2016-10-26 15:14:00

Carlo Acutis: presentati docufilm e libro sulla sua spiritualità


Conferenza stampa questa mattina in Vaticano per la presentazione di un docufilm e di un volume sul giovane Servo di Dio Carlo Acutis. All’evento sono intervenuti mons. Dario Viganò, prefetto della Segreteria per la Comunicazione della Santa Sede; don Giuseppe Costa, direttore della Libreria Editrice Vaticana; il giornalista dell’Osservatore Romano Nicola Gori, autore del libro; e Matteo Ceccarelli regista del documentario, prodotto dalla società “Officina della Comunicazione". Intenzione del progetto è quella di raccontare la normalità della vita di Carlo Acutis, morto per una leucemia fulminante, a soli 15 anni, il 12 ottobre del 2006, e di cui è in corso la Causa di Beatificazione. Il servizio di Adriana Masotti:

Carlo Acutis era un ragazzo come gli altri, ma anche assolutamente speciale: allegro, sportivo, grande appassionato di computer, amava la compagnia, i viaggi, il mare. E insieme, fin da piccolo, era grande amico di Gesù. La sua fede si nutriva della preghiera, della recita del Rosario, dell’Eucarestia quotidiana. Diceva: quando “ci si mette di fronte al sole ci si abbronza… ma quando ci si mette dinanzi a Gesù Eucaristia si diventa santi”. Ecco il suo obiettivo: la santità. E aveva scoperto come arrivarci. Sentiamo Nicola Gori, autore della biografia di Carlo: “Un genio dell’informatica in Cielo”:

R.- Ho conosciuto Carlo per via indiretta, ma sono rimasto veramente colpito dalle testimonianze dei giovani, degli insegnanti, dei professori, di tutti coloro che lo avevano conosciuto perché viene fuori sempre che lui era un ragazzo semplicissimo, che nel quotidiano è riuscito ad inserire nella sua vita la figura di Cristo, e non solo! Viene fuori anche che era un ragazzo pieno di vita, di una vitalità tipica di quell’età. Non era una persona che faceva voli mistici o cose particolari, era un ragazzo semplice, tranquillo che però riusciva a trascinare gli altri. Questa era la sua caratteristica: riusciva a trascinare gli altri e portarli a Gesù.

D. - E al centro aveva messo l’Eucaristia…

R. – In assoluto l’Eucaristia che era proprio la sua fonte, la sua luce.

Ma che cosa ha colpito di più della vita di Carlo il regista del documentario “La mia autostrada per il Cielo. Carlo Acutis e l’Eucaristia”. Ascoltiamo Matteo Ceccarelli:

R. - Come regista del documentario ho potuto lavorare sul materiale di repertorio, quindi su video fatti dalla famiglia dove c’è Carlo, altri fatti da Carlo, su fotografie. Inoltre ho realizzato un insieme di interviste a persone che lo hanno conosciuto e hanno potuto dare la loro testimonianza di questa straordinarietà. Il messaggio più grande che lui ci ha lasciato è questo: molte volte non conta parlare, ma conta fare: la sua cristianità era dedicarsi e donarsi agli altri senza avere niente in cambio; c’era questa spontaneità nell’essere cristiano.

D. - C’è stato un aspetto della sua vita in particolare che si è voluto mettere in luce attraverso le immagini?

R. - Sì, l’aspetto peculiare è proprio questo: la centralità della figura di Gesù e l’Eucarestia; per lui questo era il centro della giornata, tutto ruotava intorno a questo.

Carlo Acutis era convinto di morire giovane. Quando scopre la sua malattia non si spaventa, ma dice: "Offro tutte le sofferenze che dovrò patire al Signore, per il Papa e per la Chiesa, per non fare il Purgatorio e andare dritto in Paradiso". Questa la testimonianza della mamma Antonia:

R. - Lui era molto simpatico, lo cercavano tutti, era molto amato, era molto generoso anche con i suoi amici, li aiutava nei compiti, si preoccupava, aiutava i bambini più piccoli. Sicuramente i suoi amici lo apprezzavano, poi aveva un forte valore dell’amicizia. Ovviamente dove era possibile - sempre con tatto -non perdeva mai occasione per testimoniare il suo amore per Gesù  …

D. - Una persona con un’intelligenza e capacità speciali e poi a 15 anni una malattia che lo porta via improvvisamente. Come ha vissuto Carlo questa cosa? E voi genitori?

R. - Lui l’ha accettata con grande serenità. D’altra parte il suo modello era San Francesco, il quale chiamava la morte “Sorella morte”. La cosa sorprendente era questa sua serenità. I medici gli chiedevano: “Soffri?”, e lui rispondeva - e la cosa colpiva tutti i medici e gli infermieri - che lui si preoccupava per gli altri: “C’è gente che soffre più di me”. Queste erano le risposte che dava. Fino all’ultimo ha sempre pensato agli altri e questo era un po’ il suo modo di essere, di porsi rispetto alla vita. Ha affrontato anche la morte in questo modo. Per noi, ringraziando il cielo, la fede c’è, quindi sappiamo che non è un addio con Carlo, ma un arrivederci e questo è importante!

 








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