2016-10-18 20:18:00

Obama: Renzi resti anche in caso vinca il "no" al referendum


Alleanza in Libia e Iraq, ma anche impegno contro l’austerity in Europa, nonché l’incoraggiamento ad avanzare sul cammino delle riforme. Questo nel lungo colloquio di ieri alla Casa Bianca tra il presidente Obama e il capo del governo italiano Renzi; poi la cena di gala in un clima di festa per  quella che è stata l’ultima cerimonia pubblica del presidente afroamericano. I particolari da New York con Elena Molinari:

Un sostegno incondizionato al referendum e un incoraggiamento a Matteo Renzi a rimanere in sella anche in caso di vittoria del “no”. Barack Obama si schiera a fianco dell’ospite italiano e delle sue riforme, poi lo appoggia in una serie di altre battaglie: dalla necessità di misure a favore della crescita, al bisogno di investimenti nei giovani, fino al controllo dell’immigrazione con interventi nei Paesi di maggiore esodo. "L’Italia è un alleato straordinario — ha detto il presidente americano al termine dell’incontro con Renzi —  Matteo è uno dei partner con cui condividiamo idee, anche su come ridurre le diseguaglianze". Il capo della Casa Bianca ha riservato un monito più severo all’Europa, invitandola ad abbandonare l’austerity economica e ad aiutare i Paesi in prima linea sul fronte migratorio. Quindi ha riconosciuto che l’Italia nel Mediterraneo “ha salvato migliaia di vite” mentre in Libia “sta dando un contributo diplomatico a sostegno del governo di unità nazionale". Il premier italiano ha ringraziato gli Stati Uniti per aver fornito un modello economico per uscire dalla crisi e per aver portato avanti un’agenda di politica internazionale che, ha detto, “coincide totalmente con quella italiana”. La conferenza stampa ha anche permesso a Obama di lanciare un attacco a Donald Trump, invitandolo a smettere di “piagnucolare”, sul probabile esito delle elezioni presidenziali. In serata Renzi e la moglie sono stati ospiti di una sontuosa cena di Stato alla Casa Bianca, l’ultima dell’era Obama.


Obama ha dunque parlato con Renzi anche delle politiche economiche italiane e del Partenariato Transatlantico per il Commercio e Libero Scambio (TTIP). Andrea Walton chiesto al prof. Gregory Alegi, docente di Storia delle Americhe presso l’Università Luiss Guido Carli di Roma, se le critiche del presidente americano all’austerity europea possano significare la fine di queste politiche in Europa:

R. – Se Obama fosse il presidente dell’Unione Europea, se Obama avesse una influenza diretta sulla Germania, senz’altro sì. D’altra parte questa non è una novità, visto che Obama è stato eletto presidente degli Stati Uniti dalla crisi economica e l’ha affrontata con massicci interventi statali, che hanno risollevato l’economia americana. Adesso il problema negli Stati Uniti è semmai il contrario: come ridurre cioè il sostegno pubblico - quindi se la Fed dovesse alzare i tassi di interesse - senza compromettere la ripresa che c’è stata.

D. – Il presidente Obama ha anche mostrato apprezzamento per le politiche economiche del governo Renzi. Si tratta di un vero e proprio endorsement a tutto campo?

R. – Sicuramente Renzi ha una visione dell’economia e una visione del ruolo dello Stato nell’economia che lo porta molto vicino a quella di Obama. Renzi sicuramente vorrebbe poter fare in Italia quello che Obama ha fatto negli Stati Uniti. Il problema è, però, quello di prima: l’endorsement di Obama incide poco sulla situazione europea, con l’ulteriore - tra virgolette - aggravante del fatto che è comunque un presidente uscente e che bisogna vedere se chiunque vinca la competizione negli Stati Uniti, avrà la stessa visione di Obama.

D. – Perché i negoziati per il Partenariato Transatlantico per il commercio e il libero scambio tra Unione Europea e Stati Uniti sono in stallo? Ricordiamo anche cos’è questo partenariato…

R. – E’ il Trattato che liberalizzerebbe il commercio tra le varie parti del mondo e renderebbe sempre più un mercato unico globale e quindi abbatte barriere. Da un lato questo farebbe crescere l’economia, perché abbattere le barriere significa maggiori possibilità di esportazione e quindi maggiori opportunità; dall’altro finirebbe per mettere in concorrenza i lavoratori dei Paesi più sviluppati - quindi persone che hanno maggiori tutele, stipendi più alti e condizioni di lavoro migliori – con lavoratori del resto del mondo che sono invece fondamentalmente meno avvantaggiati. Quindi si teme da molte parti che vada a peggiorare le condizioni dei lavoratori soltanto a vantaggio delle grandi imprese. Oltretutto liberalizzare i mercati spesso significa abbassare gli standard di qualità per armonizzare normative e quindi anche questo potrebbe andare a danno – ad esempio – delle produzioni tipiche e quindi dei vini, dell’olio e di tutto quello che è alimentare perché gli standard sono molto diversi. Per questi motivi, sulle due sponde dell’Atlantico, il Ttip viene visto come fumo negli occhi.








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