2016-10-22 14:30:00

Attacco informatico agli Usa: Washington a caccia degli hacker


Il Dipartimento americano per la sicurezza nazionale ha aperto un’inchiesta sull’attacco informatico senza precedenti sferrato ieri sulla costa orientale degli Stati Uniti. Numerosi siti sono rimasti bloccati per almeno due ore. Altri attacchi di pirati informatici erano stati collegati dall’Amministrazione Obama ai servizi segreti russi, accusati di voler sabotare la campagna di Hillary Clinton. Il vicepresidente Joe Biden aveva ventilato cyber-rappresaglie. Ma si può dire che la guerra si stia spostando sul web? Debora Donnini lo ha chiesto al prof. Virgilio Ilari, presidente della Società italiana di Storia militare e curatore del volume “Future Wars”, “Guerre future”:

R. – Certamente. Sono vent’anni che vengono combattute anche sul web e riguardano una grande quantità di aspetti: da quello delle informazioni, quindi come vengono date le informazioni attraverso la rete, all’attacco ai siti, alla rivelazione – per esempio – di segreti sia di privati sia di Stati sia di organizzazioni, e questo evidentemente è un mondo immenso, praticamente infinito, su cui si svolgono tutta una serie di attività, tendenzialmente illecite. Ci sono, naturalmente, dei sistemi di sicurezza, di protezione e c’è quindi una lotta continua tra l’attacco e la difesa. Gli hacker sono in tutti i Paesi: non c’è bisogno di essere una grande potenza per disporre di capacità di questo tipo. Ricordiamo che nel 2007 ci fu un attacco hacker russo all’Estonia e l’Estonia è diventato il primo Paese che si è dotato di un sistema di sicurezza elettronica enorme; nel 2008 la Russia ha paralizzato le operazioni dell’esercito georgiano durante la guerra in Georgia attraverso l’uso degli hacker. Poi ricordiamo Wikileaks, Assange …. Quindi, sono una serie di problemi e di circostanze che sono parte di quella che oggi viene considerata “la guerra ibrida” e comprende una gamma amplissima di mezzi che vanno da quelli strettamente militari a quelli economico-finanziari.

D. – Un altro tema che emerge è la fragilità del cosiddetto “Internet delle cose”. Parliamo degli smartphone, del moltiplicarsi dei device. Questo anche aumenta la possibilità di una cyber-guerra?

R. – Certamente. I nostri sistemi sociali sono enormemente più vulnerabili adesso di quanto fossero 10 anni fa o 20 anni fa, per non parlare di 100 anni fa. Un tempo la vulnerabilità era legata all’hardware, cioè a strutture, per esempio, le ferrovie, i trasporti... Adesso tutte queste cose possono essere bloccate a distanza con attacchi di tipo informatico. Pensiamo a tutti gli incidenti che purtroppo si sono verificati tra i treni, anche recentemente, in Italia, in Puglia: le mancate comunicazioni, le interruzioni e via dicendo possono provocare catastrofi. Quello a cui noi assistiamo adesso sono cose minime rispetto a quello che potrebbe accadere e questo in un certo senso cambia completamente la percezione della potenza e dei grandi equilibri, perché organizzazioni molto piccole o con pochi finanziamenti sono in grado di arrecare danni a volte incalcolabili. Si può dire anche questo, sempre in collegamento alla questione degli attacchi hacker: possono esserci ripercussioni gravissime sui mercati. Per esempio, intervenire con sistemi hacker sulla speculazione borsistica può determinare situazioni almeno momentaneamente catastrofiche. Quindi, ci sono possibilità estreme che riguardano anche proprio gli equilibri finanziari mondiali.








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