2016-10-21 13:13:00

Libano: dopo due anni vicina l'elezione del nuovo presidente


Dopo due anni di attesa sembra probabile che dal 31 ottobre il Libano avrà un nuovo Presidente della Repubblica, che verrà eletto dal Parlamento. Il candidato sarebbe Michel Aoun, cristiano maronita, vicino a Hezbollah. Il Paese, la cui popolazione si ripartisce tra musulmani sciiti, sunniti, cristiani maroniti e molte altre confessioni religiose, ha un complesso sistema politico che prevede la suddivisione delle più alte cariche dello Stato e dei seggi parlamentari su base confessionale. Andrea Walton ha intervistato sull’argomento Camille Eid, giornalista libanese e collaboratore del quotidiano Avvenire, chiedendogli perché ci sono voluti più di due anni per eleggere un nuovo Presidente:

R. – Dopo il crollo dell’Impero Ottomano è stato trovato un sistema politico di comune accordo tra cristiani e musulmani che rendesse partecipi tutte le componenti della società, senza quindi escludere le cosiddette minoranze o altri gruppi. Una cosa che altri Paesi del Medio Oriente non hanno sperimentato pienamente. Per cui l’appartenenza confessionale è diventata anche cardine perché – malgrado tutti i suoi difetti – hanno diviso il potere, assegnando cariche di primaria importanza a determinate confessioni: la presidenza della Repubblica è tradizionalmente assegnata ad un cristiano maronita, che vuol dire un cattolico; la presidenza del Parlamento ad uno sciita e quella del Consiglio dei ministri ad un sunnita. Lo stesso vale per i seggi del Parlamento, che sono attualmente divisi a metà tra i cristiani e i musulmani. Tutto questo ha un unico scopo, quello cioè di rendere partecipi al governo del Paese tutti i libanesi, senza discriminare alcuna componente.

D. – Ricordiamo la complessa struttura politica del Libano e perché il Paese è senza Presidente da oltre due anni…

R. – Anzitutto per l’impossibilità del Parlamento di raggiungere il quorum previsto per l’elezione presidenziale, che deve essere dei due terzi dei deputati. Molti partiti hanno boicottato l’elezione perché non erano sicuri di riuscire a portare alla presidenza il loro candidato preferito. Finora ci sono state 45 convocazioni, che sono andate tutte a vuoto…

D. – Sembra probabile che Michel Aoun potrà essere eletto Presidente dal Parlamento libanese il prossimo 31 ottobre. Ma come si è arrivati a questo accordo?

R. – C’è stato un lungo processo. Lo scorso gennaio, il suo principale rivale Samir Geagea – anche lui candidato - aveva appoggiato la candidatura di Aoun. E questo ha permesso che - a livello di partiti cristiani - i due maggiori partiti cristiani trovassero un’intesa su un unico nome, quello appunto di Michel Aoun. Mancava, però, l’adesione dei partiti a maggioranza islamica, quindi dei sunniti e degli sciiti. Sappiamo che tra gli sciiti il Partito Hezbollah è sempre stato un sostenitore della candidatura di Aoun, ma non quello del Movimento Amal. Dal punto di vista dei sunniti, invece, c’era una maggiore opposizione: il partito maggiore, quello cioè di Hariri, Saad Hariri, solo ieri ha ritirato l’appoggio ad un altro candidato della Coalizione “8 marzo” – quindi la stessa a cui appartiene Aoun – per girarla e spostarla verso quella di Aoun. Attualmente tutto questo conferisce una maggioranza a livello di numero alla candidatura di Aoun. Adesso si spera che il 31 ottobre si arrivi a raggiungere il quorum di presenti al Parlamento. Di conseguenza viene spianata la strada per l’elezione di Aoun.

D. – Cosa comporterà questo accordo?

R. – Comporterà una divisione - come siamo soliti vedere – del potere: Hariri spera di essere il premier per tutta la durata del mandato presenziale, che è di sei anni. Ieri, nel suo discorso, Hariri ha fatto una importante allusione al fatto che Aoun sia d’accordo sul mantenere una neutralità del Libano riguardo alla guerra in Siria. Cosa che comporta, comunque, una pressione da parte di Aoun sul suo alleato Hezbollah per diminuire o ritirare i suoi miliziani che combattono al fianco del regime di Bashar al-Assad in Siria.

D. – Quale ruolo ricopre attualmente il Libano nella scacchiera mediorientale?

R. – Il Libano – come sappiamo – ha accolto circa un milione e mezzo di profughi siriani. Quindi la stabilità del Libano è importante in questo periodo, proprio perché una qualsiasi minaccia della stabilità libanese vorrebbe dire che questo milione e mezzo di siriani si riverserebbe poi in Europa o in altri Paesi. Ma il Libano è attualmente anche un tassello importante a livello politico, perché riuscire a dimostra che cristiani e musulmani possono ancora trovare una intesa per portare avanti un progetto politico, potrebbe essere un buon esempio per l’edificazione di una Siria, di un nuovo Iraq, in cui le etnie e le religioni sembrano invece essere l’una contro l’altra.








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