita particolarmente della figura di Papa Giovanni XXIII?

R. – Se dovessi dire la prima cosa che veramente mi viene in mente, è di aver imparato a conoscere un uomo che è stato davvero quello che ha capito subito che l’architrave della vita cristiana è la misericordia. Un uomo - cioè - che per tutta la sua vita ha voluto costruire dei ponti, avvicinare le persone; ha voluto mettere non solo i piedi ma anche i cuori nei luoghi dove è stato: direi proprio la capacità di stare accanto agli altri e di dialogare, confrontarsi, ma direi proprio di cercare sempre di riguardare le persone negli occhi, e di mettersi, come diceva lui, vicino al cuore delle persone che conosceva.

D. – Quanto è attuale il magistero di Giovanni XXIII, anche alla luce di quello di Papa Francesco?

R. – Credo che ci siano certamente tante cose comuni tra l’attuale Pontefice e Giovanni XXIII, a cominciare dal rendersi conto del valore fondamentale della misericordia, che è veramente proprio l’architrave della vita cristiana: è veramente il nucleo del Vangelo. E credo che anche quest’Anno Santo della Misericordia, che si sta concludendo, ma che – non dimentichiamo – è iniziato proprio nel segno del ricordo della chiusura del Concilio. Certo, il Concilio, concluso da Paolo VI ma iniziato da Giovanni XXIII, ha in qualche modo proprio saldato questo strumento antico al valore importantissimo, rilevante, che è appunto quello della misericordia. Credo che il tratto comune sia certamente quello. E poi li vedo molto vicini anche nel vivere l’ottimismo cristiano: proprio la gioia dell’incontro continuo con Dio, con gli uomini; e quest’attenzione ai bisogni spirituali e materiali sempre con grande rispetto. Proprio il fatto che nulla di ciò che è umano può essere estraneo alla Chiesa.

D. – Giovanni XXIII era chiamato il “Papa buono”: perché è rimasto così tanto nel cuore della gente?

R. – Perché è riuscito a farsi sentire padre: padre di tutti. Perché la gente lo ha riconosciuto così, ha capito i gesti di andare a trovare i carcerati a Regina Coeli e i bambini all’ospedale Bambino Gesù. Ha capito l’importanza anche degli sguardi internazionali sulla Chiesa; gesti come l’indizione del Concilio ecumenico Vaticano II. Ha capito che cos’era il suo testamento, attraverso un’Enciclica come la “Pacem in Terris”. Un uomo – un Pontefice – che dava questo valore, di questo impegno per la pace, come qualcosa di fondamentale anche dentro il suo tipo di ruolo. Ecco, ha capito tutte queste cose; e gli è stata vicina, addirittura anche negli ultimi giorni, vegliando la sua agonia, l’immagine che avremmo rivisto poi anche con altri Pontefici.








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