2016-10-26 15:24:00

Bagnasco tra i terremotati: persone fiere e salde nella fede


Visita oggi del presidente della Conferenza episcopale italiana, il cardinale Angelo Bagnasco, ai territori terremotati del Lazio e delle Marche. Il porporato nella mattinata ha visitato, accompagnato dal vescovo di Ascoli Piceno, mons. Giovani D’Ercole, Arquata e Pescara del Tronto dove, nella zona rossa, si è vissuto un momento intenso e toccante di preghiera e di suffragio nella nuova Cappellina fatta costruire dalla Diocesi e che verrà inaugurata il 1° novembre. Nel pomeriggio la visita ad Accumoli e Amatrice, accompagnato dal vescovo di Rieti, mons. Domenico Pompili. Francesca Sabatinelli ha raggiunto telefonicamente il cardinale Bagnasco:

R. – Le zone che ho visto finora nella diocesi di Ascoli Piceno portano segni molto gravi, gravissimi: paesi devastati totalmente come Pescara del Tronto, paesi fantasma alcuni … Però, nello stesso tempo ho incontrato due scuole, sotto le tende, e poi persone adulte e volontari e, soprattutto, la gente del posto che ho visto molto fiera, molto forte, decisa a rimanere, a resistere, a ricomporre la propria vita di sempre e a non disperdersi come comunità. Questo è un grande esempio che ci danno queste popolazioni.

D. – Queste persone che lei ha incontrato, le hanno chiesto qualcosa in particolare, hanno espresso i loro bisogni o le loro paure? Si sentono accompagnati dal resto del Paese-Italia?

R. – La prima cosa è il desiderio di avere le proprie chiese, cosa che mi ha molto colpito. Chiedono le proprie case, certamente, ma al vescovo che mi ha accompagnato chiedono i luoghi di culto, perché sono distrutte anche le chiese, insieme alle case, naturalmente. E questo è un altro grande esempio, perché ci testimonia che è l’anima, è lo spirito, è la tradizione della propria fede, che è alla sorgente della forza per resistere alle difficoltà e superarle. Questa è una prima cosa. Poi c’è la preoccupazione di fondo che è di essere abbandonati, che i riflettori si spengano e tutto venga dimenticato. Ho assicurato, per quanto riguarda i vescovi italiani, la Chiesa italiana, che questo non avviene e non sta avvenendo. Per questo sono venuto a portare e a confermare la presenza e la vicinanza dei vescovi italiani, insieme a tutti gli aiuti che potremo dare, molto pratici e molto concreti, d’accordo con il vescovo. Un’altra cosa che mi ha molto colpito, e che è significativa, è che la diocesi è riuscita, in proprio, a costruire una cappellina accanto al cimitero, dove la chiesetta di pietra è totalmente crollata: è una piccola cappella in legno e la gente è molto contenta. E’ molto significativo. Ricominciare quasi da questo luogo, che è quello degli affetti più cari, dove sono i propri defunti, i propri parenti, le proprie amicizie, e le anime che si sentono vicine. Questo l’ho trovato un segno bellissimo, la diocesi ha potuto farlo. E poi ci vuole una velocità di tempi, una tempistica il più possibile veloce. Stanno lavorando alacremente, con intelligenza e con passione perché le casette in legno, i moduli, possano essere al più presto messe in atto affinché le comunità non si disperdano.

D. – Molte di queste persone che lei ha incontrato hanno anche perso dei cari, degli amici, conoscenti. A che punto è il lutto dentro di loro?

R. – Sì, ho visto diverse di queste persone. Molto composte, molto dignitose, che portano dentro questo lutto, questo dolore, queste ferite nella dimensione della fede e nella dimensione della comunità. Li trovo molto uniti, gli uni agli altri. C’è un gruppo di 50 famiglie che vivono insieme, in un edificio, un ex ospedale, ho visto che fanno veramente una vita di comunità, dove anche i sentimenti più profondi, le preoccupazioni o le sofferenze, le ferite, sono messi in comune e si sostengono a vicenda.

D. – Nonostante le inchieste stiano ancora andando avanti per capire che tipo di responsabilità umane ci siano, nonostante ci siano queste indagini in corso lei ha trovato in queste persone rabbia o rancore?

R. – Per quello che ho visto io stamattina, no. Piuttosto serietà, voglia di ricominciare, guardare soprattutto al futuro, compostezza, molta fede … direi che sono questi i sentimenti che ho visto manifestare. Certo, c’è anche la sofferenza, ci sono le ombre nel loro sguardo, nello sguardo di molti, questo è evidente. Questo però non so se sia il segno di recriminazioni particolari o che cosa. Certamente c’è il segno di una sofferenza, di un dolore, che però nel cuore – ripeto – è condiviso con gli altri. Ripeto quello che ho già scritto nella prolusione ultima del Consiglio permanente: l’importanza di questi piccoli centri. Il Paese-Italia è fatto di grandi città e di innumerevoli piccoli paesi, borghi, villaggi. Sono un tessuto, questo, che dovrebbe essere da tutti meglio valorizzato, accudito, custodito perché la logica delle grandi concentrazioni può avere certo dei vantaggi, ma ha un grandissimo svantaggio, che è quello di impoverire il tessuto umano del Paese stesso, che vive di queste piccole comunità di relazioni, tradizioni, usanze, fede, valori condivisi, di storie conosciute … Perdere questo e spopolare i borghi sarebbe veramente un grave danno per il Paese!








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