2016-10-17 13:27:00

Giornata lotta povertà. Caritas: in Italia i più colpiti sono giovani


Il vecchio modello italiano di povertà, che vedeva gli anziani più indigenti, non è più valido: oggi la povertà assoluta vede tra le prime vittime i giovani. Lo rivela il Rapporto Caritas “Vasi Comunicanti. Povertà ed esclusione sociale in Italia e alle porte dell'Europa”, diffuso nell’odierna Giornata internazionale di lotta alla povertà. Sono soprattutto gli stranieri a chiedere aiuto ai Centri di Ascolto della Caritas, ma per la prima volta, nel 2015, al Sud la percentuale degli italiani ha superato di gran lunga quella degli immigrati. Paolo Ondarza:

Sono giovani i nuovi poveri, penalizzati dalla crisi del lavoro e sempre più spesso mantenuti da genitori e nonni. E’ la prima volta infatti che in Italia la povertà assoluta, ai livelli più alti degli ultimi dieci anni, diminuisce con l’avanzare dell’età. Tra i 4,6 milioni di poveri assoluti il 10,2% sono nella fascia d’età tra i 18 e i 34 anni. L'età media di chi si rivolge ai Centri Caritas è 44 anni. A rischio in particolare il Mezzogiorno dove più colpite sono le famiglie con due o più figli e quelle di stranieri. Secondo il rapporto Caritas sono soprattutto gli immigrati a chiedere aiuto ai Centri di Ascolto della Caritas, ma per la prima volta, nel 2015, al Sud la percentuale degli italiani ha superato di gran lunga quella degli stranieri. Pressochè paritaria la situazione di indigenza tra uomini al 49,9% e donne al 50,1%. Tra i bisogni che più spingono a chiedere aiuto ci sono nell’ordine: povertà economica (76,9%), disagio occupazionale (57,2%), problemi abitativi (25,0%) e familiari (13,0%). Sono 7.770 i profughi e richiedenti asilo che hanno bussato agli sportelli Caritas nel 2015, prevalentemente uomini tra i 18 e i 34 anni provenienti da Africa e Asia centro-meridionale. Alto tra loro il livello di analfabetismo: la necessità comune è la mancanza di casa con situazioni di inadeguatezza abitativa e di sovraffollamento. L’appello del Papa ad ospitare i migranti nelle strutture ecclesiali ha provocato il positivo innalzamento a 20 mila delle accoglienze attivate al 9 marzo 2016.

Per un commento ai dati del rapporto Caritas, a partire dall'aumento del fenomeno povertà tra i giovani, Paolo Ondarza ha intervistato Paolo Beccegato, vicedirettore di Caritas Italiana:

R. – La fascia 18-34 anni è due volte e mezzo quella dei 65 e oltre. Questo a dire come per i giovani oggi sia un momento molto difficile: i lavori sottopagati, la mancanza di lavoro, soprattutto all’interno di una famiglia un po’ numerosa, dove magari il capo famiglia ha perso il lavoro. Ecco, questo costituisce un elemento di fragilità che poi può diventare povertà assoluta, rispetto al quale servono anche delle risposte nuove. Perché il povero non è più l’anziano solo o il senza dimora, ma diventa una questione molto più complessa da affrontare.

D. – Diceva: “Servono risposte nuove”. È dunque una tematica che va ad interpellare le istituzioni…

R. – Sì, in questo senso l’auspicio è che per l’anno prossimo la Legge finanziaria in discussione possa rafforzare il tema del reddito di inclusione sociale, che ha proprio lo zoom verso le famiglie, verso le famiglie con figli e le donne in gravidanza, oppure con dei disabili. Questa misura, che quest’anno ha iniziato ad essere introdotta, di fatto si potrà consolidare solo l’anno prossimo se vi sarà una decisione forte in tal senso.

D. – Secondo il Rapporto, sono soprattutto gli stranieri a chiedere aiuto ai centri di ascolto Caritas; ma per la prima volta, nel 2015, al Sud Italia la percentuale degli italiani ha superato quella degli immigrati…

R. – Qui, ancora una volta, c’è il segnale forte della perdurante crisi che, nonostante tutto, soprattutto in termini di mancanza di lavoro e di un lavoro “degno” per dirla con Papa Francesco, lascia appunto i suoi effetti lunghi, nonostante i numerosi anni che sono ormai trascorsi dal 2007-2008.

D. – Citava Papa Francesco... nel Rapporto si fa riferimento al suo appello alle strutture della Chiesa – le strutture ecclesiali – ad ospitare e ad aprire le porte ai migranti. E questo appello è stato raccolto, tanto che si vede innalzato a 20 mila il numero delle accoglienze attivate al 9 marzo 2016…

R. – Se da un verso il tema è quello della crisi, delle famiglie e anche il Sud, l’altro sono proprio i profughi, che in questi ultimi tre anni sono arrivati in maniera via via consistente. E l’accoglienza verso di loro la Chiesa l’ha messa in pratica, dopo l’invito di Papa Francesco in modo particolare. Queste persone chiedono anche loro un’attenzione particolare, con tutti i loro vissuti anche di violenza spesso alle spalle; per cui è una povertà che si interseca con queste dinamiche di lesione dei diritti umani fondamentali. Ecco perché l’accoglienza della Chiesa è particolarmente importante, perché non è solo un’accoglienza “materiale”, ma anche un accompagnamento della persone con il suo valore integrale.

D. – L’accoglienza da parte della Chiesa italiana si distingue come particolarmente virtuosa nel panorama europeo…

R. – Assolutamente. Perlomeno alcuni governi europei non si sono distinti in termini di accoglienza e solidarietà, ma anche – oserei dire – di lungimiranza politica; perché quasi tutte le nazioni europee hanno dei tassi demografici veramente preoccupanti. Altri – e penso soprattutto alle società civili e alle Chiese di questi Paesi – hanno fatto cose lodevoli. Per cui bisogna sempre distinguere un’Europa chiusa da un’Europa solidale ed aperta.








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