2016-10-25 19:08:00

Blocco migranti nel ferrarese. P. Ripamonti: atto vergognoso


“Quel che è accaduto non è lo specchio dell'Italia". Lo ha detto il ministro dell'Interno Angelino Alfano, in merito  al blocco effettuato da un gruppo di persone nel ferrarese contro 12 migranti che dovevano  essere trasferiti in un centro di accoglienza. Intanto a Calais proseguono le operazioni di sgombero dell’accampamento dove sono  ammassati miglia di stranieri. Il servizio di Debora Donnini:

Le 12 donne africane richiedenti asilo, di cui una incinta, e gli 8 bambini sono stati portati in altre strutture a Ferrara, Comacchio e Fiscaglia, dopo il blocco stradale iniziato ieri sera dei cittadini di Goro e Gorino, cittadine del ferrarese. Dovevano essere trasferite in un ostello adibito a struttura d’accoglienza, ma la protesta dei cittadini con barricate ha costretto il pullman su cui viaggiavano a fare marcia indietro. “Tutto può essere gestito meglio”, dice il ministro Alfano “ma quella non è l’Italia”. Amareggiati il presidente della Provincia e  il prefetto di Ferrara, Michele Tortora: “gli alberghi appena sentono parlare di profughi ci dicono che sono pieni”, racconta. Solidarietà ai migranti dalla diocesi di Ferrara-Comacchio,  a “donne e bambini che hanno vissuto sul nostro territorio una notte così difficile e ostile, che ripugna alla coscienza cristiana”, dice il vicario generale, Massimo Manservigi. La Lega invece esprime solidarietà agli abitanti. Salvini parla di “invasione programmata” con il Governo complice. Intanto a Calais prosegue lo sgombero della cosiddetta "giungla", quello che viene indicato come il campo della vergogna. Oltre tremila i migranti trasferiti in centri di accoglienza in Francia. Grande preoccupazione intanto per i minorenni che avrebbero diritto ad essere accolti in Gran Bretagna. Secondo il Guardian, 1 amministrazione locale su 4 in Inghilterra, afferma di non poter farsene carico. Da parte sua Amber Rudd, ministro degli Interni britannico,  ricorda il rigoroso processo di identificazione a cui saranno sottoposti prima di essere considerati idonei al ricongiungimento.

 

E a proposito dello sgombero del campo di Calais, le associazioni impegnate nella difesa dei migranti sono preoccupate soprattutto per la sorte dei minori non accompagnati che rischiano di non essere tutelati come la legge prevede. Al microfono di Francesca Sabatinelli, padre Camillo Ripamonti, presidente del Centro Astalli, il Servizio dei gesuiti per i rifugiati in Italia:

R. – Sgomberare questa “giungla” in realtà non è una vera e propria soluzione, perché ancora una volta non si tengono in considerazione le esigenze di queste persone che – non dimentichiamolo – scappano da guerre e da persecuzioni, arrivano in Europa cercando delle condizioni di vita migliori e cercando di riacquistare la loro dignità e noi non li ascoltiamo! E soprattutto in questa situazione di Calais ci sono tantissimi minori non accompagnati e la nostra preoccupazione più grande, in questo momento, è proprio riguardo a questi minori, che non si sa bene che fine faranno. L’Inghilterra si è dimostrata disponibile ad accogliere quelli che dimostreranno di avere dei parenti già presenti sul territorio, ma gli altri non si sa bene che fine faranno.

D. – Un altissimo numero delle persone presenti nella cosiddetta “giungla” di Calais ha documenti italiani, rilasciati in Italia in quanto primo porto di approdo. Il regolamento di Dublino è ancora vigente, questo significa che queste persone verranno riportate in Italia?

R. – Che presumibilmente queste persone verranno rimandate in Italia e quindi – ripeto – non si terrà conto del progetto migratorio di queste persone, ma si applicheranno norme che ormai tutti riconoscono come inadeguate a gestire il fenomeno migratorio in Europa in questo momento, ma che nessuno fa nulla per modificare, e questo perché stiamo assistendo ai nazionalismi dei vari Stati, che pensano soltanto a se stessi e non all’Europa nel suo insieme.

D. – Purtroppo arrivano conferme di insofferenza e intolleranza anche da piccoli nuclei italiani che, però, forse danno la dimensione del problema. Ne è un chiaro esempio quello che è successo nelle ultime ore in un comune del Ferrarese, i cui abitanti hanno costruito barricate per impedire il passaggio di un gruppo di donne e bambini migranti…  

R. – Sì, si arriva a questi estremi quando i territori non vengono preparati e soprattutto quando non si tiene conto - non si tiene in debito conto - anche la paura, che non va mai sottovalutata, e la mancanza di conoscenza, che non va mai sottovalutata. Quindi, se non si tiene conto di queste cose, il rischio poi è che i piccoli territorio o i grandi territori, reagiscono di pancia al fenomeno, costruendo quindi delle barricate e facendo ostruzionismo all’arrivo anche di donne e bambini, dicendo indirettamente a queste persone “Non siete gradite! Non vi vogliamo!”. E questo è un fatto inaccettabile, ma che io temo possa verificarsi in molte altre località in Italia e in Europa. E quindi non va sottovalutato, ma va invece governato con saggezza.

D. – Quella che si ritenne, a suo tempo, una soluzione da parte dell’Europa fu di chiudere la rotta balcanica stipulando un accordo particolare con la Turchia, che ha visto - tra l’altro - voi molto critici… Ora, questo modello probabilmente verrà riproposto anche per altri Paesi di provenienza, di partenza, ad esempio l’Egitto…

R. – Quello che noi abbiamo detto a proposito dell’accordo con la Turchia, che fosse cioè un “accordo vergognoso”, lo ribadiamo anche per questo atteggiamento, che considera l’accordo con la Turchia un successo da potersi estendere anche con altri Paesi. Questo non fa altro che indebolire la possibilità al diritto di asilo delle persone che scappano da guerra e persecuzioni. Non facciamo altro che esternalizzare le frontiere, dicendo che gli investimenti nei Paesi di provenienza di queste persone, per lo sviluppo di questi Paesi, in realtà sono semplicemente il prezzo che noi paghiamo per non farli arrivare. Quindi io credo che sia vergognoso tutto questo, non accettabile e per un insieme di Paesi civili come l’Europa non è un modello da sostenere.








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