2016-10-26 14:19:00

Shoah, quando il medico diventa aguzzino


Medici boia

“Quando un convoglio che trasportava ebrei arrivava nel lager di Birkenau, ad attenderlo c’era una commissione che doveva compiere la selezione iniziale sui deportati. Ebbene, quest’operazione era affidata esclusivamente a dei medici”. A spiegarlo è Marcello Pezzetti, consulente scientifico della Fondazione Museo della Shoah, che, assieme al sopravvissuto Sami Modiano, dall’8 al 10 novembre, accompagnerà una delegazione di medici e ricercatori dell’Ospedale Israelitico (Comunità ebraica di Roma) e dell’Ospedale Bambino Gesù (Santa Sede) in una particolare visita guidata nell’ex-lager nazista visitato il 29 luglio scorso da Papa Francesco. “La scelta dei deportati che compivano quei medici – aggiunge Pezzetti - era il primo orribile e spaventoso atto di sterminio, perché l’80% dei detenuti veniva destinato direttamente alla morte con il gas. Già questo spiega quale fosse il ruolo che il regime dava all’apparato medico”. “Il nostro viaggio, dunque, avrà anche l’obiettivo di invitare i medici di queste due realtà ospedaliere a riflettere sul ruolo che il loro lavoro ha oggi nella società e ha avuto nella storia. Capire dove, come e quanto, hanno sbagliato i medici nazisti è fondamentale per capire l’importanza, non solo retorica, del giuramento d’Ippocrate alla base della loro professionalità. La medicina senza l’etica, dimostrano le atrocità compiute negli ambulatori dei lager nazisti, non è umanamente comprensibile e purtroppo solo la sottocultura dell’epoca ha permesso certe pratiche, come la sterilizzazione coatta, in ambito scientifico”.

Due anime in dialogo

Ad aver scelto di compiere questo viaggio nella memoria, delle atrocità dei medici della Shoah, è anche la dottoressa Stefania Caviglia, psicologa e psicoterapeuta dell’unità di Psicologia clinica del Bambino Gesù. “Io sono la prima operatrice di religione ebraica a essere stata assunta in questo ospedale cattolico”, racconta. “Ho sempre sentito due anime, dentro di me. Da una parte la mia fede religiosa, che deriva dalla mia famiglia, e dall’altra la mia vocazione di medico di un ospedale pediatrico cattolico come il Bambino Gesù. Quando ho saputo di questo viaggio, ho chiesto di poter partecipare proprio per vivere pienamente l’integrazione di queste due anime che convivono in me”. “Sono rimasta molto colpita apprendendo il ruolo che avevano i medici ad Auschwitz. È assurdo quanto la nostra professione si sia dovuta inginocchiare alle logiche di morte di quel regime. La nostra sarà un’esperienza altamente educativa: nessun medico, nella storia, dovrà mai più ripetere le atrocità compiute in quei luoghi dell’orrore”.








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