2016-10-17 14:00:00

Chiesa delle Filippine: “no” alle esecuzioni extragiudiziali


“Siamo profondamente addolorati e fortemente disturbati dalla crescente ondata di esecuzioni extragiudiziali in relazione alla campagna anti-droga e per l’azione inadeguata da parte del governo nel controllare queste esecuzioni sommarie e condurre i loro responsabili alla giustizia”: lo afferma un appello lanciato dai vescovi di Bacolog, Dumaguete e San Carlos, e dall'amministratore apostolico della diocesi di Kabankalan, tutte diocesi sull’isola filippina di Negros, nel centro dell’arcipelago. I quattro vescovi firmatari sono: mons. Gerardo A. Alminaza, vescovo di San Carlos; mons. Patricio Buzon, vescovo di Bacolod; mons. Julito Cortes, vescovo di Dumaguete; mons. Rolando Nueva, amministratore apostolico di Kabankalan.

Vescovi preoccupati per l'apatia e l'indifferenza dell'opinione pubblica
In una nota ripresa dall'agenzia Fides i quattro Presuli notano che “le dichiarazioni incendiarie dell'amministrazione tendono a favorire l'uccisione di tossicodipendenti”, mentre “l'apatia e l'indifferenza apparente dell’opinione pubblica di fronte a queste esecuzioni extragiudiziali destano forte preoccupazione e allarme”.

Lotta al narcotraffico entro i limiti della legge e nel rispetto dei diritti umani
I vescovi concordano sulla volontà politica e sulla determinazione per affrontare la terribile minaccia della droga che da tempo affligge il Paese, ma chiedono con forza “che ciò avvenga entro i limiti della legge e con pieno rispetto dei diritti umani”, in quanto “l'uomo è creato a immagine di Dio e ogni vita umana è sacra”, e “il comandamento, ‘non uccidere’, ha un valore assoluto e vale sia per l'innocente che per il colpevole”.

Chiesa si impegna nella lotta alla droga e nella riabilitazione dei tossicodipendenti
“Dio non gode della morte del malvagio, ma desidera che invece si converta e viva” ricordano citando il passo biblico del Profeta Ezechiele. I vescovi come “Pastori del gregge”, impegnano le loro rispettive comunità a “pregare costantemente per il nostro Paese”, a “formare le coscienze e promuovere la cultura della vita, a partire nelle nostre famiglie”, e anche “ad offrire piena collaborazione con il governo nel lavoro di prevenzione della droga e nella riabilitazione dei tossicodipendenti”. 

Anche uccidere può diventare una droga
Dal canto suo padre Peter Geremia, missionario del Pontificio Istituto Missioni Estere, religioso che opera nelle Filippine a fianco di poveri, tribali, emarginati sull'isola di Mindanao afferma che si deve dire con chiarezza che "anche uccidere può diventare una droga". "Uccidere persone malate può risultare facile, i killer possono sentirsi onnipotenti, ma possono anche sperimentare un profondo senso di colpa, spesso inconscio, che può causare disturbi della personalità, portando a varie forme di violenza, compresi l’alcolismo e la stessa tossicodipendenza. I killer sono pericolosi per le loro stesse famiglie".

Evitare che il Paese diventi dipendente dalla droga della violenza
In una lettera aperta rivolta al Presidente delle Filippine Rodrigo Duterte, ripresa dalla Fides, padre Geremia osserva: "Il Presidente – prosegue - ci sfida a rialzarci dalla nostra accondiscendenza. Vorrei che il nostro Presidente, però, portasse avanti la guerra alla droga evitando la ‘droga degli omicidi’. Vorrei che fosse in grado di convincere più persone a sostenere una lotta pulita, non una guerra sporca contro le droghe e la corruzione". Il missionario auspica che la nazione filippina possa "liberarsi dalla schiavitù della droga e della corruzione", evitando però di diventare "dipendente dalla droga della violenza". (P.A.)








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