2016-10-16 14:30:00

Ue e Tunisia: Silvia Costa, si punta su cultura e commercio


La Tunisia continua ad attraversare un difficile momento di transizione politica dopo l'uscita dalla scena politica di Ben Ali nel 2011, con l'avvio delle manifestazioni della Primavera araba. La cooperazione culturale con l’Europa può aiutare a rafforzare il processo in corso. Andrea Walton ha intervistato sull’argomento l’europarlamentare Silvia Costa, presidente della Commissione Cultura del Parlamento Europeo:

R. – Noi abbiamo approvato a settembre un’importantissima risoluzione del Parlamento che dà il senso di un lancio di una nuova concezione della Tunisia da parte dell’Unione Europea come un partner che deve avere uno statuto speciale, di una democrazia che ha ritrovato una sua solidità anche se con grandi problemi, con grandi difficoltà. Però è veramente il Paese su cui puntare. Per questa ragione abbiamo dato 500 milioni di euro, come aiuto macroeconomico; direi che questa è la più importante iniziativa fatta in questo momento con la Tunisia. Nell’ambito di Erasmus Plus ed Erasmus Tempus, la parte di Erasmus che riguarda la collaborazione fra istituzioni universitarie o di altra formazione, sia europee che di Paesi terzi, abbiamo voluto valorizzare una bellissima iniziativa in corso, guidata dall’università di Urbino e dalla professoressa Laura Baratin, che sta realizzando per la prima volta un corso triennale di alta formazione per restauratori e curatori di beni culturali in Tunisia: tra l’altro vede la realizzazione di laboratori e sta facendo importanti accordi sia con fondazioni culturali tunisine sia con privati, che si spera possano mettere delle risorse. Sugli altri fronti c’è la trattativa per l’accordo fra Unione Europea e Tunisia per il commercio come partner privilegiato e che si chiama appunto Aleca.

D. – Che ruolo può avere la cultura nel processo di transizione politico in Tunisia? Quanto può aiutare nel rafforzamento della democrazia?

R. – Noi abbiamo una storia di relazioni, non solo fra Italia e Tunisia ma fra Europa e Tunisia. Questo va rafforzato e rilanciato sulla base di un partenariato molto più paritario. Per quanto riguarda le relazioni culturali, il dialogo interculturale, di cooperazione, penso alla collaborazione che c’è stata fra l’unione di tutti i broadcaster, tutte le televisioni europee, quando c’è stata la rivoluzione: ci sono stati importantissimi rapporti di cooperazione per formare i giornalisti. Penso anche alla comunicazione in tempi di democrazia in Tunisia. E poi c’è un ruolo che gioca anche la Chiesa.

D. – Quali sono le speranze per il futuro processo di transizione politica in Tunisia?

R.– Mi sembra che ci siano in questo momento promesse interessanti nel nuovo governo, che è un governo di coalizione larga. Questa è la premessa, secondo me, di una transizione che può essere accompagnata da una forte alleanza anche culturale e politica. La seconda prospettiva è quella data dalla lotta comune al terrorismo. Il problema della stabilizzazione della Libia per loro è la vera grande condizione, ma anche verso l'Algeria. Pensiamo però che in Tunisia ci sono 5 mila foreign fighters, cioè è uno dei Paesi che ne ha di più e quindi c’è un tema: collaborare per prevenire la radicalizzazione e collaborare – noi stiamo facendo grandi sforzi, come in Europa – sulla formazione delle forze dell’ordine lì. La terza prospettiva è quella di aiutarli a sviluppare nuova occupazione, una nuova economia, non solo a Tunisi ma nelle altre province. La disoccupazione giovanile è talmente alta che loro ritengono che questi siano elementi che poi creano un terreno favorevole alla predicazione del terrorismo.








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