2016-10-25 13:14:00

Sud Sudan: Amnesty denuncia violenze sui civili e inerzia Onu


“Non credevamo che saremmo sopravvissuti: uccisioni, stupri e saccheggi a Juba”. È titolo del rapporto diffuso oggi da Amnesty International e relativo alle violenze perpetrate in Sud-Sudan, lo scorso luglio, dalle forze governative del Presidente Salva Kiir contro i civili dell’etnia nuer del vice Presidente Riek Machar. Il testo contiene anche pensati accuse contro i Caschi blu dell’Onu, che sarebbero colpevoli di aver abbandonato diversi siti protetti. L’Organizzazione umanitaria chiede ora un embargo sulle armi dirette nel Paese africano e l’istituzione di un tribunale ibrido indipendente che abbia giurisdizione su questi crimini. Ma per sapere quali episodi e quali brutalità  sono riportate nel documento prodotto dall’Ong, Marco Guerra ha intervistato Riccardo Noury portavoce di Amnesty international Italia:

R. – C’è un rigurgito di quella violenza che ha caratterizzato la vita del Paese negli ultimi anni quando un movimento di liberazione che ha conquistato l’indipendenza si è spaccato lungo linee politiche e soprattutto etniche con il risultato che in quella violenza di luglio, l’ultima che abbiamo denunciato, l’etnia del vice Presidente Riek Machar, che è l’etnia nuer, si è vista di nuovo bersaglio delle forze governative del Presidente Salva Kiir che sono in maggioranza dell’etnia dinka.

D. - Cosa riferisce in particolare il rapporto di Amnesty “Non credevamo che saremmo sopravvissuti”?

R. – Parla delle conseguenze di uno scoppio di violenza iniziato con una scaramuccia l’8 luglio. Addirittura, il Presidente e il vice Presidente stavano facendo una conferenza stampa, come se fosse l’ufficializzazione di una pace, di un ritorno alla normalità, quando i militanti dei due gruppi - da un lato l’esercito governativo e dall’altro l’Esercito per la liberazione del Sudan all’opposizione, così si chiamano - hanno ricominciato a spararsi. Il risultato è che ci sono stati nella capitale Juba giorni di razzie, di uccisioni, di stupri, il tutto sotto gli occhi delle forze della missione di peacekeeping dell’Unione Africana che è rimasta fondamentalmente a guardare.

D. – Infatti ci sono durissime accuse nei confronti del contingente Onu presente nel Paese: avrebbero assistito a violenze di ogni tipo senza intervenire…

R.  – Sì, sulla base delle ricerche fatte da Amnesty international la mancanza di azione da parte delle forze di peacekeeping è veramente sconvolgente. La loro base è al centro della capitale ma è proprio lì nei pressi della loro base che sono avvenuti stupri di massa. L’Hotel Terrain dove ci sono stati stupri di gruppo e uccisioni, dista meno di un km dalla base dei peacekeeper. Hanno acconsentito che zone abitate dai civili e dichiarate protette venissero attaccate, hanno lasciato gli abitanti privi di difesa, hanno acconsentito che ci fossero irruzioni in abitazioni private, sequestri di persone, stupri, uccisioni… Insomma sono venuti meno alla missione di proteggere i civili.

D. – Lo stupro di gruppo sembra diventata di nuovo un’arma di guerra e abbiamo visto soprattutto a danno dell’etnia nuer in questo caso…

R. - Sì questo è un conflitto molto feroce, anche combattuto con metodi antichi, cioè lo stupro come arma di guerra e lo stupro per punire l’etnia rivale intanto per fare del male alle donne e poi per umiliare i loro mariti. Questo è quello che ci hanno raccontato le sopravvissute agli stupri.

D. – Attualmente qual è la situazione politica e i rapporti tra le forze leali al Presidente Salva Kiir e gli alleati del vice Presidente Riek Machar?

R. – Quello che risulta in queste settimane è una relativa calma ma la situazione è sempre molto fragile perché gli accordi o i tentativi di accordi di pace si sono visti in questi ultimi anni più volte e si sono visti anche più volte fallire per magari una scaramuccia o qualcosa di poco conto. Quindi non c’è ancora in vista una pace duratura e sostenibile, e l’assenza di violenza e di combattimenti non è necessariamente prodromo di qualcosa di positivo che accadrà prossimamente.








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