2016-10-14 13:31:00

Unicef: in Iraq, il 47% degli sfollati sono bambini


In Iraq, è imminente l’offensiva dell’esercito per liberare la città di Mosul dal sedicente Stato Islamico. L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati e l’Unicef lanciano l’allarme umanitario per migliaia di persone costrette a fuggire dalle violenze. Massimiliano Menichetti ha intervistato Andrea Iacomini portavoce Unicef Italia che denuncia: "in Iraq 47 per cento degli sfollati sono bambini":

R. – Con l’intensificarsi delle operazioni militari per la ripresa di Mosul, in Iraq abbiamo oltre un milione e mezzo di persone che rischiano di rimanere sfollate. Sono più di 213 mila gli sfollati dallo scorso maggio nell’area della città. Inoltre, i dati a nostra disposizione parlano di oltre tre milioni e mezzo di persone che risultano sfollate lungo i 106 distretti di tutto il Paese. Il dato che più emerge di tutti questi numeri è che il 47 per cento degli sfollati in Iraq sono bambini! Abbiamo più volte fatto appello alla Comunità internazionale affinché si cerchi di intervenire proprio rispetto a questa situazione perchè i bambini rispetto a quello che sta per accadere o comunque rispetto alla situazione presente sono i più vulnerabili.

D. - C’è la notizia allarmate di bambini che muoiono di fame e di sete mentre scappano da Mosul, oppure finiscono sulle mine …

R. – Sì è così. Ci sono bambini che purtroppo hanno dovuto subire mutilazioni a causa di questo, c’è una situazione molto grave! Poi c'è l’arruolamento di bambini come soldati o costretti a lavorare. Il dato più eclatante è proprio quello umanitario: oramai ci sono casi di malnutrizione acuta, malattie, mancanza di acqua, di beni di prima necessità. Noi laddove possiamo stiamo intervenendo, ma naturalmente questo non è sufficiente rispetto a quello che potrebbe accadere con la presa di Mosul. Speriamo che non si ripeta quello che sta accadendo in Siria o in Yemen, cioè la difficoltà di raggiungere chi ha bisogno nelle zone dove si combatte la battaglia.

D. - Come si può evitare questo rischio?

R. - Innanzitutto parlando con le parti in conflitto che devono prevedere dei corridoi umanitari. Mi riferisco ovviamente a chi aprirà spazi all’interno delle file dell’Is. Dietro questi spazi sarà possibile intervenire. È chiaro che con l’Is il dialogo come tutti sappiamo è complesso, se non impossibile, però in alcune zone specialmente con alcune parti non affiliate direttamente con i terroristi speriamo di riuscire perlomeno ad avere la possibilità di far passare donne e bambini.

D. - Secondo fonti locali il sedicente Stato islamico sta piazzando mine per blindare la città, questo avrebbe effetti devastanti anche sulla popolazione in fuga. È così in base alle vostre informazioni?

R. - Confermo purtroppo la nostra preoccupazione rispetto alla presenza di ordigni, di mine disposte sulla gran parte del territorio. Questo si aggiunge alle problematiche relative alla situazione umanitaria.








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