2016-10-18 13:46:00

La battaglia di Mosul: migliaia di bambini rischiano la vita


E' entrata nel secondo giorno l'offensiva militare delle forze irachene contro i jihadisti del sedicente Stato Islamico (Is) nella zona di Mosul, nel nord dell'Iraq. Alla battaglia partecipano le truppe di Baghdad, i peshmerga curdi e migliaia di miliziani sciiti. L'offensiva è partita da più fronti, con attacchi da sud e da est. Secondo la Tv di stato di Bagdad, i peshmerga avrebbero "liberato" nove villaggi a est della città, mentre le forze di sicurezza irachene, con la copertura aerea della coalizione a guida Usa, hanno riconquistato 12 villaggi a sud di Mosul. Il presidente iracheno Fuad Masum ha lanciato un appello perché siano protetti i civili nell'ambito dell'offensiva. ''La protezione dei civili a Mosul - ha detto - è la missione principale delle nostre forze armate e di tutti gli iracheni''. Il presidente ha anche chiesto di fornire ogni tipo di supporto agli iracheni sfollati. ''La sconfitta di Daesh è inevitabile'', ha aggiunto. Intanto, è sempre più tragica la situazione nei centri di accoglienza che si preparano ad ospitare una nuova ondata di civili. Soprattutto desta preoccupazione la sorte dei minori. Per Save The Children oltre mezzo milione di bambini rischiano la vita a causa degli scontri nella città irachena. E proprio in soccorso di questi piccoli l’organizzazione ha lanciato la campagna globale "Fino all'ultimo bambino", dove si chiede che vengano immediatamente creati e mantenuti passaggi sicuri e bonificati dagli ordigni per permettere alle famiglie di lasciare la città in sicurezza. Ascoltiamo Marco Guadagnino, portavoce dei programmi internazionali di Save the Children Italia al microfono di Marina Tomarro:

R. – Proprio in queste ultimissime ore stanno arrivando i primi gruppi e le prime famiglie che stanno scappando dai combattimenti di Mosul; la situazione è ovviamente in continua evoluzione. Stimiamo che ci siano circa 500 mila bambini intrappolati in un fuoco incrociato in una zona che peraltro da alcuni anni è complicata. Sono due anni, cioè da quando è entrato l’Is, che Mosul è in una situazione molto, molto difficile per quanto riguarda in particolare donne e bambini. Mancano da anni acqua, cibo e cure. I bambini che abbiamo incontrato negli scorsi giorni, che scappavano da altri teatri di guerra un po’ più a sud di Mosul, ci sono arrivati quasi in fin di vita. Temiamo che queste scene possano ripetersi nelle prossime ore. Queste bambine, queste donne, queste famiglie stanno scappando da una zona dove si stanno intensificando i bombardamenti: devono riuscire a superare questa striscia di terra che varia dai 10 ai 20 km, che li porta a raggiungere le prime linee della coalizione che sta attaccando l’Is. Ma questi 20 km sono 20 km infernali …

D. – Anche nei campi profughi la situazione è sempre più drammatica: cosa rischiano questi piccoli?

R. – Innanzitutto c’è una questione "spazio" all’interno di questi campi profughi. Per adesso sono stati allestiti spazi per poco più di 60 mila persone: temiamo che il flusso sarà molto, molto più alto. E poi c’è il grandissimo tema di assistenza primaria, di accesso alla scuola e c’è il grandissimo problema dei traumi: sono due anni che questi bambini non vedono che guerra. Se riusciranno a tirarsi fuori da questo inferno che è diventato Mosul, dovranno essere aiutati. Dovranno essere introdotti in un percorso che possa tirarli fuori dai traumi che hanno vissuto. Hanno visto morire fratelli, amici, genitori … ci sarà un enorme bisogno di supporto, per questi bambini; perché sono loro, i bambini, che dovranno provare in qualche modo a ricostruire un Iraq pacificato, in futuro. Questo è il nostro sogno.

D. – Le forze governative cosa dovrebbero fare di più per difendere questi piccoli e le loro famiglie, naturalmente?

R. – Innanzitutto, bisognerebbe garantire i famosi “corridoi umanitari”. Ci rendiamo conto che è una situazione molto difficile; il corridoio umanitario non può essere concesso unilateralmente. Quindi, benché ci sia un tentativo, una volontà – probabilmente – delle forze alleate di crearli, bisogna vedere anche l’altra parte – l’Is: ma non credo che questo sia nelle loro corde, in questo momento, concedere corridoi umanitari. Quello che bisogna fare è assicurarsi che queste donne, questi bambini che stanno scappando ricevano assistenza al più presto. Ovviamente ci saranno dei filtri: sarà verificato chi effettivamente è civile e chi no. Temiamo che in questa fase di controllo ci possano essere separazioni di nuclei familiari: anche questo, noi speriamo che le forze alleate, le forze della coalizione riescano a impegnarsi su questo fronte. C’è un grande problema legato alle strutture d’accoglienza: per adesso, troppo pochi sono i fondi destinati ad accogliere queste persone in fuga. Il numero potrebbe crescere, nelle prossime ore, e c’è bisogno che la comunità internazionale tutta si impegni con uno sforzo ulteriore.








All the contents on this site are copyrighted ©.