2016-10-28 13:24:00

Iraq. Sako visita villaggi liberati dall'Is: i cristiani torneranno


Prosegue lentamente l’offensiva dell’esercito iracheno e dei peshmerga curdi verso Mosul, in Iraq, mentre l’Alto commissariato dell’Onu per i Diritti Umani denuncia il sequestro, da parte dei jihadisti, di almeno ottomila famiglie utilizzate come scudi umani nella battaglia. Intorno alla città, inoltre, è allarme umanitario: secondo gli ultimi dati, gli sfollati nell’area sono almeno 15mila. Due giorni fa il Patriarca caldeo iracheno, mons. Louis Sako, ha visitato sei villaggi appena liberati dall’occupazione del sedicente Stato islamico. Al microfono di Roberta Barbi ha raccontato la sua visita, tra sentimenti di “tristezza e sofferenza” ma anche di “grande speranza”:

R. – Io ho visitato, con alcuni preti e anche con alcuni fedeli e con il vescovo ausiliare, questi villaggi della Piana di Ninive che erano totalmente cristiani. Abbiamo incominciato con Bartella, un villaggio cristiano a maggioranza siro-ortodosso; poi Karmles, poi Qaraqosh, un grande villaggio di 40 mila abitanti; poi Teleskof – 14 mila – Baqofa – 1.500 – e Batnaya, 5 mila. La rovina è molto grande: penso che il 30% sia andato distrutto. Le chiese sono bruciate, ma anche profanate: ci sono versetti contro i cristiani, eccetera … Ma le chiese non sono state distrutte, e questo è importante. Anche le strade sono state distrutte: abbiamo impiegato 12 ore per andare e tornare.

D. – Intorno a Mosul aumentano gli sfollati e i jihadisti continuano a massacrare i civili. Che cosa si vede, di tutto questo?

R. – Per la Piana di Ninive, in questi villaggi cristiani c’è tanta attesa da parte della nostra gente, con tanta speranza, ma c’è anche tanta paura. Se Mosul viene attaccata o distrutta, questa gente – che è sunnita – potrebbe andare ad abitare in questi villaggi e questo rappresenterà una grande difficoltà, dopo: come farli uscire. Noi stiamo lavorando perché loro possano andare in campi già allestiti per loro. Ci sono tante paure per Mosul. Può essere una strage …

D. – Tutti ricordiamo la fuga precipitosa dei cristiani da Ninive: la maggioranza dei rifugiati oggi vive a Erbil. Quali sono le loro speranze per quanto riguarda la liberazione finale di Mosul e come hanno accolto la notizia dei successi militari?

R. – Con tanta gioia: hanno festeggiato … Il problema è che bisogna sminare da questi ordigni, pulire le rovine per permettere alla gente di andare e rivedere le loro case, verificare come stanno, quanto è rovinato, cosa rimane, per progettare un ritorno, ma adesso è molto difficile, e anche pericoloso. Anche noi non siamo potuti andare più lontano perché le mine sono un po’ ovunque. [I miliziani dell’Is] hanno anche costruito dei tunnel, chilometri di tunnel: e tutto questo deve essere ripulito.

D. – Sulle chiese sono state ristabilite le croci e le campane sono tornate a suonare: i cristiani fuggiti torneranno nelle loro terre?

R. – Lo speriamo. Sì, lo speriamo molto. Abbiamo già fatto una preghiera, prima di partire per visitare questa Piana di Ninive. La gente vuole tornare, ma ci vuole una garanzia. Adesso la guerra non è finita, e dunque il problema, il nodo è Mosul. Finora ci sono un milione e 250 mila persone in movimento: dove andranno?

D. – Nel corso della visita avete attraversato anche zone molto pericolose: ha avuto paura?

R. – No. Niente paura, perché abbiamo avuto macchine blindate e c’erano anche i soldati con noi. Abbiamo incontrato questi generali – sciiti, sunniti, curdi - sono stati molto, molto bravi, hanno molto apprezzato la visita. Sono loro che hanno ristabilito le croci sulle chiese.

D. – Cosa avete detto ai militari che vi hanno scortato in questa visita?

R. – Che noi siamo molto orgogliosi di questa vittoria; che questa è terra irachena, ma questi villaggi sono cristiani: è la nostra Storia e noi ritorniamo. Hanno detto: “Sì, sì: noi siamo pronti a fare di tutto per il ritorno dei cristiani”. Adesso ci vogliono azioni, non solo discorsi.

D. – Una delle cose che l’ha colpita di più sono i tunnel che i miliziani hanno scavato sotto ogni centro abitato: una vera e propria città sotterranea …

R. – È un grande lavoro! Sono colpito dalla resistenza di questi jihadisti. Avevano piani elaborati, i tunnel costano molto … Non so come abbiano potuto creare questi tunnel senza l’aiuto di una forza più grande di loro, è terribile …

D. – Il 2017 sarà l’Anno della pace, in Iraq. Qual è il messaggio per queste popolazioni?

R. – Noi abbiamo annunciato che per noi il 2017 sarà come il Santo Padre ha fatto per l’Anno della Misericordia: per l’Iraq, tutto l’Iraq – cristiani, musulmani, yazidi – io ho fatto un appello a consacrare questo anno alla pace, alle preghiere ecumeniche, anche a incontri, dialoghi sulla cultura, su come promuovere la pace, la cultura della pace, del perdono, della convivenza eccetera. Rispettare l’altro che è diverso, che è un fratello: non è un nemico. Bisogna rispettare la costituzione, l’ordine; bisogna farla finita con questa mentalità tribale, di farsi giustizia da soli …








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