2016-10-13 14:51:00

Sit-in di protesta a Roma per chiedere la legge contro la tortura


Un elenco di nomi, di chi ha attraversato il carcere di Asti, la scuola Diaz, la Caserma di Bolzaneto, di chi dunque ha vissuto la tortura senza poterla denunciare. Sono state tante le associazioni riunitesi in piazza Montecitorio, oggi a Roma, chiamate da Antigone per chiedere al governo italiano che mantenga gli impegni presi, accelerando l’iter di approvazione della legge contro la tortura. Servizio di Francesca Sabatinelli:

28 anni fa l’Italia ratificava la Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura, fu quella un’assunzione di volontà ad inserire nel proprio ordinamento giuridico il reato. Ad oggi ciò non è ancora accaduto, e il ddl, dalla primavera del 2015, giace impaludato al Senato. Una vergognosa lacuna: è la denuncia di svariate sigle - tra le quali Amnesty International, Cittadinanzattiva, Camera Penale di Roma, Medici contro la Tortura – per le quali “introdurre il reato non è una criminalizzazione delle forze di polizia, ma una tutela per chi svolge il suo lavoro nella legalità”. Il punto è che con il reato di tortura si potranno “identificare le mele marce”.

In occasione del Giubileo dei detenuti, il 6 novembre, si terrà una marcia da Regina Coeli a San Pietro, dedicata a Papa Francesco e Marco Pannella. Nel giugno 2014 fu Francesco a ribadire la “ferma condanna di ogni forma di tortura”, perché “torturare le persone è un peccato mortale, un peccato molto grave”. Il Papa, quindi, invitò i cristiani “ad impegnarsi per collaborare alla sua abolizione e sostenere le vittime e i loro familiari”.

A Massimo Corti, presidente di ACAT Italia, Azione dei Cristiani per l’Abolizione della Tortura, una delle associazioni che hanno aderito al sit-in di oggi, abbiamo chiesto cosa ci sia all’origine dello stallo del ddl:

R. – Non la chiamerei né distrazione, né mancanza di volontà. Arriverei ad essere un po’ più cattivo e direi che è una volontà di non fare. Perché? Voglio dire il vecchio proverbio “L’ottimo è nemico del bene”, perché ogni passaggio, da una Camera all’altra, sembra necessario a qualcuno per migliorare la legge, pertanto c’è il rimbalzo all’altra Camera. Lo scorso anno, proprio per questo, ci eravamo raccomandati al Senato, alla Commissione esaminatrice, chiedendo di non toccarla, così si sarebbe finito il giro. Invece, chiaramente, è stata rimessa in ballo e pertanto stiamo fermi. E non solo, a luglio di questo anno c’è stata una specie di ufficiale abbandono da parte della Commissione che ha rinviato, ma senza una data. Quindi, c’è una situazione che è un po’ più di una distrazione, secondo me. Perché? Probabilmente perché in Italia, soprattutto in questo governo che è un po’ misto, di destra, sinistra, ecc. a quanto pare sono molto forti e convincenti le spinte delle forze dell’ordine, delle lobby della Polizia, le quali temono che con il reato di tortura diventi impossibile interrogare nelle stazioni di Polizia. La legge contro la tortura esiste in tutti i Paesi, in molti Paesi del mondo, quasi in tutti, e le Polizie di questi Paesi lavorano tranquillamente e senza alcun problema.

D. – Siete in diversi uniti a chiedere che questo testo venga varato. Lei ci ha dato delle spiegazioni piuttosto crude di ciò che potrebbe essere all’origine del blocco. Quali sono le possibilità e le speranze che questo testo possa passare?

R. – Mi faccia fare una piccola premessa. Questo testo di legge come è stato cambiato, ricambiato e ritoccato in Commissione al Senato è diventato molto peggio di come fosse prima! Per capirci: si è reintrodotto il concetto di “reiterata violenza”, torniamo cosi ad una cosa che introdusse  la Lega e che fece cadere il ddl all’epoca di Berlusconi, per cui è tortura soltanto se è reiterata, altrimenti non è tortura, tanto per capirci. Detto questo, ricordo pure che fu approvato dalla Camera dopo la condanna dalla Corte Europea per i diritti dell’uomo di Strasburgo, nell’aprile del ’15, per i fatti di Genova. Quindi la condanna di Strasburgo ottenne una approvazione alla Camera nel giro di pochi giorni, io voglio augurami che l’Italia si sappia muovere anche senza un’altra condanna storica che faccia effetto sui giornali. Voglio pensare e voglio sperare, che questo nostro sit-in qualche cosa smuova.

D. – Si aspettano, in questi giorni, dalla Cedu  (Corte europea per i diritti dell’uomo)  due pronunciamenti su altri due casi: per i fatti alla Bolzaneto, durante il G8 del 2001, e per le torture nel carcere di Asti…

R. – Per quanto riguarda il problema della Bolzaneto ci aspettiamo una condanna, perché è la conseguenza della condanna fatta per la Scuola Diaz, perché ciò che è successo alla Caserma Bolzaneto, il giorno stesso e il giorno dopo, non ha grande differenza, quindi andrei sicuro sul fatto che saremo condannati. Per quanto riguarda le violenze di Asti, secondo me arriveremo ad una condanna anche in quel caso, però i fatti sono meno noti e meno ufficiali, per cui qualcosa potrebbe accadere. Ripeto: queste condanne potrebbero essere la spinta a rimettere in moto la macchina che si è fermata.

D. – L’assenza del reato di tortura crea non pochi imbarazzo all’Italia anche nei casi di richiesta di estradizione da altri Paesi, laddove invece questo reato è riconosciuto. Nel caso in cui all’Italia venisse chiesta l’estradizione di una persona accusata di tortura, questo non avverrebbe perché, appunto, l’Italia non riconosce il reato, insomma una posizione scomoda per il governo italiano.

R. – Più che scomoda direi imbarazzante. Non vorrei che diventassimo il porto franco dove tutti i torturatori del mondo vengono, perché qui stanno tranquilli. E’ veramente abbastanza triste, come cittadini italiani, vedere queste situazioni. 








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