2016-10-13 14:00:00

Simoncelli: Italia rispetti le leggi sul commercio delle armi


La Procura di Brescia ha aperto un’inchiesta circa la vendita da parte dell’Italia di bombe RWM all’Arabia Saudita, per verificare l’ipotesi di una possibile violazione della legge 185/90 sul commercio di armi. La decisione a seguito di esposti presentati dalla Rete Italiana Disarmo che denunciano l’esportazione di materiale militare verso Paesi in guerra o dove non vengono rispettati i diritti umani. L’Italia, pur bandendo nella sua Costituzione la guerra, risulta attualmente tra i Paesi che più armano chi è in guerra. Lo conferma - al microfono di Adriana Masotti - Maurizio Simoncelli, vicepresidente dell'Istituto di ricerche internazionale Archivio disarmo:

R. – Per quello che noi sappiamo è così. Certamente, siamo – nel nostro piccolo – dei fornitori di armamenti in misura significativa a livello internazionale, e in particolare, per quello che ci risulta, verso l’area nordafricana e mediorientale. Ci risultano forniture di armi e munizioni a Paesi impegnati in guerra, in particolare alla coalizione guidata dall’Arabia Saudita, che sta combattendo nello Yemen una guerra che non ha nessun mandato da parte dell’Onu. E questo le nostre leggi non lo prevedono, a meno che non ci siano state delle autorizzazioni specifiche da parte del Consiglio dei Ministri, sentito il parere delle Camere. E le Camere non sono state assolutamente sentite in merito. Tra l’altro, pochi mesi fa, è stato presentato addirittura come un grande successo commerciale la vendita di 28 cacciabombardieri Eurofighter al Kuwait, un altro Paese che partecipa a questa coalizione. Quindi ci troviamo di fronte a un governo italiano che non rispetta le leggi italiane.

D. – Queste industrie belliche devono comunque passare attraverso l’autorizzazione del governo per poter esportare le armi verso questi Paesi?

R. – Certamente: esiste la Legge 185 del 1990 che dà mandato alle nostre autorità di controllare le esportazioni, e in particolare al Ministero degli Esteri di dare l’ok definitivo alle esportazioni. Quindi, le aziende che esportano, esportano dietro autorizzazione del nostro governo.

D. – Vogliamo dire perché è diverso vendere a un Paese dove c’è una guerra e vendere a un Paese dove invece, magari, c’è solo la volontà di aumentare la propria capacità di difesa?

R. – Beh, teniamo presente intanto che nelle guerre contemporanee la maggior parte delle vittime sono civili. Quindi quando vendiamo armi vendiamo strumenti che servono per fare massacri presso i civili. Vendere armi a un Paese in guerra vuol dire alimentare il conflitto; vendere armi a Paesi dove ci sono dittature vuol dire sostenere di fatto il regime autoritario che è in quel Paese. Questo è avvenuto a suo tempo per esempio con la Libia.

D. – È possibile che le armi italiane finiscano anche nelle mani degli uomini dell’Is, che tanto vogliamo contrastare?

R. – Certamente. Purtroppo, le esportazioni di armi inizialmente avvengono in modo assolutamente legale, come ricordavamo. E poi, strada facendo, per varie vicissitudini, questi arsenali vanno a finire in tutt’altre mani. E soprattutto, l’aspetto che più preoccupa, è quello relativo alle cosiddette “armi piccole-leggere”, cioè le pistole, revolver, fucili mitragliatori, bazooka, lanciarazzi portatili: queste armi che sono più facili da trasportare e che sono quelle “più idonee” per le guerre di guerriglia, di terrorismo e quant’altro. Le vendite di armi piccole e leggere è qualche cosa di estremamente nebuloso a livello italiano e internazionale. Come sono infinite le vie del Signore, così infinite sono anche le vie delle armi.

D. – C’è qualcosa che i cittadini potrebbero fare per sensibilizzare di più il proprio governo a una politica diversa riguardo al commercio delle armi?

R. – Ventisei anni fa è stata approvata una legge che contiene tutti i principi morali a cui si deve attenere il governo nell’esportazione di armi. I cittadini possono richiedere ai parlamentari e al governo il rispetto delle leggi vigenti. Perché un governo che non rispetta le leggi vigenti, penso che sia un governo che dà, quantomeno, un cattivo esempio.








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